Ducati Streetfighter 1098: prova in pista

Ducati Streetfighter 1098: prova in pista

A vederla sembra una bestia da domare con la forza. Invece, la Streetfighter si dimostra equilibrata, stabile e precisa, anche se va fortissimo.

Ronda (Spagna) – Avete presente un golf club? Bene, sostituite il green con un nastro d’asfalto lungo più di 5,4 Km e otterrete l’Ascari Circuit, il bellissimo tracciato andaluso nato per volontà di un facoltoso appassionato di sport motoristici.

Una pista che, per le sue caratteristiche, assomiglia più a una bellissima strada che non a un circuito tradizionale e che, pertanto, si adatta perfettamente alle caratteristiche di un mezzo come la  Streetfighter.

Ducati Streetfighter 1098: spirito da Superbike, corpo da combattente

Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, infatti, ad alcuni appassionati del Nord Europa è venuta l’idea di togliere la carenatura e mettere il manubrio largo sulle loro supersportive. Bene, Ducati ha fatto lo stesso.

Solo che non si è limitata a “svestire” una 1098, ma ha ridefinito nei dettagli tutto il veicolo.

Anche se può sembrare simile a livello di ingombri, la Streetfighter è notevolmente più compatta, con il serbatoio più corto di 2,5 cm e la parte posteriore che, rispetto alla 1098, è stata ridotta di 7 cm.

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Ducati 1098: monografia

La 1098, dal punto di vista del design e della concezione, rappresenta la vera erede del lavoro iniziato nel 1994 con la 916.

Lo stesso vale anche per quella anteriore, con il risultato di una centralizzazione delle masse molto accentuata, sia dal punto di vista fisico che estetico.

La Streetfighter ha infatti una sezione frontale molto stretta e, in pratica, nessun elemento, a parte il serbatoio, esce dalla sagoma del telaio.

Uno dei dettagli che la distingue maggiormente a livello estetico è senza dubbio il faro anteriore, il quale, se vogliamo, nasconde un piccolo segreto. Confrontando infatti quest’ultimo con il cupolino della 1098 R si scopre come le luci di posizione a led della Streetfighter riprendano le forme dei proiettori della 1098, mentre il proiettore stesso dell’ultima nata in casa Ducati sia in pratica la tabella portanumero della supersportiva con la quale condivide motore e telaio.

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Family feeling: il frontale della 1098 R (a sx) e il gruppo ottico anteriore della Streetfighter (a dx) evidenziano una palese parentela stilistica.

Il family feeling è inoltre riproposto anche attraverso le prese d’aria sottostanti al gruppo ottico anteriore di entrambi i modelli. A questo, i tecnici della Casa di Borgo Panigale hanno cercato di abbinare un “fit & finish“, vale a dire un livello di finiture curato in ogni dettaglio, riducendo al minimo i tubi e i cablaggi a vista.

Del resto, come già detto, la base da cui si è partiti per realizzare questa naked ad altissime prestazioni è la stessa della moto dalla quale deriva la Superbike Ducati.

A livello di ciclistica, il telaio della 1198 è stato fondamentalmente modificato aumentando fino a 25,6° l’inclinazione del cannotto di sterzo, cui corrisponde un’avancorsa di 114 mm. Completamente nuovo, invece, il telaietto posteriore.

Allo stesso tempo, poi, il forcellone, che condivide con la 1198 lo stesso layout di tipo monobraccio, risulta più lungo di 3,5 cm grazie alla modifica della parte fusa nella zona di attacco al motore e, così configurato, l’interasse del veicolo risulta pari a 1475 mm.

Identico, se si esclude il design del relativo serbatoio dell’olio (in comune con quello del comando frizione), è anche l’impianto frenante anteriore, che vede dunque dischi da 330 mm e pinze monoblocco ad attacco radiale di produzione Brembo.

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A sx: la strumentazione è completamente digitale e fornisce le stesse informazioni disponibili sulla 1198, comprese quelle relative al controllo trazione e all’acquisizione dati, di serie sulla versione S, ma è più compatta. A dx: il sensore del DTC, l’impianto frenante anteriore Brembo e la forcella Öhlins.

