Desmosedici Stradale: il motore della Panigale V4

Desmosedici Stradale: il motore della Panigale V4

La collaborazione con Ducati Corse ha permesso di realizzare un Desmosedici Stradale compatto, leggero e dalle prestazioni elevate.

Fino a pochi mesi fa, parlare di una Superbike Ducati a 4 cilindri sembrava quasi fantascienza. Invece adesso questo progetto non solo è realtà, ma ha anche un “nome” e un “cognome” ben precisi: Desmosedici Stradale.

Si chiama così infatti il V4 che la Casa bolognese ha sviluppato con la precisa intenzione di alzare ancora una volta l’asticella delle prestazioni nel panorama delle supersportive. Un propulsore che, a quanto pare, attinge a piene mani dalla tecnologia che Ducati ha maturato grazie all’impegno in MotoGP e che porterà alla realizzazione di una nuova Panigale V4!

Anzi, a dirla tutta, le moto che verranno equipaggiate con il Desmosedici Stradale sono addirittura due: la prima verrà presentata il prossimo novembre in occasione dell’Eicma e avrà una cilindrata di 1103 cc, mentre una seconda versione di cilindrata appena inferiore ai 1000 cc, denominata R, è attualmente in avanzata fase di sviluppo e costituirà la base per la versione omologata per il campionato Superbike, dove correrà a partire dal 2019, sulla falsa riga di quanto è già successo con la Panigale “bicilindrica”.

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Rispetto ad un classico 4 cilindri in linea, il motore a V utilizza un albero motore più corto che genera un minore effetto giroscopico: un aspetto che ha un impatto positivo sulla dinamica della moto, contribuendo a renderla leggera e veloce nei cambi di direzione. Stesso discorso per il fatto che sarà montato all’interno della moto ruotato all’indietro di 42°, come accade per i motori Ducati in MotoGP; così si ottimizza la distribuzione dei pesi e si può avanzare il più possibile il pivot del forcellone.

Si apre così un nuovo capitolo della storia Ducati che, come è facile immaginare, determinerà un “prima” e un “dopo”, tracciando un confine piuttosto netto con il passato.

Certo, l’architettura a V di 90° è rimasta, così come l’immancabile sistema desmodromico della distribuzione, che su questo nuovo 4 cilindri raggiunge la sua massima espressione dal punto di vista della raffinatezza tecnica e dell’efficacia, ma è chiaro che si volta decisamente pagina rispetto all’epopea di successi iniziata la bellezza di quarantacinque anni fa con la vittoria di Paul Smart alla 200 Miglia di Imola del 1972!

Non è tuttavia questa la sede adatta per fare i nostalgici, visto che il progetto Desmosedici Stradale ci porta a parlare di futuro piuttosto che di passato. Un futuro nel quale Ducati si confronterà con un frazionamento che non ha mai utilizzato su una moto prodotta in serie non limitata.

Un gesto coraggioso, dunque, ma anche una chiara dichiarazione di intenti: regalare (si fa per dire) una nuova moto da sogno agli appassionati e, contemporaneamente, riconquistare il titolo nel campionato del mondo Superbike che ormai sfugge alla factory bolognese dal lontano 2011, anno in cui fu Carlos Checa, con la 1098 R del Team Althea Racing, a fregiarsi dell’alloro iridato.

Insomma, sul piano delle motivazioni non si può certo dire che in Ducati abbiano fatto fatica a trovare gli argomenti giusti!

Eccoci dunque a parlare più nel dettaglio di questo motore così rivoluzionario, presentato ufficialmente in occasione del Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini, presso il Misano World Circuit “Marco Simoncelli”.

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E’ il momento storico: Andrea Forni e Gigi Dall’Igna svelano alla stampa il nuovo propulsore: è il 7 settembre 2017, in occasione del Gran Premio di Misano della MotoGp.

