Ducati 900 SS: monografia

Ducati 900 SS: monografia

Facile da guidare, maneggevole, leggera: questa era la Ducati 900 SS. Nonostante le sue innegabili doti, non ha avuto la fortuna commerciale che si meritava.

Nel 1997, al Salone di Milano, Ducati presenta quella che sarà la nuova 900 SS, la moto che prenderà il posto della gloriosa faro quadro, la Super Sport che aveva accompagnato, fin dal 1991, i ducatisti dell’epoca: una moto sincera, maschia, scorbutica, ma con un carattere notevolissimo, tanto che creò negli anni Novanta un sorta di confine che divideva senza tante discussioni chi era ducatista da chi non lo era.

900SS-DucatiPartendo da questi presupposti è facile intuire la sorpresa e il disappunto (che è un sentimento ricorrente, per non dire scontato, del popolo ducatista di fronte a qualsiasi novità!) che suscitarono le linee moderne e aggressive della nuova proposta: certamente un bel taglio con il passato.

Del resto, il suo design, opera di Pierre Terblanche, era assolutamente differente e innovativo, direttamente ispirato alle linee della Supermono disegnata dal designer sudafricano poco prima (lo stesso Terblanche considerò la 900 SS un’evoluzione della Supermono).

Pochi dubbi e contestazioni, invece, per i contenuti tecnici, in quanto la nuova Super Sport rappresentò senza dubbio un bel passo in avanti: la principale innovazione rispetto al precedente modello era il fatto che il bicilindrico Ducati con due valvole di 904 cc fosse finalmente dotato dell’alimentazione con iniezione elettronica, novità che contribuì, oltre a ottimizzare le prestazioni e i consumi, a rendere lo “spigoloso pompone” della precedente versione molto più fruibile a tutti i regimi.

A migliorare il tutto ci pensò anche un attento lavoro sulla geometria dei condotti, sui sistemi di aspirazione e scarico, unito all’utilizzo di camme dal profilo rivisto.

Due condotti laterali, che completano la moto anche dal punto di vista estetico, convogliano aria “fresca” sul cilindro posteriore, generalmente “sofferente” nelle Ducati raffreddate ad aria e carenate, al punto che si parlò di ben 20° in meno nei punti critici.

Ducati-Supermono-Pierre-Terblanche
Le linee aggressive e filanti della 900 SS sono opera del designer sudafricano Pierre Terblanche, il cui primo lavoro per Ducati fu lo styling della Supermono

Sempre parlando di motore e di alimentazione, è interessante rilevare la presenza di una centralina elettronica di nuova generazione: economica e di dimensioni ridotte, era all’avanguardia per velocità di calcolo e memoria.

La potenza massima, di 80 cavalli all’albero, era più che sufficiente a prendersi delle belle soddisfazioni sui percorsi misto/veloci: purtroppo, all’epoca, si era in piena mania di ricerca di potenze sempre più aggressive, l’unico dato che pareva fosse di interesse per il pubblico di quegli anni era la potenza massima: ne conseguì che una moto come la 900 SS che faceva della guidabilità il suo punto di forza, avesse poco appeal, non incontrando il gradimento che avrebbe meritato, stretta com’era fra il mercato delle super sportive e quello del modello Monster, a cui si rivolgevano naturalmente gli utenti più tranquilli.

Un vero peccato, perché la nuova SS era veramente una gran bella moto: piacevolissima da guidare sulle strade veloci come sui passi di montagna, con la giusta cavalleria per bastonare moto ben più potenti in questi frangenti: con un peso a secco di soli 188 Kg, infatti, la nuova SS consentiva una guida precisa ed efficace, grazie alle rinnovate quote ciclistiche, che vedevano l’interasse passare a 1395 mm in luogo dei 1410 mm della precedente versione: dato reso possibile da una diminuzione dell’avancorsa che passò da 103 a 100 mm e dall’inclinazione del cannotto di sterzo ridotta di un grado.

