Ducati Monster 1100: prova su strada 2

Ducati Monster 1100: prova su strada 2

Su strada è una goduria grazie alla ciclistica agile e al motore generoso, da fermo sa come catturare l’attenzione. E la saga continua…

Bene ha fatto la Ducati a rinnovare la gamma Monster con la sola motorizzazione a due valvole, delegando il compito delle prestazioni estreme alla Streetfighter, che verrà presentata a breve.

Dopo un ulteriore test seguito a quello dello scorso ottobre, in occasione del lancio ufficiale, ci siamo definitivamente convinti che nella sua massima cilindrata disponibile questo modello offra il meglio di sé.

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

Non ce ne vogliano gli smanettoni, ma secondo noi, per divertirsi, oltre che andare forte su strada, 95 cavalli bastano e avanzano, soprattutto quando sono accompagnati da una coppia (10,5 Kgm a soli 6000 giri), paragonabile a quella di una 999 ultima versione in allestimento Base.

Il segreto, infatti, sta tutto qui, nel modo in cui vengono erogate le prestazioni, e non siamo certo noi i primi a scoprirlo.

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Il colpo d’occhio non lascia dubbi: è sempre un Monster, ma decisamente più al passo con i tempi. Il 1100 denota una maturità progettuale notevole, sopperendo di fatto all’eventualità di una versione a 4 valvole.

Sono anni che Ducati evolve il suo bicilindrico raffreddato ad aria. Uno sviluppo che ha portato a realizzare un propulsore più che soddisfacente per la guida in strada.

Se a questo, poi, si aggiunge una ciclistica agile, leggera e ben bilanciata, ecco che ne viene fuori una moto con caratteristiche tali per cui è davvero difficile, se si ha la giusta confidenza, starle davanti sul misto di una strada di montagna.

Sono queste, infatti, le caratteristiche peculiari del Monster, che continuano a manifestarsi in questa versione sotto una luce ancor più definita. Gli interventi operati per migliorare il progetto originale, lungamente aggiornato, sono sicuramente andati nella direzione giusta.

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Il bicilindrico della nuda bolognese ha mantenuto la frizione a secco.

Bastano pochi chilometri in sella alla nuova versione per rendersene conto. La moto appare subito più compatta, maneggevole e rigorosa nel suo comportamento, con una sensazione di ergonomia assolutamente sconosciuta al precedente modello.

Merito della posizione di guida che ha visto ridurre la distanza sella-manubrio, in modo da determinare una minore inclinazione in avanti del busto.

Le pedane, invece, sono più alte e arretrate, scongiurando così gli imbarazzanti problemi di luce a terra che la naked bolognese ha sempre avuto fin dalla prima versione.

Parallelamente, anche l’angolo di sterzata ha fatto dei passi in avanti e adesso non servono più manovre “da circo” per fare un’inversione a U.

A consentire questo miglioramento sono state le prese d’aria ricavate nella parte anteriore del serbatoio che, oltre a favorire la “respirazione” della cassa filtro, altrimenti penalizzata, permettono alle estremità del manubrio di sfruttare fino all’ultimo millimetro disponibile della sua corsa senza interferenze di sorta.

Quest’ultimo è dotato di ottimi comandi di tipo radiale con tanto di leve regolabili (gli stessi che equipaggiavano la 999), mentre quelli azionati a pedale, ovvero il cambio e il freno posteriore, sono fissi. L’unico appunto in merito alla sistemazione a bordo riguarda la sella, un po’ troppo inclinata in avanti, che spinge il bacino del pilota a contrasto con il serbatoio, ma questo, forse, è un problema che noteranno solo i conducenti maschi!

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Le linee del nuovo Monster rispettano pienamente la tradizione di questo modello, nonostante siano stati introdotti soluzioni e concetti di grande modernità, come il telaio a struttura mista, parte in tubi e parte in alluminio fuso.

Quel che conta, però, è che, nonostante la moto sia stata soggetta a numerosi cambiamenti, che la rendono di fatto un altro Monster rispetto a prima, è rimasta immediatamente riconoscibile come tale e questo era un compito tutt’altro che facile per il Centro Stile Ducati, visto che, in tanti anni, le linee tracciate da Miguel Galluzzi nel lontano 1992 si erano trasformate in una vera a propria icona.

E’ impossibile, invece, scambiare questa nuova versione per un modello che non sia il Monster, anche se la mano che l’ha disegnata non è la stessa.

Ciò si può affermare con maggiore sicurezza adesso che sono passati quasi dodici mesi dal lancio del Monster 696, che ha inaugurato questo secondo capitolo nella storia della Ducati più venduta dopo il Cucciolo.

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L’ammortizzatore agisce sul forcellone senza leveraggi.

Il 1100 ribadisce il concetto mettendo a supporto di quanto di buono già visto, e provato, sulla sorellina minore, un aspetto più adulto, frutto di un’altezza del veicolo maggiorata complessivamente di 40 mm, e soprattutto una base tecnica solida, affidabile e performante.

Monster 1100: come va

Il Monster 1100 è un mezzo sul quale ormai difficilmente si riesce a trovare un aspetto dinamico che non va.

