Una giornata in sella al Diavel: prova su strada

Una giornata in sella al Diavel: prova su strada

Abbiamo partecipato all’evento “Passione in Moto” in sella al nuovo Diavel Base. Una splendida giornata in cui apprezzare le doti dinamiche del bestione Ducati.

Una bella domenica di sole, con la possibilità di guidare una novità Ducati e di partecipare a un evento interessante come “Passione in Moto”, ovvero scorazzare per 165 chilometri fra le più belle zone nei dintorni di Bologna.

Si può avere di meglio? Eccomi allora, di mattino presto, davanti alla fabbrica per ritirare il Diavel Base che mi è stato assegnato per assolvere a questo delicato compito. Prima di salire in sella, giro attorno al diavoletto, valuto e mi sembra un fucile carico, anzi, un vero cannone: imponente, con quel groviglio di collettori sul fianco destro a incutere timore, per non parlare del gommone posteriore! Sorge spontanea la domanda: “Ma questo Diavel ce la farà a curvare?

Un dubbio comprensibile, visto che il percorso scelto fra i quattro messi a disposizione, ovvero “Il Mito Desmo” (potevo scegliere qualcosa di diverso?) si sviluppa su strade in cui non manca niente, se non i rettilinei. Scoccia sempre fare l’harleysta, quella tipologia di motociclista per cui le curve e i tornanti, ovvero la quintessenza del motociclismo, sono dei nemici impossibili da sconfiggere.

La prima cosa che ho fatto, quindi, appena salito in sella, è stata quella di impostare il settaggio delle mappe disponibili su Touring, sicuro così di addomesticare il Testastretta: tentativo vano, come vedremo più avanti. Pochi chilometri di autostrada e immancabile sosta all’Autogrill per caffè e cornetto: quando esco mi aspetta un comitato d’accoglienza. Il più intraprendente, notato il casco Ducati che denuncia come sia il proprietario del mezzo in questione (magari!), si avvicina e chiede: “Posso salire e provare se la posizione della sella non sia troppo alta per me?” In effetti, il signore non deve essere un ex giocatore di basket. Sale sopra, appoggia con soddisfazione i piedi per terra, allunga le braccia per impugnare il manubrio. “Sembra molto comoda”. “Beh, a parte le supersportive, le Ducati sono tutte comode!” rispondo.

Il discorso prende una brutta piega quando mi spiega che è stato proprietario della 900 SS: mi auguro solo che lo sia stato della prima versione e non di quella firmata da Terblanche, altrimenti la figuraccia è assicurata.

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Come potete notare anche dalla foto, la posizione di guida è ergonomicamente corretta. Solo le braccia, in particolari situazioni, possono risultare troppo distese.

Bene, ecco svelati, in un solo colpo, i due punti di forza del Diavel: è una moto che attira terribilmente l’attenzione ed è una Ducati comoda: si sale senza fatica, i piedi sempre per terra nelle soste, le pedane nel posto giusto, forse solo il manubrio costringe a una posizione con le braccia eccessivamente distese.

L’oggetto, poi, dopo qualche chilometro, si dimostra confidente, in quanto maneggevole e di umana erogazione, visto che mi mantengo a velocità di codice e, quindi, a un regime particolarmente basso.

In autostrada, nonostante la mancanza del più piccolo riparo, i 130 Km/h si mantengono senza particolare sofferenza: del resto immaginare il Diavel con un cupolino, o addirittura un parabrezza, sembra un vero sacrilegio! La moto è bella così, muscolosa e ignorante.

Pensare che quando l’ho visto la prima volta a Milano, all’Eicma, ho faticato a reprimere una sensazione sgradevole, pensando che forse la moto era destinata a un altro stand e non a quello della Ducati. Ecco spiegato perché non sono io l’ammistratore delegato di Ducati!

Il Diavel, invece, è una moto intelligente, destinata a un pubblico nuovo per la Casa di Borgo Panigale, ovvero l’utente interessato all’innovazione tecnologica (e sul Diavel ce n’è un bel po’), ma nel contempo attirato da un mezzo ad alto quoziente di immagine, qualcosa di effettivamente diverso dalle solite proposte.

Beh, così rischiamo di fare tardi; montiamo in sella e torniamo al circuito di Imola, da dove partono tutti e quattro i percorsi di “Passione in moto”.

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Tutti i tour dell’evento “Passione in moto”, sia sabato che domenica, hanno avuto base presso l’autodromo di Imola. Ecco la partenza di un gruppo alla volta delle colline imolesi.

Ci aspetta un bel paddock, caratterizzato dal rosso Ducati, sponsor della manifestazione, dove fa bella mostra di sé una serie di gazebo dedicati a Paolo Pirozzi e al suo giro del mondo che si è concluso proprio la sera prima, con il suo arrivo a Imola e la cena di festeggiamento della sua avventura, tutta percorsa a bordo della fedele Multistrada 1200: una gran bella iniziativa che abbiamo già raccontato alla quale presto dedicheremo un nuovo articolo.

