Prova Ducati Scrambler Café Racer: il tuo posto è nel mio garage

Prova Ducati Scrambler Café Racer: il tuo posto è nel mio garage

Una moto di serie che strizza l’occhio al mondo delle special: alla guida lo Scrambler Café Racer si dimostra gestibile, diretto e amichevole.

Continua la saga della famiglia Scrambler, che si arricchisce di un nuovo capitolo, ricco di fascino e personalità. In effetti, la Café Racer è una moto che è nata per farsi guardare, che stupisce per scelte che una volta rientravano nelle capacità dei preparatori più evoluti. 

Proprio per queste sue caratteristiche, verrebbe però la voglia di avere di più: vi ricordate la storia dell’appetito che vien mangiando? Ovviamente, ci sono considerazioni economiche da fare, già la Café Racer costa abbastanza così, però, considerato che mi voglio proporre in Ducati come vice vice Direttore Marketing ecco la mia proposta: visto l’ottimo livello qualitativo della moto, perché non alzare un po’ (un bel po’!) l’asticella facendo una versione che colmi le lacune dell’attuale modello? 

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Intendo, sospensioni Öhlins o simili completamente regolabili e la sostituzione con l’alluminio di tutte le varie parti che ora sono in plastica (soprattutto quel raccordo fra serbatoio e sterzo, ma anche la cornice davanti al motore). 

Insomma, un’edizione limitata, con tanto di targhetta numerata, per la quale ho pronto anche il nome: Espresso Racer. 

Una moto di serie che sembra una special, o una special che sembra una moto di serie?

Insomma, scherzi a parte, questi sono indubbiamente i punti deboli della Café Racer. Da un lato, aspetti tecnici: una forcella non regolabile che fa del suo meglio, ma certo non è pronta per i miracoli, e una sospensione posteriore un po’ brusca e poco progressiva; dall’altro considerazioni puramente estetiche, vista la troppa plastica presente in una moto che, di primo acchito, si presenta come elegante, sobria e di livello. Anche la livrea gioca la sua parte in tale risultato, con un colore “Black Coffee” impreziosito da un filetto d’oro sulle guance del serbatoio, veramente molto riuscito.

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Di grande effetto custom è lo scarico Termignoni, con il doppio terminale e la cover in alluminio anodizzato nero, mentre le tabelle portanumero laterali rappresentano un chiaro riferimento alle moto inglesi degli anni ’60.

Ma a chi è dedicata questa moto? Considerate le sue doti tecniche, di guidabilità e maneggevolezza, la ridotta altezza da terra della sella e il suo aspetto estetico di grande effetto, crediamo che questa moto piacerà tantissimo al pubblico femminile; anzi, forse è proprio con una rappresentante di tale genere che si esaltano le sue caratteristiche, visto che siamo di fronte a una moto di dimensioni compatte, sopra la quale una persona alta e massiccia si troverebbe senz’altro poco a suo agio. 

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Per dimensioni, fruibilità, doti del motore, ma anche per la sua eleganza, la Café Racer ha molti argomenti per attirare l’interesse del pubblico femminile, una parte importante del mondo motociclistico che, proprio grazie alle proposte Scrambler, si è ultimamente avvicinata al marchio Ducati.

L’aspetto ricercato e il suo look sportivo ma non troppo, invece, potrebbero rappresentare la soluzione ideale per tutte coloro che sono stufe del solito scooter e cercano qualcosa d’altro, di più emozionante e motociclistico. 

In questo senso, viene in aiuto, a un pubblico non troppo abituato a moto di discrete prestazioni, la gestione ottimale del comando del gas, ora rinnovato in modo tale da consentire una guida fluida anche in città, in quanto del tutto privo di quel fastidioso strappo avvertibile nell’apri e chiudi a bassa velocità. 

Stesso discorso sul fronte della frenata, garantita da un bellissimo e potente disco anteriore da 330 mm, con uno spessore di 5 mm, che, in questo caso, a differenza degli altri esemplari della famiglia Scrambler, lavora insieme a una pinza a quattro pistoncini monoblocco Brembo con attacco radiale e pompa sempre di tipo radiale.