Si tratta, come dicevamo, di un quattro cilindri a V di 90° progettato grazie all’esperienza che Ducati ha maturato in MotoGP: la fluidodinamica del Desmosedici Stradale riprende infatti le dimensioni e la geometria utilizzate sulla Desmosedici GP, così come la configurazione del motore, che risulta ruotato all’indietro di 42°. Questa soluzione rende il nuovo motore Ducati estremamente compatto, oltre a permettere di centrare le masse, consentendone una perfetta integrazione nel veicolo.

Le analogie con la MotoGP Ducati proseguono poi con la misura dell’alesaggio, che risulta di 81 mm: questo valore rappresenta il limite massimo consentito dal regolamento tecnico della MotoGP ed è il più elevato nel segmento delle supersportive a 4 cilindri.

L’utilizzo dello stesso alesaggio del motore Desmosedici GP fa inoltre sì che anche tutta la parte fluidodinamica (valvole, condotti di aspirazione, corpi farfallati) sia vicinissima tra la versione racing e quella prodotta in serie.

Allo stesso modo, anche la progettazione dell’albero motore è stata portata avanti come sui prototipi Ducati utilizzati in gara, dando vita a un’unità controrotante che riduce l’effetto giroscopico delle ruote e conferisce maneggevolezza e agilità nei cambi di direzione, oltre a ridurre la tendenza all’impennata in accelerazione ed al ribaltamento in frenata.

I perni di biella sono sfalsati di 70° e comportano un ordine di accensione del tipo “Twin Pulse” che porta benefici sia a livello di erogazione, con una maggior fruibilità da parte del pilota, che in termini di trazione in uscita di curva, oltre a garantire un sound decisamente caratteristico.

Un’altra delle più importanti novità introdotte sul Desmosedici Stradale riguarda poi l’alimentazione, che è affidata a un corpo farfallato con cornetti di aspirazione ad altezza variabile in modo da ottimizzare il riempimento dei cilindri a tutti i regimi di rotazione con importanti benefici in termini di erogazione e guidabilità.

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Il motore Desmosedici Stradale respira grazie a quattro corpi farfallati ovali con diametro equivalente di 52 mm, collegati a cornetti di aspirazione ad altezza variabile: una soluzione che permette di ottimizzare il riempimento dei cilindri a tutti i regimi di rotazione con importanti benefici in termini di erogazione. Al variare del regime di rotazione, i cornetti di aspirazione assumono una configurazione che allunga o accorcia il condotto. I quattro alberi a camme muovono le sedici valvole in acciaio con misure di 34 mm di diametro per quelle di aspirazione e di 27,5 mm di diametro per quelle di scarico. 

Il sistema è inoltre completato da corpi farfallati ovali (con diametro equivalente di 52 mm) dotati ognuno di due iniettori: uno sotto (specifico per le condizioni di utilizzo a basso carico) e l’altro sopra la farfalla (attivato quando al motore si richiede di esprimere le maggiori performance).

All’alesaggio di 81 mm è abbinata una corsa di 53,5 mm, per una cilindrata totale, come detto, di 1103 cc; il rapporto di compressione, invece, è pari a 14:1, mentre la distribuzione è mista, a catena e ingranaggi, con doppio albero a camme in testa e, naturalmente, quattro valvole per cilindro, con misure di 34 mm di diametro per quelle di aspirazione e di 27,5 mm di diametro per quelle di scarico. Valori decisamente ragguardevoli in relazione all’alesaggio adottato e che si traducono in prestazioni di assoluto spessore, con oltre 210 Cv a 13.000 giri di potenza massima e 12,2 Kgm di coppia da 8750 a 12.250 giri!

Il tutto nel pieno rispetto dell’omologazione Euro 4 e con intervalli di manutenzione per il controllo e l’eventuale registrazione del gioco valvole di ben 24.000 Km!

Se il nuovo V4 Ducati è così longevo e affidabile, il merito è anche dell’efficace sistema di lubrificazione a carter semi-secco (soluzione analoga a quella impiegata in MotoGP), che conta su quattro pompe dell’olio: una di mandata e tre di recupero.

