Monster S4R: analisi tecnica

Monster S4R: analisi tecnica

Forcellone monobraccio in tubi, doppio scarico rialzato sul lato destro, livrea bicolore e un po’ di carbonio: ecco il biglietto da visita del Monster S4R.

Fu chiaro fin dal principio che con la S4 si erano aperti nuovi orizzonti per il progetto Monster, percorribili anche e soprattutto in virtù della pericolosa avanzata delle potenziali concorrenti sia europee che giapponesi. Il Monster S4, con il nuovo schema di sospensioni e telaio, e con la diversa immagine imposta dall’ingombrante Desmoquattro, aveva già in un certo qual modo rivoluzionato lo schema del Monster, sostanzialmente immutato per oltre otto anni, sebbene declinato nelle diverse gradazioni concesse dal Desmodue.

Era chiaro che un’eventuale e ulteriore evoluzione del “SuperMonster” non si sarebbe potuta limitare al puro e semplice potenziamento del propulsore. Fu così che, seguendo anche in questo caso la traccia lasciata in un decennio da numerosi preparatori in tutto il mondo, quando ci si trovò a progettare il nuovo modello si pensò di rivoluzionare seriamente l’immagine ormai consolidata della nuda bolognese.

Si decise peraltro di sottolinearne l’estrema sportività già dal nome, ricorrendo alla evocativa lettera “R”, che da sempre contraddistingue solo le realizzazioni più esclusive di Borgo Panigale.

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Dopo la versione S4 è la volta della S4R, caratterizzata da un motore più potente e un’estetica più aggressiva.

Al momento del lancio, il nuovo Ducati Monster S4R aveva tutto l’occorrente per far passare notti insonni a qualunque appassionato: dal forcellone monobraccio in traliccio di tubi tondi, al nuovo sistema di scarico con silenziatore sdoppiato sul lato destro, alle colorazioni bicolore per la prima volta introdotte su questo modello.

Sullo sfondo di dieci anni di onorata carriera, e oltre 130.000 esemplari venduti in tutto il mondo, il MS4R non lasciava spazio a malintesi, presentandosi con un’immagine degna del Monster più sportivo, più potente e più tecnologico costruito da Ducati fino a quel momento.

Ovviamente, il pezzo forte di questo modello era costituito dal vigoroso propulsore: mentre quello del MS4 era stretto parente del motore della ST4, quello installato sul MS4R non poteva che derivare da quello della ST4S.

Dunque, la base di partenza fu il Desmoquattro da 996 cc di derivazione Superbike, capace in questa declinazione di ben 113 Cv a 8750 giri (12 Cv in più rispetto alla versione S4), e di una coppia di 95,5 Nm (9,68 Kgm) a 7000 giri/min.

Anche qui, ovviamente, la cura rivitalizzante cercò comunque di creare una versione “addomesticata” del grosso bicilindrico, con specifica fasatura della distribuzione e scatola filtro maggiorata per la massimizzazione della coppia erogata. Ovviamente, l’iniezione elettronica, gestita dalla centralina Marelli attraverso due corpi farfallati da 50 mm di diametro, era stata adeguata alle specifiche del caso, in particolare al nuovo impianto di scarico.

Quest’ultimo, come detto, rappresentava una vera rivoluzione rispetto al passato, operata per rimediare a uno dei talloni d’Achille della serie Monster, ovvero la luce a terra.

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Su strada, la versione S4R scongiurava finalmente problemi di luce a terra.

I tradizionali silenziatori simmetrici sui due lati, infatti, nelle pieghe più accentuate arrivavano a strisciare drammaticamente sull’asfalto, rendendo necessaria la loro sostituzione per l’uso sportivo del mezzo.

La dislocazione laterale e in alto dei due nuovi piccoli terminali, sovrapposti e sfalsati, risolveva la questione con un taglio netto, lasciando comunque parte della funzione silenziante al polmone collocato sotto il motore, uno degli elementi esteticamente più discussi di questa particolare versione.

Il grosso e brutto “scatolone” metallico rappresentava però l’uovo di Colombo, poiché conteneva al suo interno sia il presilenziatore che il catalizzatore, eliminando nel contempo la necessità di lunghi collettori di raccordo tra i cilindri e i terminali.

Inoltre, veniva meno la necessità di conservare i grossi e ingombranti supporti in lega caratteristici dei vecchi Monster: la versione S4R era infatti la prima a montare pedane separate per passeggero e pilota, con queste ultime più alte e strette (circa 70 mm) rispetto al passato.

utte queste modifiche permettevano un angolo di piega di 48° (con sospensioni compresse a 2/3 della corsa) senza che nulla giungesse a interferire con l’asfalto.

Il tutto mantenendo di fatto lo stesso telaio della S4, peraltro arricchito dal bellissimo forcellone monobraccio che tanto ricordava quello montato sulla MH900 Evoluzione, ma realizzato in traliccio di tubi d’alluminio per contenerne il peso.

Ovviamente, veniva ripreso anche il pratico ed efficiente sistema di regolazione di altezza del retrotreno tramite un unico puntone regolabile che agiva sul medesimo asse del monoammortizzatore. Anche sulla R le sospensioni erano decisamente di buona qualità: in particolare, la forcella Showa, completamente regolabile e aggiornata con un riporto superficiale al TiN sugli steli per garantire superiore scorrevolezza e durata. Un grosso passo in avanti era costituto anche dall’installazione dell’ottimo monoammortizzatore Showa, completamente regolabile e dotato di serbatoio piggy back.