Sulla versione Base (che costa 14.990 Euro chiavi in mano), le sospensioni sono entrambe Showa. La forcella è stretta da nuove piastre di sterzo in alluminio con profilo ad ali di gabbiano, mentre il manubrio è a sezione variabile. L’ammortizzatore agisce sullo stesso leveraggio della 1198, ma essendo il forcellone più lungo è come se, a parità di taratura, la sua azione fosse ammorbidita del 7%.

Anche per quanto riguarda i cerchi non vi sono differenze tra la 1198 e la Streetfighter, equipaggiata con le ormai caratteristiche 5 razze sdoppiate nelle misure 3,5-17″ davanti e 6,0-17″ dietro.

Completamente nuovo, invece, è il sistema di raffreddamento. Per rendere la moto il più stretta possibile, infatti, sono previsti due radiatori dell’acqua disposti uno sopra l’altro, ai quali si aggiunge uno scambiatore di calore acqua/olio posizionato vicino al carter motore, sul lato sinistro, e nascosto alla vista dal puntale inferiore.

A livello di ergonomia, la posizione di guida della Streetfighter si pone un passo avanti rispetto, ad esempio, al Monster S4RS, del quale ha raccolto simbolicamente il testimone, cercando di coniugare al meglio aspetti come sportività, comfort e controllo.

Per questo, la distanza tra il manubrio e la sella è adesso più corta, mentre è stata allungata quella tra le pedane e la sella, con quest’ultima dotata di un’imbottitura di 60 mm, contro i 40 della 1198.

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La Streetfighter in versione Base. Rispetto a quest’ultima, la S si differenzia per le sospensioni Öhlins al posto delle Showa, per i più leggeri cerchi Marchesini in alluminio forgiato anziché fuso, per il parafango anteriore e i copricinghie della distribuzione in fibra di carbonio, e soprattutto per il controllo della trazione e il sistema di acquisizione dati compresi nella dotazione di serie.

Tutta nuova pure la strumentazione, che fornisce in pratica la stessa notevole quantità di informazioni disponibili sulla 1198, compresa la predisposizione per il Ducati Traction Control e il Ducati Data Analyzer, ma risulta più compatta, oltre che perfettamente integrata con la parte anteriore del veicolo. Rimanendo in tema di impianto elettrico, nuovi sono anche i blocchetti elettrici sul manubrio, caratterizzati da un design moderno ed esclusivo, frutto di uno studio portato avanti dalla stessa Ducati, e da un diametro particolarmente ridotto.

Molto importante, poi, è stato il lavoro svolto in merito alla sistemazione di tutti quegli elementi, quali batteria, centralina, fusibili ecc, che sulla 1198 sono collocati sul lato sinistro del motore, ma che in assenza di carenatura, come nel caso della Streetfighter, andavano necessariamente nascosti.

Ecco dunque che il corto e appuntito codone ospita tutti questi componenti, ordinatamente disposti nel poco spazio disponibile.

Passando al motore, siamo di fronte a un mix tra la parte termica della 1098, compresi i corpi farfallati a sezione ovale con diametro equivalente di 60 mm, e il basamento della 1198, caratterizzato dalla fusione sottovuoto dei carter che permette di ridurne lo spessore e, di conseguenza, il peso.

Le prestazioni dichiarate prevedono 155 Cv di potenza massima e 11,7 Kgm di coppia, entrambe espresse a 9500 giri.

Il sistema di scarico è di tipo 2 in 1 in 2 e prevede tubi di grosso diametro (si passa da 58 a 63 mm) e due sonde Lambda (una per cilindro), oltre a essere dotato di valvola parzializzatrice nell’intersezione tra i collettori.

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Sopra: la dotazione di serie prevede, in entrambe le versioni, la presenza dell’ammortizzatore di sterzo. Notare anche come il manubrio sia posto in avanti rispetto agli steli della forcella. Sotto: il forcellone della Streetfighter è più lungo di 35 mm rispetto a quello della 1198 grazie a una diversa conformazione della parte anteriore, ottenuta per fusione.