Per il raffreddamento dell’olio, inoltre, è utilizzato un radiatore dedicato, fissato inferiormente a quello dell’acqua.

Allo stesso modo, la pompa dell’acqua è collocata nella V dei cilindri, in modo da ridurre al massimo la dimensione del circuito, migliorandone l’efficienza e ottimizzando il peso del motore.

Oltre all’utilizzo di radiatori particolarmente estesi, l’ampio spazio disponibile tra la V dei cilindri ha permesso anche la realizzazione di un airbox di grande volume (12,8 litri) che fa “respirare” meglio il Desmosedici Stradale.

Per quanto riguarda la meticolosa attenzione verso la leggerezza, invece, basta dire che, con un peso di 64,9 Kg, il Desmosedici Stradale è solo 2,2 Kg più pesante del bicilindrico Superquadro da 1285 cc, grazie anche ai carter motore in alluminio, realizzati in fusione per gravità, e ai numerosi elementi in magnesio pressofuso, come i coperchi delle teste, la coppa dell’olio, il coperchio dell’alternatore e quello della frizione (realizzato in due pezzi).

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I carter motore sono in alluminio, realizzati in fusione per gravità e accoppiati con taglio orizzontale. Il semicarter superiore integra le quattro canne dei cilindri in alluminio con riporto al nikasil che assicura protezione dall’usura e basso attrito.

Quest’ultima è del tipo multidisco a bagno d’olio, con sistema di asservimento progressivo che, oltre a ridurre lo sforzo da applicare sulla leva per il suo disimpegno, garantisce anche la funzione antisaltellamento.

Al reparto di trasmissione è abbinato anche il Ducati Quick Shift up & down, che permette di passare da un rapporto all’altro del cambio a sei marce, sia in scalata che in inserimento, senza l’utilizzo della frizione e senza chiudere il gas nella fase di accelerazione.

Il Desmosedici Stradale è stato inoltre progettato per essere elemento strutturale del telaio: nella parte anteriore del semicarter superiore e nella testa della bancata posteriore sono stati infatti ricavati gli attacchi al telaio principale, mentre il basamento funge anche da fissaggio della sospensione posteriore e del forcellone, con quest’ultimo che, proprio grazie alla particolare disposizione del motore all’interno della ciclistica, può contare su un pivot in posizione particolarmente avanzata.

Per gli amanti della tecnica, va anche detto che la disposizione a V di 90° dei cilindri crea una naturale equilibratura delle forze del primo ordine, senza la necessità di ricorrere a un contralbero di equilibratura per eliminare le vibrazioni che notoriamente comporta aggravio di peso e assorbimento di potenza.

A questo beneficio primario, importantissimo per l’affidabilità e l’efficienza meccanica di un motore che raggiunge regimi di rotazione superiori a 14.000 giri al minuto, se ne aggiungono altri che fanno della configurazione scelta da Ducati quella tecnicamente più raffinata.

Rispetto ad un classico 4 cilindri in linea, ad esempio, la compattezza laterale del motore a V consente una migliore distribuzione dei pesi e permette di contenere la sezione frontale della moto.

