Ducati Monster S4: analisi tecnica

Ducati Monster S4: analisi tecnica

Prima parte dell’ analisi tecnica della famiglia Monster con motorizzazione a quattro valvole. Vediamo le caratteristiche del Monster S4 e le possibili modifiche.

Ecco il primo di una serie di tre articoli che analizzano le varie versioni dell’S4, il primo Monster a 4 valvole.

Il Monster, pietra miliare nella produzione Ducati, è nato all’insegna dell’essenzialità e della leggerezza: al momento del suo lancio, infatti, nessun proprietario avrebbe mai pensato di montarci un propulsore di derivazione Superbike.

Solo alcune special e preparazioni amatoriali avevano osato tanto, ecco perché, a quasi dieci anni dalla nascita, il primo Monster Desmoquattro di serie destò così tanto scalpore tra gli appassionati del modello.

Per non sfigurare con le tante nude giapponesi uscite nel frattempo sul mercato, a Bologna avevano pensato bene di dare al Monster una bella iniezione di potenza. La strada per il raggiungimento di prestazioni spettacolari comportava il logico abbandono della semplicità meccanica e dell’essenzialità proprie del tradizionale bicilindrico Desmodue raffreddato ad aria e portava inequivocabilmente al Desmoquattro di 916 cc realizzato per la famiglia Superbike Ducati.

In realtà, sebbene la base fosse la stessa, si trattava di una versione “addomesticata”, equivalente a quella montata sulla turistica Ducati ST4, con camma di scarico ribassata, fasatura della distribuzione rivista e scatola filtro maggiorata con risuonatore dinamico, il tutto ottimizzato per massimizzare la coppia erogata.

Il telaio, in seguito introdotto anche sui modelli a due valvole, si presenta profondamente rivisto, in particolare nella geometria dei leveraggi della sospensione posteriore: sparito il caratteristico archetto ereditato dalla serie 851-888, compare infatti un più razionale sistema dotato di un unico puntone regolabile che agisce sul medesimo asse del monoammortizzatore.

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A sx: nel disegno è evidenziato lo schema di funzionamento del Monster 900 prima serie, quello caratterizzato dal classico archetto sopra al forcellone. A dx: il cinematismo che governa la sospensione posteriore del Monster S4.

Come immediata conseguenza, l’assetto generale della moto risulta più rialzato, il tutto a vantaggio dell’aumentata luce a terra in curva, vero tallone d’Achille della nuda bolognese sin dai primordi. Tuttavia, nelle pieghe più accentuate gli scarichi originali continuano a costituire un limite per la guida sportiva, particolare che sarebbe stato risolto alla radice solo con la serie SR, dotata di forcellone monobraccio in tubi e doppio scarico rialzato sul lato destro.

Le sospensioni sono decisamente di buona qualità: in particolare la forcella Showa, completamente regolabile e più che adatta per un uso anche sportivo della motocicletta. Volendo migliorare il comportamento dinamico della moto, invece, è sicuramente prioritaria la sostituzione dell’elemento posteriore Sachs, potendo scegliere sul mercato tra numerose alternative (WP, Bitubo, Öhlins, tanto per citarne alcune), in grado di offrire un comportamento più rigoroso e una maggiore sensibilità alle regolazioni.

Il nuovo telaio, tra l’altro, esalta la qualità dell’assetto generale, almeno una spanna sopra a quanto visto in precedenza (e non poteva che essere così, vista la potenza in gioco di circa 100 Cv).

L’impianto frenante non è una novità, ma deriva dai modelli Superbike dell’epoca, con dischi da 5 mm di spessore. Anche in questo caso, l’installazione di parti più performanti è eventualmente affidata alle velleità del pilota e la scelta è certo assai varia vista la tipologia di componenti. Se quelle di serie possono non essere il massimo disponibile per questa moto (comunque delle ottime Brembo sinterizzate), con un buon set di pastiglie “racing” è senza dubbio possibile raggiungere ottime prestazioni anche in circuito.