La frizione è a secco, per la gioia dei ducatisti affezionati a questa caratteristica tecnica, ed è provvista di un nuovo coperchio in magnesio, così come inedita è la cover che protegge le cinghie di distribuzione.

La Streetfighter S (proposta a 18.700 Euro) si fregia invece di sospensioni Öhlins, cerchi Marchesini in alluminio forgiato e alcuni particolari in fibra di carbonio (che fanno scendere il peso a secco dai 169 Kg della Base fino a quota 167, vale a dire 10 Kg in meno rispetto al Monster S4RS), oltre soprattutto al fatto di disporre del DTC, il controllo della trazione, e del DDA, il sistema di acquisizione dati, di serie.

Con questo biglietto da visita, dunque, la Streetfighter si pone come il veicolo più stretto e leggero della sua categoria. Una nicchia di mercato assai competitiva, per la quale Ducati ha pianificato una produzione di circa 6000 esemplari, suddivisa in egual percentuale tra la versione S (disponibile rossa e nera) e la Base (rossa e bianca).

Ducati Streetfighter: come va

Prima ancora di salire in sella alla Streetfighter, si rimane colpiti dalla compattezza dimensionale di questa moto, che è decisamente molto più piccola di come appare in foto.

Una volta a bordo, poi, la situazione è ulteriormente accentuata, tanto che nella zona di congiunzione tra sella e serbatoio, la moto è larga praticamente quanto la testa del cilindro verticale!

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Almeno per quanto percepito in pista, il motore non mette in crisi il pilota e il merito non è solo del controllo della trazione, ma dell’erogazione stessa del bicilindrico da 155 Cv e della geometria conservativa da parte della ciclistica.

L’impostazione, poi, è effettivamente più comoda che sul Monster, anche se i piloti più bassi, probabilmente lamenteranno ancora una distanza troppo grande tra la sella e il manubrio.

In realtà, questo aspetto è dovuto al forte carico che i tecnici Ducati hanno voluto dare alla ruota davanti. La distribuzione statica dei pesi è già a favore dell’avantreno, con il 51% della massa del veicolo che insiste sull’asse anteriore e il 49% su quello posteriore, ma una volta a bordo il pilota incrementa ulteriormente tale valore, grazie al serbatoio più corto rispetto alla 1198.

Allo stesso modo, le pedane non risultano particolarmente alte e le ginocchia di chi guida si flettono ragionevolmente, senza che ciò vada a scapito della luce a terra.

A parte qualche sporadico contatto con l’asfalto da parte della leva del cambio (che però era stata abbassata su nostra richiesta) e della parte bassa del puntale sotto al radiatore, con la Streetfighter è possibile piegare senza problemi fino al limite, tutt’altro che irrilevante, offerto dalle coperture di primo equipaggiamento, le Pirelli Diablo Corsa III.

Ci si ritrova dunque con il busto leggermente inclinato in avanti e le braccia adeguatamente piegate a raggiungere il non troppo largo e non troppo alto manubrio attraverso un’impugnatura che fornisce una piacevole sensazione di controllo, cui si aggiunge un adeguato spazio per muoversi con il bacino e attuare gli spostamenti che la guida in pista richiede.

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Gli angoli di inclinazione raggiungibili sono molto interessanti e non devono fare i conti con eccessivi problemi di luce a terra. Notare inoltre come la sezione frontale del veicolo sia particolarmente stretta, a vantaggio della centralizzazione delle masse.

Quando si comincia a prendere un certo ritmo, infatti, arriva la prima sorpresa: la Streefighter asseconda i comandi impartiti dal pilota con grande precisione e, soprattutto, con una stabilità assolutamente sconosciuta al Monster S4RS.

Per usare una frase a effetto, la nuova naked Ducati fa quello che le si dice di fare e dove la si mette sta!

Gli interventi operati sulla geometria di sterzo si fanno sentire sotto forma di grande rigore direzionale, che permette di disegnare traiettorie impeccabili, accompagnato da un inserimento in curva rapido ed efficace, purché effettuato senza intervenire sull’impianto frenante anteriore.