C’è stata quindi una precisa scelta filosofica, oltre che tecnica, alla base della rivoluzione operata in seno alla fabbrica di Borgo Panigale, come conferma il Direttore Tecnico Andrea Forni, che abbiamo avuto occasione di intervistare in esclusiva sull’argomento: “Ci sono state lunghe discussioni tecniche, riflessioni storico-filosofiche legate alla tradizione e all’immagine della marca, considerazioni sulle aspettative dei clienti e sul loro riconoscersi in un qualcosa di diverso dall’immagine più classica della Ducati. Su questi temi possono essere scritti fiumi di parole e sicuramente lo saranno. Ma non vorrei essere io a farlo: non è che io mi senta poi tanto filosofo, onestamente. Lo faranno sicuramente altri più bravi di me in questo campo. In parallelo, sono state fatte anche attività un po’ più oggettive, come simulazioni al computer e analisi di mercato. Il risultato finale di tutto questo lavoro è stata la conclusione che la scelta del V4 avrebbe consentito alla nuova moto di ottenere le massime prestazioni in pista coniugate con la migliore fruibilità su strada, in termini di morbidezza di funzionamento, basso livello di vibrazioni, e così via. Per quanto mi riguarda, quando è stata presa la decisione di fare un V4, la cosa che mi ha fatto più felice è stato il pensiero che, finalmente, sarebbero cessate per sempre le mille discussioni che si sono susseguite nel corso degli anni sull’annoso tema: La Ducati ha vinto tanto perché il regolamento della Superbike ha favorito le bicilindriche. Ovviamente io non condivido questa teoria, ma comunque mi rasserena il fatto che, dal 2019 in poi, semmai la Ducati dovesse vincere nuovamente, nessuno potrà più riprendere questa telenovela”.

Inevitabile, a questo punto, è domandarsi se l’esperienza maturata precedentemente da Ducati sul V4 della Desmosedici RR, la prima MotoGP stradale mai realizzata e commercializzata, è tornata utile ai tecnici dell’ufficio di progettazione o se, viceversa, si è ripartiti da zero.

Ecco la risposta dell’Ing. Forni: “Per quanto riguarda la progettazione di dettaglio del motore siamo ripartiti da zero, nel senso che non c’è nemmeno il più piccolo componente in comune col motore della Desmosedici RR. Ma, ovviamente, l’esperienza precedente è stata, come sempre, fondamentale: infatti abbiamo mantenuto le soluzioni tecniche che si sono rivelate particolarmente performanti e contestualmente applicabili a un motore previsto per essere prodotto in grandi quantità. Ricordo che il Desmosedici RR, essendo una vera e propria “GP replica”, è stata prodotta in soli 1500 esemplari. L’esempio più evidente è il layout dell’albero motore: anche in questo caso, come nel caso della D16 RR, l’angolo tra le manovelle è 70°. Questa scelta deriva da concrete motivazioni tecniche che sarebbero troppo lunghe da spiegare in questo contesto, ma che si sono confermate reali sul primo D16”.

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L’albero motore è realizzato in acciaio nitrurato con perni di biella a doppia rettifica sfalsati di 70° come sui motori Desmosedici impiegati in MotoGP. Questa caratteristica della geometria dell’albero, combinata con il layout a V del motore, consente di realizzare un ordine di accensione definito “Twin Pulse”.

Come abbiamo anticipato fin dall’inizio, il Desmosedici Stradale ha una connessione molto forte con l’attività agonistica della Casa bolognese, nel senso che c’è stato un evidente travaso di tecnologia dalla Ducati che corre in MotoGP, anch’essa equipaggiata con un motore caratterizzato dallo stesso frazionamento: “Alla Ducati, il travaso di tecnologia dalle corse, sia MotoGP che SBK alla produzione di serie è continuo e direi quasi “quotidiano”. – spiega Forni – Questo processo si concretizza interessando sia i dettagli che potremmo, in un certo senso, definire “secondari”, sia le scelte progettuali fondamentali. Anche in questo caso, un esempio lampante è la scelta dell’albero motore controrotante. Al meglio delle mie conoscenze, nessun altro 4 cilindri di serie ne è dotato”.

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Fratelli gemelli? In effetti, sono tanti i punti di contatto fra il motore che gareggia in MotoGp e quello definito Desmosedici Stradale: così i perni di biella sfalsati di 70°, la bancata anteriore dei cilindri ruotata indietro di 42° rispetto al piano orizzontale, l’alesaggio dei pistoni di 81 mm (limite massimo consentito dal regolamento tecnico della MotoGP), l’albero motore controrotante, l’ordine degli scoppi definito “Twin Pulse”e la lubrificazione a carter semi-secco.

