Desmoquattro: il bicilindrico Ducati a 4 valvole

Desmoquattro: il bicilindrico Ducati a 4 valvole

La storia del bicilindrico Desmoquattro riveste un’importanza talmente grande per l’azienda di Borgo Panigale da essere nota alla maggior parte degli appassionati.

La storia del bicilindrico Desmoquattro riveste un’importanza talmente grande per l’azienda di Borgo Panigale da essere nota alla maggior parte dei ducatisti e degli appassionati in generale.
La nascita di questo straordinario propulsore che, per la prima volta all’interno della fabbrica bolognese, coniugava la distribuzione a quattro valvole, il raffreddamento a liquido e l’iniezione elettronica, ha sancito una vera e propria svolta epocale per Ducati, sia in ambito agonistico che per quanto riguarda la produzione di serie.
Dalle geniali menti di Massimo Bordi e Gianluigi Mengoli, senza dimenticare il supporto tecnico di Franco Farné, scaturì infatti un progetto che, nel corso degli anni, grazie a una costante e tenace opera di sviluppo, ha raccolto titoli mondiali a ripetizione nel Campionato del Mondo Superbike, oltre a essere impiegato su alcune tra le più belle e desiderate Ducati prodotte in serie, come le gloriose 851-888, la scultorea 916 di Massimo Tamburini e tutte le sue derivate.
In verità però, l’applicazione del Desmoquattro non si fermò alle sole supersportive della Casa di Borgo Panigale, visto che fu anche adottato in ambito sport-touring sulla Ducati ST4 che, pur non riscuotendo grandissimo successo a livello di vendite, rappresenta comunque un esempio interessante di come il primo bicilindrico Ducati a quattro valvole sia stato declinato nel corso degli anni.
Tra l’altro, proprio a proposito della ST4, va anche sottolineato che a determinare il layout di questo motore fu paradossalmente un’esigenza emersa per la prima volta nelle competizioni, grazie a una modifica alle teste, e in particolar modo attraverso l’abbassamento dell’albero a camme di scarico, che consentiva di ridurre l’inclinazione del cannotto di sterzo senza che la ruota anteriore interferisse con il cilindro orizzontale, rendendo la moto più agile e reattiva ai comandi del pilota.
Insomma, come spesso succede parlando della storia Ducati, anche il Desmoquattro possiede retroscena romantici, a tratti rocamboleschi, come il suo debutto assoluto al Bol d’Or del 1986, sotto forma di prototipo da 748 cc.
Fu da quel primo esperimento che, nonostante il ritiro patito in gara per problemi tecnici, partì il sogno di sfidare i giapponesi nel campionato delle maximoto derivate dalla grande produzione di serie: una sfida che oggi può sembrare normale, ma che all’epoca era una sorta di avventura sorretta da tanta passione, molta genialità e pochi mezzi.
Ecco dunque una carrellata di quelle che sono state le prime applicazioni del Desmoquattro, dalla 851 Tricolore del 1988 fino alla ST4 del 2002, passando per alcuni importanti step intermedi, sia in ambito agonistico che per quanto riguarda i modelli stradali.

1988 – 851 Kit Tricolore

L’851 Kit Tricolore risale al 1988. Le misure di alesaggio e corsa sono 92 x 64 mm, mentre il rapporto di compressione è di 11,5:1. Ha la testa fusa in conchiglia, con valvole da 32 mm all’aspirazione e 28 mm allo scarico. I condotti di aspirazione sono inoltre troncoconici grazie a una speciale lavorazione meccanica, mentre quelli di scarico venivano raccordati a mano. Gli alberi a camme sono allineati, come sulla prima serie dei motori Desmoquattro. I carter sono pressofusi a prigionieri larghi, la mandata di olio alle teste è con tubi in treccia metallica, mentre il contagiri è meccanico e prende il moto dalla camma di aspirazione del cilindro orizzontale. La potenza massima dichiarata è di 120 Cv a 9200 giri. I carter sono verniciati di nero come era in uso in quel periodo.

1992 – il motore che equipaggiava la 888 SBK

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Questo è il motore che equipaggiava la 888 SBK del 1992. Ha le teste fuse in conchiglia, con valvole da 33 mm all’aspirazione e 29 mm allo scarico. Anche in questo caso, i condotti di aspirazione sono troncoconici grazie a una lavorazione CNC, mentre i condotti di scarico grezzi venivano raccordati a mano. Gli alberi a camme sono allineati con fresatura supplementare, sulla calotta, per il passaggio della ruota anteriore. I supporti delle camme e i coperchi sono in magnesio, per risparmiare peso; per lo stesso motivo i carter risultano alleggeriti anche sulla coppa dell’olio. Notare la pompa del circuito di raffreddamento che mantiene ancora l’uscita quasi verticale.