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Paolo Pirozzi, giunto al termine del suo lungo e avventuroso viaggio intorno al mondo in sella alla Multistrada 1200, qui ripreso con Gabriele Del Torchio, Presidente di Ducati, durante la sua premiazione effettuata direttamente sul podio di Imola.

Altro elemento caratterizzante il paddock è la presenza di un bel numero di Scrambler: a loro è dedicato un percorso apposito, di soli 245 chilometri! A quanto pare, le storiche monocilindriche hanno voglia di fare un bel po’ di strada, a dispetto dei vari decenni sulle spalle.

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Il bel gruppo degli Scrambler che ha preso parte all’evento. A loro era dedicato un apposito tour.

La prima parte della mattinata si svolge così con le varie partenze, fino a che non viene il turno del nostro giro, “Il Mito Desmo”, appunto: il tour si svolge su bellissime strade dell’appenino romagnolo, toccando borghi caratteristici come Brisighella, Castel del Rio e Dozza: sono luoghi incantevoli, con meravigliosi paesaggi in cui la mano dell’uomo si avverte solo nell’ordine colorato delle varie coltivazioni; a tratti, sembra davvero di essere spersi in posti lontani, anche se Imola è distante solo pochi chilometri.

In effetti, poi, come mi avevano prospettato, le strade percorse (fra cui quelle della Lavanda e delle Ginestre; anche i nomi chiariscono bene la prerogativa dei luoghi) sono ricchissime di curve, con vari tornanti, in un susseguirsi di saliscendi. Qui scopriamo che il Diavel non è poi così cattivo come lo si vuol far apparire!

La mitica mappa Touring accompagna con un’erogazione perfetta, che non mette mai in difficoltà, e l’elasticità è tale che, una volta messa la terza, se si vuole girellare tranquillamente, si può semplicemente giocare con il gas per evitare anche il disturbo di cambiare.

Ma le guide che aprono l’itinerario, soprattutto nei tratti più guidati, incrementano un po’ l’andatura e il gruppo (che consiste in circa una quarantina di piloti, quasi tutti su Ducati) si sgrana, consentendo di impostare un ritmo più sprint: qui entra in azione il tanto vituperato gommone, che ha fatto gridare allo scandalo i puristi (a proposito: cosa ne pensate di una gomma che si chiama Diablo Rosso per una moto di nome Diavel?).

Cosa dire? Forse il miglior commento che si può fare è che dona tanta sicurezza, sembra che non finisca mai!

Alla guida del Diavel non ci si stanca. Ecco perché non si vorrebbe mai scendere!

Questo è probabilmente l’elemento che stupisce di più: non c’è curva stretta, tornante che sia, asfalto in cattive condizioni, buche o congiunzioni, che lo mettano in difficoltà. Anche se è così largo che sembra che la moto, nelle soste, possa stare su da sola senza bisogno di cavalletto, il Pirellone ha un imprinting sportivo che consente un ottimo grip e, appunto, una perfetta maneggevolezza.

Curva dopo curva si giunge nei luoghi più caratteristici, con le opportune soste e visite: è in questa occasione che si capisce come la cosiddetta innovazione hands-free (ovvero la possibilità di non utilizzare la chiave per accendere la moto) sia una gran bella comodità, soprattutto per chi è oberato di chiavi e tasche, e ogni volta passa dieci minuti a cercare fra giacca e pantaloni.

Qui basta avvicinarsi alla moto, smanettare un secondo sul blocchetto destro, e la moto è pronta per essere avviata. Ovvio, niente di indispensabile, ma una comodità interessante, sempre nella logica dell’innovazione tecnologica di cui il Diavel, dopo la Multistrada, è valido messaggero.

Effettuata la pausa pranzo a Castel del Rio e visitata l’incantevole Dozza, le nostre guide (a proposito, complimenti per l’organizzazione: tutto veramente molto curato a fronte di una spesa di soli 14 Euro, compresa l’assistenza e il pranzo!) ci riportano in circuito: fine dell’evento!

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Eccoci nel momento della partenza dopo la visita del caratteristico borgo di Dozza.

E’ stata una bella giornata, insieme a una moto che si è rivelata un’ottima compagna di viaggio e che, soprattutto, ha fugato tutte le mie perplessità: scusa Diavel!

Ma poi, perché ti avranno chiamato così? Forse per l’aspetto, per il gommone, per quel giro contorto dei collettori, o forse per il rombo che esce dagli scarichi, che è veramente entusiasmante, roco e cattivo?

Mentre mi pongo queste domande, eccomi nuovamente in autostrada per riportare l’angioletto a Borgo Panigale: all’improvviso mi accorgo che, fra la velocità codice del viaggio autostradale all’andata e le statali del percorso, non sono mai andato sopra i 5-6000 giri: ma sopra cosa ci sarà?

Provo a spalancare il gas e scopro che il Diavel esiste, ed è anche parecchio cattivo! Chissà cosa avrà pensato quella famigliola che mi ha visto scomparire all’orizzonte, stile “Ritorno al futuro”, mentre lottavo disperatamente per tenere le mani dentro i guanti?

Foto Stefano Calamelli

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