I quattro modelli dello Scrambler a confronto

I quattro modelli dello Scrambler a confronto

Le quattro versioni dello Scrambler a confronto: ogni modello ha le sue caratteristiche, ma soprattutto un’anima diversa.

Provando, in tempi diversi, due differenti versioni dello Scrambler (che ricordiamo viene commercializzato nei quattro modelli Classic, Icon, Urban Enduro e Full Throttle) abbiamo notato, se non delle differenze sostanziali, cosa di per sé abbastanza improbabile visto che si tratta della stessa moto, quanto meno un’anima diversa, una predisposizione differente.

Allora, ci siamo messi nei panni di un potenziale acquirente dello Scrambler: bene, convinto da quanto visto e letto, dopo aver ben valutato tutti i pro e i contro della proposta (con le prime, ovviamente, in netta maggioranza rispetto alle seconde) ecco che il nostro lettore immaginario si pone inevitabilmente una bella domanda: “Ok, d’accordo, ma quale Scrambler scegliere?

In effetti, l’abbondanza di proposte può mettere in imbarazzo e ognuno dei vari modelli ha caratteristiche estetiche che attirano, così che scegliere lo Scrambler preferito è cosa tutt’altro che semplice.

Per fugare qualche dubbio in merito, quindi, abbiamo deciso di fare un’inedita comparativa, ovvero provare tutti insieme i quattro Scrambler proposti sul mercato: le moto provate sono originali, a parte l’Urban Enduro dotata di borse laterali e da serbatoio e la Icon accessoriata con ruote a raggi, scarico alto e molto altro.

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Questo l’equipaggiamento comune a tutte le versioni dello Scrambler: serbatoio in acciaio con guance intercambiabili in alluminio, faro anteriore con lente in vetro, guidaluce a LED e cornice intercambiabile in alluminio, faro posteriore con tecnologia LED a diffusione, strumentazione LCD con cornice intercambiabile in alluminio, carter copri cinghie in alluminio lavorato a macchina, ruote da 18’’ all’anteriore e da 17’’ al posteriore, vano sottosella con presa USB. Inoltre per la Urban Enduro: cerchi a raggi in alluminio, paracoppa motore in alluminio, parafango anteriore alto, griglia protezione faro anteriore, traversino manubrio, parasteli, sella con design specifico, logo dedicato. Inoltre nella versione Full Throttle: terminale di scarico Termignoni omologato basso, manubrio basso a sezione variabile in alluminio, sella dedicata di ispirazione flat-track, coda sportiva con supporto indicatori di direzione dedicato, parafango anteriore sportivo, guance serbatoio nere, logo dedicato. Infine, per la Classic: cerchi a raggi in alluminio, parafango anteriore e posteriore in alluminio, sella con design dedicato, serbatoio con banda nera centrale, logo dedicato, porta targa alto.

Bene, la prima impressione è stata proprio quella che era alla base della nostra prova: le moto non sono uguali fra di loro: sembrerà un’affermazione scontata, ma l’impressione è proprio questa, versioni diverse, anime diverse.

Stesse moto, dotate cioè della stessa unità propulsiva, identica ciclistica e analoga impostazione sbarazzina, ma quello che offrono di diverso sono impressioni di guida che sono differenti fra modello e modello.

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Eccoli qui i quattro tester che hanno partecipato alla comparativa: oltre a Marco Rainero, un sentito ringraziamento per la partecipazione agli amici, nonché valenti ed esperti motociclisti, Valter Ignesti, Alessandro Tognetti e Roberto Checcacci.

Per rendere il confronto ancora più frizzante, come detto, abbiamo scelto per il modello base, ovvero la Icon, una versione superaccessiorata, con l’impiego di molti particolari disponibili nel catalogo Ducati: manubrio basso in alluminio, i cerchi a raggi, le pedane in alluminio, il gruppo scarico completo prodotto da Termignoni, il cupolino sport, la rete di protezione del fanale e il supporto targa sempre in alluminio; sul fronte estetico, la protezione adesiva per il serbatoio e il set di decal con il logo classico dello Scrambler. Conto finale della preparazione? Euro 3445 iva compresa, non poco, certo, ma così la Icon diventa a tutti gli effetti una special vera e propria, non a caso quella che alla fine è piaciuta di più ai nostri tester.