1994 – alla 24 Ore del Bol d’Or col 926 cc

Nel 1994, Ducati partecipa alla 24 Ore del Bol d’Or con una moto di 926 cc, grazie a misure caratteristiche di 96 x 64 mm. Sullo stesso tracciato che aveva visto debuttare la primissima Desmoquattro, la 748 ie, la Casa di Borgo Panigale conquista l’undicesimo posto, rifacendosi in parte della sfortuna patita nel 1986, quando fu costretta al ritiro per problemi tecnici dovuti alla natura ancora acerba del progetto. Le teste di questo motore sono fuse in conchiglia, mentre le valvole sono da 34 mm per l’aspirazione e 30 mm per lo scarico. I condotti sono sempre troncoconici lavorati a CNC per l’aspirazione, mentre quelli di scarico sono parzialmente lavorati a CNC e successivamente raccordati a mano. Gli alberi a camme sono allineati con fresatura sulla calotta della testa per il passaggio della ruota anteriore. Per risparmiare peso, tema sempre caro al Reparto Corse Ducati, i supporti delle camme e il coperchio della frizione sono in magnesio con tazza parziale. Il coperchio dell’alternatore, viceversa, è in alluminio, mentre la pompa dell’impianto di raffreddamento ha l’uscita orizzontale.

2000- il «canto del cigno» del Desmoquattro

All’anno 2000 risale quello che può essere considerato il «canto del cigno» del Desmoquattro, almeno per quanto riguarda le supersportive. E’ infatti la volta della 996 SPS, successivamente sostituita dalla 996 R che monterà il primo bicilindrico Testastretta.
Le teste della 996 SPS sono fuse in conchiglia con valvole da 36 mm all’aspirazione e 30 mm allo scarico. I condotti di aspirazione sono troncoconici di lavorazione CNC, mentre quelli di scarico sono parzialmente lavorati a macchina e poi raccordati a mano. Gli alberi a camme sono allineati e la calotta delle teste è smussata sul grezzo per il passaggio della ruota anteriore.
Il contagiri, finalmente, è elettronico. I coperchi esterni sono in magnesio, mentre la nuova pompa dell’acqua ha l’uscita orizzontale. La cilindrata di 996 cc corrisponde a misure caratteristiche pari a 98 mm di alesaggio e 66 mm di corsa. Il rapporto di compressione è di 11,2:1. Notare i carter di color alluminio con lubrificazione interna. Questo specifico esemplare è stato impiegato alla 24 Ore del Bol d’Or del 1999, sul circuito Paul Ricard di Le Castellet.

2004- il Desmoquattro sulle sport touring

Come detto, il Desmoquattro non è stato impiegato solo sulle supersportive Ducati e la ST4 del 2002 costituisce un interessante esempio di come il bicilindrico Ducati a quattro valvole potesse essere messo a supporto anche di una moto stradale della categoria sport touring. La cosa curiosa, però, è che la principale differenza che distingue il motore della ST4 dai Desmoquattro precedenti è dettata da un’esigenza che è stata avvertita per la prima volta nelle competizioni! Le teste fuse in conchiglia hanno infatti le sedi degli alberi a camme disassati per migliorare il passaggio della ruota anteriore. Le valvole sono da 36 mm all’aspirazione e 30 mm allo scarico, mentre i condotti di aspirazione sono sempre troncoconici con lavorazione CNC e quello di scarico è parzialmente lavorato con raccordatura a mano. La cilindrata effettiva è di 916 cc, corrispondente a misure caratteristiche pari a 94 x 66 mm. Il rapporto di compressione è di 11:1, mentre la potenza massima dichiarata è di 103 Cv a 9500 giri, per una coppia di 8,6 Kgm a 7250 giri. I copricinghie sono in plastica, l’impianto di scarico è dotato di catalizzatore e la data di omologazione del motore risale al 12/10/2000.

Quindici anni di onorata carriera che racchiudono in sé tutto il carisma dei personaggi che hanno reso possibile questo piccolo miracolo italiano, dal quale hanno poi preso vita le successive evoluzioni, a partire dal progetto Testastretta, che sarà oggetto del prossimo articolo.

Con la collaborazione Gianfranco Zappoli.
Foto Enrico Schiavi

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