Prima di diventare Direttore Tecnico, l’Ing. Forni è stato anche a capo del Reparto Esperienze Ducati, dove la sua mansione principale consisteva pertanto nello studio e nello sviluppo della parte ciclistica.

Gli abbiamo pertanto chiesto qual è stato l’impatto più significativo che il passaggio da V2 a V4 ha prodotto sul veicolo, al di là naturalmente degli ingombri, che immaginiamo risultino maggiori nel caso del 4 cilindri: “Abbiamo dovuto “rinunciare” al telaio monoscocca. – è la pronta risposta dell’Ingegnere – Il diverso angolo delle bancate del V4 rispetto all’asse orizzontale del veicolo, nei confronti del V2, e le diverse dimensioni dei gruppi testa-cilindro non avrebbero consentito di disegnare un monoscocca correttamente dimensionato. Non sarebbe stato sufficientemente sviluppato in altezza, con impatti negativi su una delle rigidezze fondamentali per un telaio, e non avrebbe consentito, per mancanza di un volume adeguato, di svolgere la doppia funzione di telaio e di airbox. Conseguentemente ci siamo orientati su un front frame che, scendendo ad abbracciare il motore lateralmente, consente di raggiungere gli obiettivi di rigidezza in tutte le direzioni, torsionale, laterale e in frenata, e contemporaneamente di “ospitare” al suo interno un airbox di volume adeguato. Che, però, forzatamente, è un pezzo a sé stante”.

Quello degli ingombri è un argomento particolarmente interessante quando si parla del progetto Desmosedici Stradale, ma anche quello che, per stessa ammissione del Direttore Tecnico, ha rappresentato l’aspetto più difficile da affrontare nello sviluppo di questo nuovo progetto: “Il contenimento delle dimensioni globali del veicolo ci ha impegnato più di ogni altra cosa. Dovevamo infatti tendere il più possibile ad avvicinare quel livello di compattezza che, per ovvie ragioni, resta il vantaggio fondamentale di un bicilindrico col layout classico del motore Ducati”.

Passando agli aspetti prevalentemente emozionali, sappiamo che il collaudo dei primi prototipi è sempre stato un momento che l’Ing. Forni seguiva con particolari attenzione, partecipando spesso in prima persona grazie alle sue ottime doti di guida.

E’ stato così anche per il Desmosedici Stradale?: “E’ successo anche questa volta. – racconta – Ho partecipato personalmente sia alla prima uscita in pista del primo prototipo sul “testing ground tecnico” di Nardò (anello e pista di handling, ndr), che alla prima uscita su una pista “tradizionale” (Jerez de la Frontera, ndr). A livello emozionale ricordo due sensazioni, in particolare. La prima sono state le prestazioni: erano sessioni di prova in cui disponevamo anche di esemplari di avanserie della Superleggera 1299, che avevo già provato precedentemente e che sapevo essere, perché avevamo già fatto i consueti confronti con la concorrenza, la sportiva omologata più potente e performante mai costruita. E non di poco! Tuttavia, la prima volta che ha “suonato le sue note” sul rettilineo principale dell’handling di Nardò (lungo circa come quello del Mugello, ndr), il V4 mi ha fatto capire che al meglio non c’è mai fine! La seconda è stata proprio il “sound”. E’ un fatto storico che il rumore di un motore Ducati non assomiglia a nessun altro. Una Ducati, per essere tale, si deve riconoscere anche senza doverla guardare: “sentirla” deve essere sufficiente. Quando ho sentito le “note” citate prima, non ho potuto fare a meno di rallegrarmi: anche questa volta la tradizione sarà rispettata!”.

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Un altro passaggio fondamentale nel percorso che porterà alla nascita della nuova Panigale V4. Siamo a Laguna Seca: Claudio Domenicali è con Chaz Davies e insieme ci stanno raccontando che una storia gloriosa, quella del bicilindrico, sta per terminare con la 1299 Final Edition.