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Il tipico serbatoio a goccia con guance intercambiabili in alluminio è accoppiato a una sella dedicata con cover che nasconde la parte (esigua e scomoda) dedicata al passeggero.

A tutto ciò si abbina la fondamentale presenza dell’ABS Bosch con sensore di pressione, che pare essere fatto apposta per i neofiti, in quanto scongiura gli effetti disastrosi della cosiddetta frenata da panico, dove spesso fa più danni la reazione che non la causa. 

Per il freno posteriore, prosegue la sua singolare inefficienza che, dai tempi del Monster, affligge gli amanti di questo accessorio, o almeno pare che sia così considerato in quel di Borgo Panigale: modulabile pari quasi a zero, offre solo due opzioni: o non ha alcun effetto o blocca la ruota posteriore. 

Invece, almeno per gli utenti più smaliziati, il freno posteriore risulta un ausilio fondamentale, se non nel concorrere a fermare il prima possibile il veicolo, quanto meno per correggere la traiettoria in curva, una sorta di utilissimo timone, a patto però che il suo intervento sia progressivo ed efficace. 

In termini di posizione di guida, la Café Racer è completamente diversa dagli altri Scrambler, tanto da farla sembrare, più che una sorella, una lontana cugina: i più alti soffriranno la guida raccolta, con il busto piegato in avanti (la posizione del manubrio rispetto alla Icon è ben 155 mm più avanti e 175 mm più in basso) e le gambe costrette a una postura che alla lunga può risultare affaticante, ma gli altri godranno di una posizione che consente un’ottima padronanza del mezzo, permettendo di “vivere” l’avantreno, instaurando così una perfetta confidenza. 

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Il grafico chiarisce bene le sostanziali differenze che ci sono, a livello di impostazione di guida, fra la Icon e la Café Racer: siamo davanti a una moto molto più raccolta, come evidenziano anche le foto col pilota a bordo.

A ciò contribuiscono, da par loro, la dimensione del cerchio anteriore (qui da 17″ invece che 18″ come sugli altri Scrambler), e l’efficacia delle gomme Pirelli Diablo Rosso II, nelle misure 120/70 all’anteriore e 180/55 al posteriore, che hanno dimostrato un grip ottimale.

Che siamo di fronte a una nuova moto, e non a un’altra versione scrambleriana, lo dimostrano anche le rinnovate quote ciclistiche: 1436 mm di interasse (-15 mm rispetto alla Icon), ma soprattutto un’inclinazione del cannotto di sterzo di 21,8° (ben 2,2° in meno) e un’avancorsa di 93,9 mm (-18 mm sempre rispetto alla Icon). Il risultato è una moto molto agile, prontissima a inserirsi in curva, tanto che a volte si ha la sensazione di una certa leggerezza di avantreno, proprio a causa di tale impostazione.

Certo, la postura è quella tipica delle cafe racer, che non privilegia il comfort, ma non si ha quell’affaticamento dei polsi tipico delle supersportive, in quanto i semimanubri non sono eccessivamente inclinati. Al contrario, qualcuno vorrà sicuramente notare come con questo modello il peso del corpo gravi sui polsi, il che, essendo appunto una cafe racer, è abbastanza ovvio. 

E’ un po’ come dire che un difetto del Monster sia il non offrire riparo aerodinamico: sembra una barzelletta, eppure quante volte l’abbiamo letto sui giornali! Il festival dell’ovvio. 

Eppure, dopo quasi 180 km percorsi nell’entroterra del bolognese, durante la presentazione alla stampa del modello, non abbiamo avvertito fastidi particolari, segno ben evidente che la moto non è destinata solo a far bella figura davanti al solito bar, ma ha le potenzialità per dimostrarsi un bel giocattolo con cui divertirsi sul misto: agile e maneggevole, si avvantaggia del bel tiro del motore, pronto già a 3000 giri a prendere vigore con notevole brio, con una potenza di 75 Cv, dato che risulta ideale per sfruttare a pieno la propria voglia di curve. 

Il propulsore è il classico bicilindrico due valvole, omologato Euro 4, qui con finiture dei carter in nero e alette lavorate a macchina.