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Nonostante non sia privo di qualche difetto di gioventù, vedi la scarsa luce a terra, il Monster S4 ha un comportamento discreto anche in pista.

Un particolare non troppo apprezzato dai puristi è poi costituito dai due semimanubri ricavati per fusione, di foggia analoga a quelli della serie ST.
Esteticamente non bellissimi e poco “sportivi”, non offrono alcuna possibilità di regolazione, mentre il montaggio di un manubrio in puro stile Monster non è possibile a causa della peculiare conformazione della piastra di sterzo originale.
A tal proposito, infatti, è molto meglio installarne una direttamente prelevata dalla versione 900 Desmodue.

Il motore del Ducati Monster S4

Le differenze principali tra l’unità montata sul Monster S4 e la 916 standard risiedono essenzialmente nella diversa fasatura delle camme e nell’impianto di scarico. Questi due fattori di concerto fanno sì che le prestazioni del propulsore montato sul Monster siano notevolmente limitate nel raggiungimento della massima potenza esprimibile, con il vantaggio però di una migliore risposta e di un’erogazione più fluida, come si conviene a una moto nuda di impostazione non estrema.
In primo luogo, dunque, vediamo cosa cambia nell’aspirazione: fin dalla 851, le camme dei Desmoquattro avevano storicamente un’alzata di ben 9,6 mm, e tale è stata mantenuta sull’S4 come sul motore gemello della ST4S, riducendo tuttavia l’apertura della valvola, che era chiusa 10° prima che sui motori precedenti.
In linea teorica, si tratta di un chiaro depotenziamento, dal momento che, riducendo il tempo di apertura del condotto di aspirazione, diminuisce di fatto la quantità di miscela aspirata dal motore.

Tuttavia, il volume aspirato dipende essenzialmente dalle condizioni di pressione esistenti nel cilindro e dalla velocità della miscela in ingresso (due parametri ovviamente dipendenti l’uno dall’altro). Dunque, più probabilmente i progettisti hanno adeguato la distribuzione alla diversa geometria dell’airbox del Monster rispetto a quello, ben più voluminoso e alimentato dinamicamente, della serie 916.

Certamente, si trattò in ogni caso di un “passo indietro”, a privilegio dell’erogazione ai medi regimi (quando la velocità del flusso entrante è contenuta) rispetto alle possibilità di allungo.

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Il propulsore del Monster S4 deriva da quello della 916, ma presenta alcune
differenze significative a livello di fasatura delle camme e di impianto di scarico.

Per quanto concerne il sistema di scarico, questo è dello stesso tipo montato sul 900 Desmodue, con collettori da 40 mm di diametro, inferiore quindi agli standard dei Desmoquattro, che prevedevano collettori da 45 mm (solo la 851 aveva un diametro dei collettori pari a 40 mm, peraltro accoppiato a valvole più piccole, ma ciò accadeva oltre dieci anni prima che fosse prodotto il Monster S4).
Con buona probabilità, una simile scelta era mirata a uniformare il progetto Monster indipendentemente dalla motorizzazione e a privilegiare ancora una volta la resa del propulsore ai regimi medio-bassi (peraltro contrastante con l’aumentata portata conseguente alla doppia valvola di scarico), che anche in questo caso risultava fortemente limitato in termini di allungo.

Concordemente con questo obiettivo, la nuova centralina alleggerita 5.9 M è tarata per tagliare l’alimentazione a 9500 giri, un regime ben inferiore a quello comunemente impostato per i quattro valvole Ducati.

Come migliorare le prestazioni del Monster S4

C’è quindi terreno fertile per il buon ducatista amante delle elaborazioni. E’ evidente, a questo punto, quale sia la direzione in cui procedere per migliorare le prestazioni del Monster S4: innanzitutto l’incremento della sezione di efflusso dei gas di scarico e, in seconda analisi, la modifica della fasatura d’aspirazione.
Come di consueto, la sola installazione di silenziatori più “liberi” non è sufficiente a garantire un conveniente incremento delle prestazioni, visto che così non si elimina il “collo di bottiglia” costituito dall’intera linea dei collettori.