Così dicendo, Forni anticipa una delle domande che avevamo preparato per lui. In rete, infatti, si rincorrono le voci su quale possa essere la timbrica di questo nuovo motore. Lui che lo ha sentito dal vivo, può confermarci se è davvero così emozionante: “Nessuno lo confonderà mai con nessun’altro motore! E molti brividi correranno lungo la schiena degli appassionati!”.

A proposito di tradizione, abbiamo chiesto all’Ing. Forni se secondo lui, questo nuovo progetto rappresenti una svolta epocale nella storia dell’Azienda o se, viceversa, segua un percorso che rientra nei canoni del marchio Ducati: “Costituisce entrambe le cose. – afferma senza esitazione – Non è una risposta diplomatica, è la chiara ed evidente realtà dei fatti. Segue un percorso ampiamente programmato da tempo e applicato concretamente anno dopo anno, che prevede la crescita continua del Marchio anche attraverso la sua espansione in segmenti di mercato precedentemente non coperti. Basta pensare, per esempio, all’entrata nel segmento cruiser, con la Diavel prima e la X-Diavel poi, oppure alla creazione di tutta la gamma Scrambler, che costituisce un universo motociclistico a parte, o all’ingresso nel combattuto e affollato mondo delle grosse adventure bikes con la Multistrada Enduro. Pertanto, in questo senso, la nascita della Superbike V4 segue un percorso chiaro e definito, ma contemporaneamente rappresenta anche una svolta epocale, perché la Ducati, per la prima volta nella sua storia, va a interessare quella moltitudine di potenziali clienti che, per gusto e scelta personale, amano fortemente i motori più frazionati e non avrebbero mai preso in considerazione l’acquisto di un bicilindrico. Inoltre, con questo progetto, Ducati affianca una nuova architettura di motore al suo “leggendario”, credo che si possa definirlo così senza timore di esagerare, bicilindrico a V longitudinale. Leggendario anche perché così versatile e polivalente da essere riuscito a primeggiare in contesti immensamente diversi, dal deserto alle piste: ha vinto ripetutamente sia la Parigi-Dakar che il Mondiale Superbike. Nessun’altra architettura motoristica nel motociclismo ha fatto altrettanto. Sono fortemente convinto che il V4 riuscirà ad essere altrettanto versatile e polivalente, e, chissà, magari anche di più!”.

Il V4 della nuova Superbike è dunque destinato a diventare lo standard della futura gamma Ducati, nel senso che andrà ad equipaggiare anche altre famiglie di moto, oppure il bicilindrico ha ancora vita relativamente lunga?: “Anche in questo caso, vale lo stesso ragionamento fatto prima: sono vere entrambe le cose”.

Cosa deve pensare allora il ducatista affezionato ai successi dei vari Fogarty e Bayliss, tutti ottenuti con motori bicilindrici, della nuova Superbike con il motore a quattro cilindri? E, soprattutto, cosa deve aspettarsi in termini di risultati sportivi?: “Il Ducatista affezionato al motore bicilindrico deve innanzitutto dormire sonni tranquilli, perché il V4 non sostituisce il bicilindrico, ma lo affianca. Il bicilindrico sportivo, protagonista dei successi citati, possiede delle doti intrinseche che lo rendono insostituibile e immortale. Chi ama la sua inarrivabile compattezza, il suo carattere unico, le sue prestazioni concrete e allo stesso tempo facilmente fruibili, troverà sempre una moto “rossa” che lo farà felice. In termini di risultati sportivi, il V4 si aspetta semplicemente di continuare l’opera del suo predecessore. Il bicilindrico, ad oggi, dalla 851 alla Panigale, ha vinto 14 mondiali e 336 gare, e non ha finito! Al V4 non resterà che rimboccarsi le maniche”.