Ecco, quindi, come la Café Racer mostri la sua seconda anima, quella che può attirare l’attenzione del motociclista più smaliziato, magari stanco di moto con overdose di cavalli e di elettronica che interviene a contenere tale potenza, desiderando una moto più umana, diretta e amichevole. 

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Durante la prova su strada, la Café Racer ha evidenziato delle caratteristiche di guida sostanzialmente diverse da tutte le altre Scrambler: del resto, non poteva essere altrimenti, se pensiamo alla ruota anteriore da 17″ e alle quote ciclistiche completamente diverse.

Il viaggio fuori porta è reso divertente, anche grazie alla precisione del cambio e alla morbidezza del comando della frizione, che richiede uno sforzo contenuto per il suo azionamento: peccato solo per il suo comando meccanico; da un punto di vista estetico, sarebbe senz’altro da preferire il comando idraulico, ma questa opzione la lasciamo per la nostra futura Espresso Racer! 

Al di là di tutte le notazioni di guida, resta poi il fatto che siamo di fronte a una moto esteticamente molto piacevole: è veramente bella, affascinante, in vero stile cafe racer, come dimostrano anche gli utili e ampi specchietti retrovisori applicati alle estremità dei manubri. 

 

La Ducati Café Racer in un colpo d’occhio

Colorazioni
“Black Coffee” con telaio nero e ruote oro
Dotazioni
Motore bicilindrico Desmodue Euro 4 con finiture in nero e alette lavorate a macchina
Scarico Termignoni con doppio terminale e cover in alluminio anodizzato nero
Ruote da 17’’ con pneumatici Pirelli Diablo Rosso II, 120/70 ZR 17 anteriore e 180/55 ZR17 posteriore
Sella dedicata con cover sella passeggero
Portanumero laterali
Semimanubri in alluminio
Forcella a steli rovesciati con foderi anodizzati neri
Parafango anteriore sportivo
Specchietti retrovisori al manubrio in alluminio
Cupolino “Café racer”
Pompa freno anteriore radiale
Serbatoio in acciaio a goccia con guance intercambiabili
Logo dedicato
Porta targa basso
Prezzo
Euro 10.950

Sullo stesso piano, le luccicanti tabelle portanumero (quella a sinistra pare ricalcare il profilo di un casco integrale), dotate del numero 54, in onore del grande Bruno Spaggiari che lo utilizzò in numerose gare della Mototemporada Romagnola, ovviamente in sella a Ducati.

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A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

Insomma, tutto sembra confermare le parole dell’Ing. Claudio Fonti, responsabile di questo progetto, che ha sottolineato come questa sia più una nuova moto che un’altra versione dello Scrambler: come è successo con la Desert Sled, in effetti, qui lo sforzo progettuale e produttivo è stato intenso, come dimostrano la rivisitazione delle quote ciclistiche, l’ergonomia, gli accessori (a proposito, veramente british la sella con cover dedicata) e l’estetica generale. 

La Café Racer ha fascino da vendere, difficile rimanere indifferenti

Da questo punto di vista, è stato fatto un gran lavoro, come sottolinea la parte frontale della moto, completamente ridisegnata e molto più bassa e aggressiva rispetto alle cugine della serie Scrambler. 

Degno di nota, poi, è senz’altro lo scarico Termignoni con doppio terminale e cover in alluminio anodizzato nero, il cui look aggressivo purtroppo non corrisponde ad altrettanto sound, ma su questo aspetto ormai ci siamo messi l’anima in pace: rimane, in proposito, l’eterno dilemma per cui agli harleysti sia consentito andare in giro con terminali praticamente privi di silenziatore, mentre a noi ci fanno il pelo e il contropelo in caso di controllo!

Gelosie a parte, resta comunque il senso di uno sforzo notevole nella realizzazione di questa bella proposta, dato che si evidenzia anche nel costo di acquisto: in effetti, 10.950 Euro non sono pochi, ma la Café Racer se li merita tutti, in quanto concettualmente è più vicina al mondo delle special che non a quello delle moto prodotte di serie. 

In questo senso, possiamo dire che non c’è miglior commento finale di quello espresso da Mr. Martini, il famoso preparatore veronese presente alla prova della Scrambler Café Racer: “Questi mi rubano il mestiere, mi toccherà fare altro!”.

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