La comparazione fra la nuova SS e la vecchia, la mitica faro quadro, qui nella versione FE.

In questa maniera, la 900 SS risultò un’arma micidiale sui tratti di montagna, dove la maneggevolezza, unita ad un’erogazione fluida e senza incertezze, portavano il pilota a osare fulminei inserimenti in curva e rapidissime accelerazioni in uscita.

La nuova forcella Showa, con gli steli rovesciati di 43 mm, il perno ruota da ben 25 mm, in sintonia con la proverbiale rigidità del telaio a traliccio, garantivano la massima solidità all’avantreno che poco aveva da invidiare alle allora sorelle maggiori a quattro valvole.

Il modello di forcella adottato faceva parte dell’ultima generazione di forcelle a steli rovesciati (montate allora anche sulla 916 e ST2) e la sua superiorità nei confronti della versione precedente era indiscutibile.

Fu proprio grazie alla sua maggiore rigidezza flessionale che si poterono tenere distanze minime tra la ruota anteriore e i componenti della moto che con essa potevano interferire, e, conseguentemente, fu possibile adottare un angolo di inclinazione del cannotto di sterzo minore e un passo ridotto, senza rischiare contatti tra la ruota anteriore e altre parti della moto.

Ottimo anche il lavoro della sospensione posteriore cantilever progressiva con monoammortizzatore completamente regolabile, che consentiva un saldo contatto con il terreno della ruota anche nelle frenate più potenti e su asfalto sconnesso.

Al proposito, nel rispetto della migliore tradizione sportiva Ducati, l’impianto frenante era completamente Brembo, con due dischi anteriori flottanti da 320 mm e pinza a quattro pistoncini, mentre il disco posteriore era da 245 mm.

Supersport 2017

La nuova SuperSport è stata presentata da Ducati nel 2017 come una sportiva stradale accessibile a tutti grazie alla facilità di guida, alla sicurezza attiva offerta dal Ducati Safety Pack e alla qualità della sua dotazione tecnica: come detto, quindi, una sportiva stradale pensata per chi vuole guidare e divertirsi senza troppo impegno. Una moto divertente, versatile e accessibile.

Ducati-SUPERSPORT-S 2017
A suo agio anche in città, comoda in autostrada, ma soprattutto efficace tra le curve dei percorsi fuoriporta: doti permesse da una posizione in sella confortevole, una buona protezione aerodinamica assicurata dal plexiglass regolabile in altezza, con una discreta autonomia, considerato il serbatoio da 16 litri. Oltre al modello base, è presente anche la versione S con sospensioni Öhlins, cambio elettronico e coprisella passeggero.
Le prestazioni? 110 CV a 9000 giri/minuto con una coppia piena e lineare che raggiunge il picco di 96,7 Nm a 6500 giri/minuto.

DUcati-900-ss-anteriore

Per avere un’idea delle sue doti, riportiamo le considerazioni del nostro tester, effettuate dopo la prova della moto che avvenne nell’aprile 1998, in occasione del lancio ufficiale in quel di Positano: “Quando poi si sale in sella ci si trova splendidamente inseriti nella macchina, con il busto saggiamente caricato in avanti. Una volta avviata la moto se ne scopre immediatamente la maneggevolezza: beh, allora, si rimane folgorati. L’iniezione elettronica giova molto al due valvole Ducati. I vecchi “carburatoroni” hanno il loro fascino, ma, per quanto riguarda l’erogazione, hanno fatto il loro tempo. Con la nuova Supersport si può spalancare il gas senza timore di far affogare il motore: già da poco più di 2000 giri/minuto e si può marciare a bassi regimi senza strappi o incertezze. Una delle cose che poi è piaciuta di più è il cambio. Corto negli innesti e precisissimo, consente di sfruttare a fondo il motore e sicuramente di “bruciare” nelle partenze da fermo molte sportive dell’ultima generazione. L’avantreno sembra strettamente imparentato con quello della 916, tanta è la sicurezza che emana. Con l’aumentare della velocità, ho avuto modo di apprezzare la frenata che è sicuramente ai vertici nelle prestazioni, grazie al generoso doppio disco anteriore, morso da pinze a quattro pistoncini. Un po’ meno convincente è risultato l’impianto posteriore. La frizione “maschia”, come richiede una Ducati, è assai modulabile e tutto sommato neanche eccessivamente dura. Questa moto è una sportiva di razza, da condurre con il polso e con il corpo. Una moto da tenere in trazione nel centro curva per chiudere bene le traiettorie. La guida più efficace secondo me la si ottiene cercando di non forzarla eccessivamente di sterzo, ma sfruttandone il notevole tiro e l’eccezionale progressione con cui, anche da bassi regimi, riesce a prendere velocità“.