Certo, un risultato del genere può essere dovuto solo a un differente coinvolgimento emotivo frutto del maggiore livello di elaborazione, come invece possono incidere alcune caratteristiche a prima vista irrisorie, ad esempio la considerevole valenza che hanno quei pochi centimetri in più o in meno relativamente all’altezza del manubrio: in realtà, la sua conformazione dà più sensibilità sull’avantreno e permette una guida più avanzata rispetto al manubrio di serie più alto. La moto è poi supportata da un motore che, reso libero dall’impianto di scarico Termignoni, trasmette soddisfazione grazie al suo sound, anche da fermo, a un semaforo; in movimento, poi, ha medi regimi decisamente migliori, un allungo deciso e si sente che gira libero; unica nota negativa, il giro collettori impatta parzialmente con l’interno dello stivale, ma è poca cosa, dopo un minuto è facile non accorgersene più.

La Classic tiene indubbiamente fede alla sua definizione, essendo la più classica delle proposte, con la sua sella vintage, i parafanghi in alluminio, il manubrio alto e le ruote a raggi. Proprio in base a queste caratteristiche, risulta la più vicina allo spirito dello Scrambler originale (anche per il colore) ed è quindi quella che probabilmente sarà la preferita dai nostalgici della storica tuttoterreno.

La Classic è stilisticamente molto equilibrata, omogenea e si fa apprezzare per l’eleganza dell’insieme: c’è poi stato un altro fattore imprevisto che ha giocato un ruolo molto importante a suo favore: la prova si è svolta dopo un abbondante temporale e così è stato oltremodo apprezzato il fatto che questo modello, fra tutte le versioni, sia l’unico dotato di un vero parafango posteriore (la Icon raffigurata in queste foto è dotata di accessorio optional): è infatti considerevole la mole d’acqua che si alza dalla ruota posteriore, tale da rendere disagevole qualsiasi tragitto.

La maglia nera in queste condizioni atmosferiche l’ha conquistata la Full Throttle che, alla totale assenza del parafango posteriore, ne associa una vaga parvenza all’anteriore: se ciò non bastasse, la copertura della sella specifica di questo modello assorbe l’acqua, per cui anche l’unica parte del corpo che dovrebbe essere un po’ più protetta non si troverà a dover “invidiare” le altre.

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Per altri aspetti, però, è proprio la Full Throttle quella che più si avvicina alle caratteristiche che avevamo apprezzato sulla Icon customizzata: ovvero, un’impostazione leggermente più caricata sull’avantreno grazie alla diversa piega manubrio e il terminale di scarico basso della Termignoni che ha un suono particolare, quasi da monocilindrico, e rende il propulsore più pronto ai bassi regimi, più reattivo alla prima apertura del gas. Come linea, inoltre, è forse la versione più moderna, più sportiva anche grazie alle tabelle portanumero, con richiami alle moto che corrono sugli ovali sterrati.

La Urban Enduro ha il manubrio alto e questo determina una minor sensibilità sull’avantreno, lo scarico di serie ha un tono molto ovattato, il motore gira bene, ma è un peccato sentirlo limitato nelle sue potenzialità, soprattutto avendo provato cosa può dare con uno scarico completo dedicato. Rispetto al modello di serie, quello da noi provato montava le borse laterali disponibili come optional, molto comode, montate su un semplice telaietto, oltre a una pratica borsa aggiuntiva, dotata di magnete per una sicura presa sul serbatoio.

La linea della Enduro ha indubbiamente il suo fascino, ricorda le moto da cross degli anni sessanta con la classica griglia proteggi faro, le protezioni agli steli della forcella e alla coppa dell’olio, il parafango alto anteriore e il traversino orizzontale del manubrio. Le ruote a raggi su questa specifica versione sono particolarmente appropriate.

Forse sarà la moto che incontrerà meno successo sul mercato, visto il suo carattere ibrido, ma è indubbio che abbia il suo fascino, forse lo Scrambler con più personalità.