Se si esclude la scarsa protezione aerodinamica, caratteristica tuttavia fisiologica delle naked, questa nuova versione si fa apprezzare quasi a 360°.

Tutt’altro che a disagio nel traffico cittadino, grazie a un comando della frizione finalmente più morbido, il 1100 può contare su un’erogazione che al di sotto dei 3000 giri consente di viaggiare tranquilli tra le macchine incolonnate, per poi spalancare completamente il gas, senza la minima esitazione da parte del bicilindrico a doppia accensione non appena la strada si fa libera.

Quando questo succede, è bene stringere le ginocchia intorno al serbatoio e tenersi forte al manubrio, perché la spinta è davvero notevole.

Inutile dire che, nelle marce più basse, le impennate sono all’ordine del giorno, ma non per questo l’avantreno pecca di instabilità, anzi.

 
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Il misto è il suo pane quotidiano. La ciclistica svelta ma stabile e il motore con tanta coppia a disposizione confermano il Monster 1100 al top per quanto riguarda i passi e le strade di montagna.

L’impressione è che il nuovo Monster tenga fede alla tradizione della Casa di Borgo Panigale che vuole mezzi stabili come su un binario, pur se a prezzo di una taratura un po’ troppo rigida delle sospensioni: in effetti, è questo il caso del 1100.

Come già avevamo avuto modo di notare in occasione del lancio a Cannes, per un utilizzo non particolarmente esasperato su strada la forcella può essere ammorbidita a livello di freni idraulici con risultati apprezzabili, mentre il mono può essere lasciato anche così com’è.

Un’altra modifica che può tornare utile agli utenti non molto alti è quella di ruotare all’indietro il manubrio per ridurre ulteriormente la distanza tra quest’ultimo e la sella, in modo da ottenere una posizione di guida ancora più eretta e, di conseguenza, più comoda. In termini di efficacia, comunque, il Monster ha guadagnato tanto, nel senso che ancora più diretta è la connessione tra la manopola del gas e la ruota posteriore. La tendenza a “sedersi” in accelerazione che aveva la precedente versione è infatti sparita, ma a tal proposito occorre stare attenti a non esagerare: se prima, infatti, il retrotreno entrava in crisi più facilmente, ma in modo progressivo, il nuovo modello ha un potenziale sicuramente più alto a livello di trazione e, proprio in virtù del suo maggior rigore ciclistico, denota reazioni più rapide.

Perciò, se non si ha la dovuta esperienza, è bene non lasciarsi prendere troppo dall’entusiasmo, almeno all’inizio, perché il 1100 ha un limite dinamico molto elevato ed esegue alla lettera i comandi che riceve.

In relazione a ciò, va detto che la frenata è assolutamente proporzionata alle caratteristiche del mezzo. Non troppo aggressivo, l’impianto anteriore trasmette infatti un rassicurante senso di controllo e permette di gestire gli spazi d’arresto con poco sforzo, sia quando c’è da dosare la potenza disponibile sia laddove, invece, vada richiamata tutta.

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La posizione di guida vede adesso una minore distanza tra sella e manubrio.

Buono è anche il contributo dell’impianto posteriore che, a un comando meno legnoso di quanto non fosse quello della serie precedente, abbina un feedback costante fino all’eventuale bloccaggio della ruota.

L’esemplare in prova era gommato con i Bridgestone Battlax BT016R e dobbiamo dire che le coperture giapponesi si sono comportate abbastanza bene in relazione al clima piuttosto rigido con il quale si è svolto il test, rispetto al gran caldo che aveva caratterizzato il lancio in Francia, dove era viceversa emerso qualche limite a livello di grip.

Di sicuro, il loro profilo si sposa con le rinnovate caratteristiche di maneggevolezza della ciclistica, tali da far sembrare il 1100 molto più piccolo, a livello di cubatura, di quanto non sia.

Poi, però, ogni qualvolta si ruota con decisione la manopola del gas, il cupo ruggito sotto al serbatoio, accompagnato da un sensibile apporto di vibrazioni, è lì a ricordare che il Monster non è solo una moto da esibire al bar, ma anche un mezzo che sa fare sul serio.

Pertanto, apprezzabile è il lavoro che è stato fatto per tradurre tutto ciò in un prodotto che rispetti gli standard qualitativi odierni e, a tal proposito, vanno citati gli specchietti retrovisori, finalmente capaci di offrire una visibilità accettabile con un look adeguato.

Anche la strumentazione digitale è un esempio di questa filosofia: compatta, moderna e ricca di informazioni, pur se la generosità del propulsore rende quasi del tutto superflua la consultazione del contagiri, dotato peraltro di un led che segnala di passare al rapporto successivo.

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Leggibile e dal look moderno la strumentazione a cristalli liquidi.

Chi conosce i bicilindrici Ducati a due valvole, infatti, sa bene che per andare forte non occorre insistere fino al limitatore in ogni singola marcia, ma basta cambiare a orecchio, in modo da sfruttare al meglio la curva di coppia, affidandosi a una ciclistica svelta e sincera nell’affrontare le curve.

Fare tutto questo con il Monster è un vero piacere.

Foto Snap Shot

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