Considerazioni molto positive, quindi, anche se durante prove successive e più approfondite venne fuori quello che molti poi considerano il vero punto debole di questa moto: la sua scomodità.

In effetti, la posizione di guida vede il peso del pilota caricato eccessivamente sui polsi, a causa della notevole inclinazione dei semimanubri, causando quindi, dopo un po’ di tempo passato alla guida, un notevole fastidio.

La 900 SS fu testata a lungo dai nostri tester, sia in pista che su strada: la moto si rivelò a suo agio in tutte le situazioni, grazie alla sua sopraffina ciclistica, alla leggerezza, a freni che non avevano niente da invidiare a una supersportiva, così come il reparto delle sospensioni. Un grande passo in avanti rispetto alla precedente versione, principalmente dovuto, a livello di erogazione, alla sostituzione dei vecchi carburatori con una moderna soluzione di iniezione elettronica.
Comunque, un difetto veniale, in quanto stiamo parlando di una moto concepita per le strade di montagna, dove l’interasse ridotto e il motore generoso la rendono ideale per la guida fra i tornanti, così come nel misto veloce, magari con continui cambiamenti di direzione: insomma, curva e controcurva.

Nel 1998, alla sua presentazione, la 900 SS era proposta a listino al costo di ben 19 milioni di lire, un prezzo non certo basso, ma in linea con la sua dotazione tecnica. La carriera della 900 SS è poi proseguita senza particolare entusiasmo o cambiamenti fino alla sua uscita di scena, avvenuta a fine 2002, quando il suo posto fu preso dalla 1000 DS, equipaggiata appunto con il nuovo propulsore che già aveva esordito sulla Multistrada.

Ducati-900ss-prova-su-strada

Fra le variazioni significative della sua breve storia ricordiamo l’avvento, nel 1999, della versione semicarenata che aveva il vantaggio di lasciare in bella vista il motore due valvole; inoltre, una modifica interessante avvenne nel 2002, con l’arrivo di un ammortizzatore Öhlins che lavorava abbinato a un nuovo forcellone in alluminio, dotato di una rigidezza superiore del 40% rispetto al precedente.

Nella foto è protagonista la versione 2002 della 900 SS caratterizzata da una bellissima colorazione grigio scura con cerchi ruota rossi. A sinistra, un particolare del nuovo forcellone in alluminio, un sostanziale passo in avanti, per leggerezza e rigidità, rispetto alla precedente soluzione.
Come detto, però, fu questo il canto del cigno per il modello, ma anche per l’intera famiglia delle Supersport che sarebbe presto scomparsa dal listino Ducati.

Solo dall’anno scorso, la Casa di Borgo Panigale ha pensato di ritornare in questo settore, fondamentale nella sua storia, con la nuova Supersport: certo, parliamo di qualcosa di estremamente diverso, come dimostrano i 113 Cv del suo propulsore Testastretta da 937 cc: al di là di questo dato, però, sembrano simili le considerazioni di base: proporre una moto agile, leggera, divertente e ricca di coppia, da sfruttare in pieno sulle nostre strade per esaltare il piacere di guida che solo una moto maneggevole e poco impegnativa può garantire.

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