Scrambler “Scratch” special

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Fra le varie special su base Scrambler che abbiamo avuto modo di ammirare in questo primo periodo di vita della “piccola” di Borgo Panigale, una di quelle che ci è piaciuta di più è senz’altro questa Scratch, opera delle Officine Mermaid e presentata allo scorso Motor Bike Expo di Verona. Dario Mastroianni, delle stesse Officine Mermaid, la definisce così: “Abbiamo deciso di customizzare lo Scrambler Ducati perché ci è sembrata, fin da subito, una moto italiana reversibile dal gusto special e l’abbiamo realizzata con lo stile inconfondibile di Officine Mermaid rendendola più “grezza”, spartana ed essenziale. L’abbiamo chiamata Scratch, dall’inglese graffiato, rovinato. E lo si vede subito dal serbatoio, che abbiamo sverniciato e trattato a mano, un procedimento che riserviamo solamente alle nostre moto più esclusive. I parafanghi, in ferro, sono stati lasciati grezzi, come noi, e spazzolati a mano in officina e poi abbiamo lasciato sulla moto solo l’essenziale: ciò che non serviva è stato eliminato. Anche lo scarico, ad esempio, deriva da quello originale, ma è stato ridotto al minimo. All’anteriore abbiamo scelto una forcella a steli tradizionali con cerchio anteriore da 21″ a pianta larga e posteriore da 18″, mentre sella e manopole sono state realizzate in pelle verde vintage, ispirate fortemente allo stile “western”. La nostra Scratch ha poi un faro anteriore di profondità tipo “rally” e un faretto spot laterale”.

SBK a Jerez: avanti tutta!

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Ora che siamo arrivati al termine della nostra prova, è doveroso però fare una precisazione: come è ovvio che sia, ma a maggior ragione in questo caso dove vengono confrontati modelli così simili fra di loro, nell’esprimere un giudizio finale vanno tenuti in doveroso conto i gusti e le predisposizioni soggettive: noi abbiamo apprezzato il manubrio più basso, ma ci sarà chi predilige quello rialzato che consente la posizione più dritta del busto; allo stesso modo, ci sarà chi troverà irresistibile il “richiamo” delle ruote a raggi, ma non mancheranno certo i fautori dei più pratici cerchi in lega.

Analogo discorso può essere fatto sul tema scarichi: se al posto del morigerato finale originale viene installato il modello variante alto della Termignoni non tutti apprezzeranno il gusto di un sound così grintoso, ma sicuramente in molti potranno rilevare effettivi miglioramenti nell’erogazione.

Tolti comunque di mezzo i dati personali e di gusto, rimangono i punti fermi di una proposta, quella dello Scrambler in generale, che ha veramente molti vantaggi: è una moto che solo all’idea di guidarla fa dire “Oggi mi diverto”, un concetto che dopo pochi chilometri effettivamente diventa realtà. Sorprende la comodità di guida, il motore esprime la sua fluidità e potenza in qualsiasi regime, il tutto supportato dalla ottima tenuta delle gomme, anche in condizioni di bagnato, non a caso studiate appositamente per lui.

Lo Scrambler appartiene alla piccola schiera delle moto che spezzano le convenzioni, rivoluzionando il presente pur guardando al passato; anche se le quattro moto della prova hanno aspetti che determinano comportamenti diversi, il tutto rientra comunque pienamente nella filosofia che ha ispirato la moto: il divertimento, garantito da un raro equilibrio tra prestazioni, ciclistica e comandi.

Rimane il dato di fatto che le quattro versioni hanno una propria personalità che si adatta ai gusti di un pubblico specifico; è vero che i tanti accessori disponibili consentono con facilità di “mischiare le carte”, ma in fondo sta anche in questo la forza dello Scrambler: una moto che fa dei concetti di libertà e passione i veri cardini di una proposta che tanto successo sta avendo sul mercato. La conclusione è dunque data: le differenze fra i vari Scrambler ci sono, forse da un punto di vista tecnico non saranno così fondamentali da far decidere a favore di un modello piuttosto che un altro, ma comunque rispecchiano modi diversi di vivere la moto, in base ai propri gusti, alla propria personalità e, soprattutto, rispetto alla propria storia motociclistica.

Coordinamento di Marco Rainero, foto Andrea Bardi

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