In tal caso, infatti, la Streetfighter non trasmette più la confidenza necessaria per rischiare una discesa in piega forzata verso il punto di corda.

Ciò dipende probabilmente dalla particolare geometria di sterzo, oltre che dalla risposta abbastanza aggressiva da parte dei dischi e delle pinze Brembo, per le quali, a maggior ragione su strada, è senz’altro consigliabile la sostituzione dei materiali d’attrito con quelli, meno irruenti, che Ducati stessa propone come optional.

La seconda sorpresa, invece, arriva in uscita di curva: anche intervenendo con estrema decisione sulla manopola destra, si scopre come il motore abbia una risposta meno travolgente del previsto e che il livello di trazione offerto dal retrotreno sia non uno, ma due scalini sopra quello del vecchio Monster a quattro valvole.

A determinare questo comportamento non è tanto l’intervento (peraltro poco invasivo, come già sperimentato sulla 1198) del controllo della trazione, quanto piuttosto l‘importante misura dell’interasse e le caratteristiche stesse di erogazione del bicilindrico a quattro valvole che, perdendo 5 Cv rispetto alla 1098, ha guadagnato un temperamento più civile.

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La trazione in uscita di curva è ottima: si può spalancare il gas a moto piegata e, senza che entri in funzione il DTC, non si rischia di mettersi la moto per cappello!

A dimostrazione di ciò c’è il fatto che, anche spingendo forte, la Streetfighter si impenna molto meno della 1098, nonostante, così a colpo d’occhio, verrebbe da supporre il contrario!

Rimarranno forse delusi gli smanettoni incalliti, ma ringrazieranno sicuramente quelli che in moto ci vanno anche senza cercare i numeri a tutti i costi. Del resto, se per numeri si intende un mezzo in grado di spuntare tempi sul giro di rilievo, la supernaked Ducati non si fa trovare impreparata.

Nonostante si dimostri piacevolmente sfruttabile senza mettere in crisi il pilota, la Streetfighter di strada ne fa tanta! Basta guardare il tachimetro nei tratti più veloci di un tracciato come l’Ascari Circuit per rendersene conto.

Grazie anche all’ottimo lavoro svolto dal collaudatore della Desmosedici, Vittoriano Guareschi, che ha curato il settaggio delle sospensioni delle moto utilizzate in Spagna, questo modello è capace di affrontare curvoni da quarta marcia in piena accelerazione, a velocità già abbondantemente superiori ai 200 Km/h, senza battere ciglio!

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Sul veloce, la Streetfighter si dimostra efficacissima, assecondata da una precisione direzionale che le permette di seguire la traiettoria impostata dal pilota con grande sicurezza.

Fino a 10.700 giri, soglia in corrispondenza della quale interviene il limitatore elettronico, il Testastretta Evoluzione spinge con grandissima regolarità, mettendo in evidenza una curva di coppia pressoché piatta, perfettamente supportata dalla proverbiale efficienza del cambio Ducati, anche se la sua rapportatura appare decisamente troppo lunga nell’ottica di un utilizzo su strada.

Semmai, rimanendo in termini di trasmissione, stona l’assenza della frizione antisaltellamento, non certo drammatica ai fini pratici ma comunque difficile da giustificare in relazione al prezzo d’acquisto, quanto meno per quanto riguarda la versione S.

La Streetfighter ha comunque il pregio di non essere particolarmente affaticante nella guida, il che dovrebbe garantirle doti apprezzabili anche fuori dalla pista.

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La versione equipaggiata con gli accessori Ducati Performance, tra cui spiccano i terminali di scarico Termignoni in fibra di carbonio e la frizione antisaltellamento con coperchio semiaperto.

Una volta valutata la sua natura tutt’altro che estrema, infatti, si è fatta largo la convinzione che gli uomini del Reparto di Ricerca e Sviluppo Ducati siano riusciti a realizzare un mezzo altrettanto e forse ancor più a suo agio su strada.

Il compito era tutt’altro che facile, quindi, in attesa di verifica diretta, un grosso plauso lo meritano di sicuro.

Foto Milagro

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