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L’impianto frenante anteriore è lo stesso della versione S4, mentre la forcella Showa ha gli steli con trattamento al TiN.

L’impianto frenante era praticamente identico a quello del MS4, con dischi anteriori da 5 mm di spessore (mentre il posteriore era da 6 mm) e pinze ad attacco di tipo tradizionale. Anche in questo caso, l’installazione di parti più performanti era eventualmente affidata alle velleità del pilota e la scelta era certo assai varia vista la tipologia di componenti: in particolare, l’eventuale montaggio delle ottime e appena uscite pinze Brembo Triple Bridge (a patto comunque di aggiornare anche dischi e pompa freno).

Il Monster S4R vedeva il ritorno al manubrio tradizionale (in lega d’alluminio a sezione variabile, di tipo simile a quelli ordinariamente adoperati nel motocross) al posto dei due brutti semimanubri ricavati per fusione, di foggia analoga a quelli della serie ST, caratteristici della versione S4.

Secondo uno stile adeguato all’estrazione del mezzo, molti particolari della moto erano realizzati in preziosa fibra di carbonio (parafango anteriore, fianchetti, protezioni radiatore e cartelle copricinghie della distribuzione), mentre la linea era ulteriormente rinnovata da nuovi specchietti retrovisori e dalla diversa e più sportiva grafica della strumentazione multifunzione con sfondo bianco e nero integrante l’immobilizer.

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A sx: la strumentazione con elementi a fondo bianco e nero. A dx: il protagonista della parte meccanica è lo stesso Desmoquattro della ST4S.

Il motore del Monster S4R rispetto alla 996

Si è già detto della diversa caratterizzazione del Desmoquattro di 996 cc rispetto alla versione montata sulla serie Superbike.
Le differenze principali risiedevano essenzialmente nella diversa fasatura delle camme e nell’impianto di scarico, quest’ultimo, per quanto già descritto, particolarmente più restrittivo che in passato, ma comunque capace di mantenere una curva di potenza del tutto paragonabile a quella della Ducati ST4S, dotata praticamente del medesimo motore.

I collettori di serie (del diametro di 40 mm) confluivano dopo un breve raccordo dentro il presilenziatore, sul quale, attraverso due corte “esse”, erano innestati direttamente i terminali.

Il primo step di potenziamento era chiaramente costituito dalla sostituzione di questi ultimi con altri “aperti”, pur mantenendo il polmone sotto il motore. La sonorità risultava chiaramente di tono più sommesso rispetto al solito per la presenza del primo stadio di silenziamento: tuttavia, con centralina adeguata e filtro aria permeabile (quanto offerto sostanzialmente dal kit Ducati Performance più economico) si riusciva a traslare la curva di potenza verso l’alto di circa 5 Cv a partire dai 6000 giri, mantenendo la medesima erogazione di coppia ai bassi regimi.
Certamente un buon risultato, ma comunque inferiore a quello ottenibile sulla ST4S applicando le medesime modifiche, capaci di portare il propulsore di 996 cc a sfiorare i 120 Cv effettivi: evidentemente il presilenziatore del MS4R faceva sentire forte il suo effetto a “collo di bottiglia”.

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L’impianto di scarico prevede un compensatore sotto l’ammortizzatore che ha il pregio di ridurre il volume dei silenziatori, disturbando tuttavia la linea del mezzo.

Un effetto sperimentabile con la modifica complementare a quella appena vista, ovvero la sola rimozione del polmone sotto al motore e la sua sostituzione con un’apposita confluenza tubolare opportunamente compensata.
Come è facilmente intuibile, la sostituzione dell’intero complesso di scarico con uno completo da 45 o 50 mm di diametro e terminali “aperti” era la chiave di volta per liberare il potenziale del Desmoquattro ritornando alle prestazioni ottenibili sull’ST4S.

A titolo di curiosità va detto che, come già sul MS4, anche sul MS4R i collettori di serie erano stati progettati con diametro ridotto, inferiore allo standard dei Desmoquattro, pari a 45 mm, sempre per privilegiare la resa del motore ai regimi medio-bassi.

Per quanto riguarda eventuali maggiorazioni della cilindrata, sebbene la strada fosse ovviamente percorribile, ci si sarebbe comunque scontrati con lo stesso scoglio rilevato a Borgo Panigale all’epoca del progetto Testastretta. Difatti, il Desmoquattro in versione 996 era ormai giunto alla sua massima evoluzione, particolarmente per quanto riguarda l’alesaggio massimo concesso dal basamento e dallo spessore dei cilindri.

Per quanto riguarda la trasmissione, i rapporti interni accorciati rendevano la finale adeguata, diversamente da quanto accadeva, e accade di solito, sulle moto bolognesi. Tuttavia, per un uso prettamente ludico, poteva essere il caso di montare una corona di uno o due denti più grande, sempre per aumentare la coppia disponibile alla ruota e l’accelerazione (due prerogative che certo comunque non mancavano anche alla moto in configurazione originale).

La versione S4R ha costituito per breve tempo l’apice della dinastia Monster, aprendo inoltre il filone della serie SR, che avrebbe sancito la chiusura della vecchia generazione fino all’uscita sul mercato del 696 e 1100.

Foto Archivio Mondo Ducati

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