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Toccherà proprio a questi signori portare in pista la versione R della Desmosedici: non il prossimo anno, però. Come tradizione Ducati, infatti, sarà necessario aspettare un anno prima di vedere il nuovo motore partecipare al campionato SBK. L’appuntamento, quindi, è per il 2019!

Bene, l’obiettivo è fin troppo chiaro e le parole di Andrea Forni assumono un significato particolarmente incisivo se si pensa alla portata del progetto di cui stiamo parlando. Un nuovo modo di intendere le supersportive Ducati sia a livello di prestazioni che in termini di caratteristiche di guida. Un vero e proprio “sogno su due ruote” che rivoluzionerà ancora una volta non solo la famiglia Superbike Ducati, ma l’intero panorama delle maximoto.

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Ma come sarà la nuova Panigale con il propulsore a quattro cilindri? Qualcuno dice che non sarà molto diversa da quella che monta il bicilindrico. Secondo noi, se fosse così, sarebbe un peccato, in quanto il nuovo corso dovrebbe distinguersi nettamente dal passato. In questo senso, una buona ispirazione potrebbe venire dalla Desmosedici RR: non è bellissima? Una soluzione estetica vicina alla moto che corre nella MotoGp sarebbe senz’altro apprezzata da tutti gli appassionati.

Non ci resta che attendere il Salone di Milano per poter ammirare da vicino il risultato finale di questo grande lavoro!

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

L’altro quattro cilindri

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Il motore della Desmosedici RR, la versione stradale della moto da GP (annunciata nel maggio 2004 del World Ducati Week, con la versione definitiva presentata nel 2006 al Mugello in occasione del GP d’Italia), sviluppa una potenza di 200 Cv a 13.800 giri/min con una coppia di 11,8 kgm a 10.500 giri/min. Le misure di alesaggio e corsa sono le stesse della versione da corsa 2006 di 1000 cc (ovvero 86×42.56 mm), così come i componenti della distribuzione desmodromica, l’inclinazione delle valvole, l’interasse cilindri e la fasatura degli scoppi che rispecchia lo schema softpulse utilizzato nel motore da gara. Così come per la MotoGp, la distribuzione desmodromica Ducati garantisce l’ottimale gestione delle valvole fino ai regimi più alti, adattandosi perfettamente all’architettura del quattro cilindri.

Oltre alla distribuzione desmodromica, viene mantenuto il classico angolo di 90° tra le bancate; il propulsore è dotato poi di cambio a sei marce integralmente estraibile e di frizione multidisco a secco con dispositivo meccanico antisaltellamento.

I basamenti e le teste in lega di alluminio sono fusi in terra, il coperchio distribuzione e quello alternatore sono in lega di magnesio fusi in terra, mentre la coppa olio, coperchi teste e coperchio protezione frizione sono pressofusi in lega di magnesio. Al suo interno, sono tantissime le componenti racing, come le bielle in titanio, le valvole di aspirazione e scarico sempre in lega di titanio e trattamenti di superfinitura per ridurre gli attriti su alcuni componenti come i bilancieri. Anche gli alberi a camme sono realizzati con forature e fresature di alleggerimento.

Il pistone presenta la tipica struttura dei motori a elevate prestazioni, con una doppia travatura delle portate e con una camera di combustione compatta che porta il rapporto di compressione al valore di 13,5:1. L’albero motore, che lavora completamente su bronzine, presenta i perni di biella sfalsati di 70° per generare la fasatura tipo soft pulse.

Sono presenti quattro corpi farfallati Magneti Marelli da 50 mm di diametro con iniettori a 12 fori sopra farfalla. Per gestire l’iniezione e l’accensione elettronica è utilizzata la centralina 5SM della Magneti Marelli e cablaggi su linea CAN ad alta velocità.
Il motore, analogamente a quello GP, fa da collegamento tra il telaio e forcellone-sospensione posteriore, realizzando quindi un’importante azione strutturale e di irrigidimento.

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