Non per nulla la stessa Ducati, nel catalogo Performance, proponeva come step evolutivo per l’S4 un kit comprensivo di collettori maggiorati (45-50 mm) in grado di esprimere il vero potenziale del bicilindrico: ovviamente, a corredo era fornita una centralina modificata che, non a caso, spostava il limitatore di giri a quota 10.000 rpm.

Se da un lato la semplice sostituzione dei terminali originali, insieme a una nuova mappatura dell’iniezione, comporta un incremento di potenza pari a circa il 5% su tutta la curva di erogazione, la maggiorazione dei collettori permette di varcare soglie più alte, dal momento che il motore può ovviamente raggiungere regimi di rotazione più elevati (ricordiamoci che la potenza è matematicamente il prodotto della coppia per la velocità angolare e che, pertanto, potendo mantenere costante la coppia all’aumentare del regime si ottiene una potenza superiore).

L’incremento di potenza raggiunto è così nell’ordine del 10%, ma suscettibile di ulteriori maggiorazioni: in quest’ottica, infatti, è senz’altro molto più vantaggioso utilizzare una centralina che non tagli così presto l’erogazione della potenza, arrivando ad esempio a 11.000 giri al minuto, permettendo quindi di raggiungere potenze specifiche simili a quelle dei motori 916 Superbike, prossime ai 130 Cv/litro.

Ovviamente, muoversi in questa direzione comporta la perdita di qualcosa in termini di coppia. Tuttavia, il valore espresso dal bicilindrico di 916 cc è notevole in assoluto, per cui la perdita di qualche centesimo di Nm non incide con gravi conseguenze sul piacere di guida. Mantenendo costante la cilindrata, non sono sicuramente raccomandabili diametri eccessivi dei collettori: anche i collettori originali della ST4, o altro modello da almeno 45 mm di diametro, possono servire al raggiungimento dello scopo.

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Priva di sovrastrutture, la prima versione a quattro valvole della celebre nuda bolognese mette in risalto la parentela con la famiglia ST anche a livello telaistico.

Viceversa, qualora s’intenda ottenere il massimo rendimento, il motore è tranquillamente suscettibile dell’incremento di cilindrata fino ai 955 cc mediante l’installazione di cilindri e pistoni di alesaggio maggiorato (96 mm contro i 94 mm originali).

Inutile dire che, in tale circostanza, il sistema di scarico di serie è assolutamente insufficiente e mortificherebbe il potenziale delle nuove termiche. Il passo finale dell’elaborazione è, infine, quello riguardante il ritorno alla fasatura più sportiva: come detto, tale modifica non può da sola garantire un considerevole incremento di prestazioni, ma può costituire un elemento di rifinitura una volta incrementate in maniera considerevole le caratteristiche di efflusso del propulsore. Per quanto riguarda il capitolo trasmissione, come spesso si è visto, anche il Monster S4 soffre per una rapportatura troppo lunga della trasmissione finale, probabilmente dovuta a problemi di omologazione.

L’aggiunta di uno o due denti alla corona è sicuramente auspicabile per guadagnare qualcosa in ripresa e accelerazione, sempre che non si sia modificato il motore aggiungendo la potenza necessaria per sfruttare a pieno i rapporti originali.

Molti dei problemi di gioventù e dei limiti della versione S4 sono stati successivamente risolti brillantemente dalla nuova S4R: una buona dose di potenza in più e una ciclistica adeguata alle maggiori prestazioni ne hanno fatto, anno dopo anno, la regina della categoria, ma una S4 d’annata costituisce tutt’oggi un valido strumento di guida anche per il motociclista più esigente.

Foto Archivio Mondo Ducati

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