Ducati Monster 696: operazione riuscita?

Ducati Monster 696: operazione riuscita?

Con il Monster 696, Ducati ha cercato di dare nuova linfa ad un modello che era rimasto sostanzialmente invariato per 12 anni. Un’operazione non completamente riuscita.

Quando Ducati nel 2008 decise di dare una svolta al prodotto Monster, la situazione per questo prodotto simbolo per la Casa italiana non era semplice: infatti, erano ben 15 anni che il modello, in tutte le sue varie declinazioni, risultava pressoché immutato, sempre caratterizzato dalla solita inconfondibile linea. Nonostante al tempo avesse già raggiunto l’invidiabile meta dei 200.000 esemplari venduti, il Monster soffriva le performance dei prodotti concorrenti nella sua specifica nicchia di mercato, quello delle naked.

Immagine sostanzialmente immutata dal 1992

Era insomma giunto il momento di dotarlo di migliori prestazioni e di una nuova linea estetica: pensiamo, infatti, che dal 1992, anno della sua presentazione al salone di Colonia, serbatoio e faro, i due elementi caratteristici del suo design, erano rimasti praticamente immutati.

Claudio Domenicali, al tempo Direttore Generale Prodotto Ducati, ebbe proprio questo incarico, insieme a quello di ridare a Ducati una supersportiva che fosse più in linea con la storia del marchio, processo che si concluse con la realizzazione della 1098.

Diverso il compito per il Monster, in cui viceversa serviva qualcosa di nuovo, di rottura con il passato: ecco, quindi, che nasce il 696, una moto a cui venne richiesto, per l’appunto, il raggiungimento di due obiettivi apparentemente in contrasto fra di loro: da una parte rimanere indiscutibilmente Monster, tanto da poter essere riconosciuto come tale pur in assenza di loghi, dall’altra quella di rinnovare in modo forte il suo design.

Per quanto riguarda l’aspetto dinamico, invece, l’obiettivo era quello di realizzare un veicolo ancora più agile e facile da usare, facendo leva principalmente sull’alleggerimento generale. 

Infine, le prestazioni: anche in questo caso si voleva spostare in alto l’asticella, soprattutto per rispondere al meglio alla concorrenza.

Insomma, lo studio e la realizzazione del 696 richiesero un grande impegno, con la necessaria integrazione fra i designer del Centro Stile interno e gli ingegneri dell’Area Tecnica, in quanto ogni singola parte del progetto doveva rispondere  a concetti di funzionalità, alleggerimento e piacere di guida.

Simbolo principale di questo difficile  processo fu senz’altro il serbatoio, diverso nello stile rispetto al precedente, ma anche dotato di significativi vantaggi pratici, come l’aumento della sua capacità, pur risultando più corto in senso longitudinale. 

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Il serbatoio ha la capacità di 15 litri: quello che al primo sguardo appare come una soluzione tradizionale, è in effetti un rivestimento del vero serbatoio e dell’airbox. Questa soluzione permette di sostituire più facilmente ed economicamente i pezzi in caso di danneggiamento, come anche di cambiarne il colore. Le prese d’aria sono disegnate sulla copertura in plastica del serbatoio non solo per alimentare il nuovo airbox da 10 litri, ma anche per ricavare uno spazio per il manubrio nella posizione di fine corsa.

Interessante poi l’idea delle sue cover intercambiabili, che facilitavano la personalizzazione, così come la presenza di due vistose prese d’aria anteriori che, al di là della loro funzione legata all’alimentazione dell’airbox, permisero anche di aumentare l’angolo di sterzata fino a 32°.

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LE NOVITA’ DEL MONSTER 696

Altro elemento distintivo del nuovo Monster fu senz’altro il suo telaio, dove la struttura in tubi in acciaio si combinò con un telaietto posteriore fuso in lega d’alluminio, ispirato a quello della Desmosedici di allora. Sul fronte delle sospensioni, ecco una forcella Showa (dotata di bellissimi piedini ad attacco radiale in stile 848) con steli rovesciati da 43 millimetri e 120 millimetri di corsa, e un mono Sachs regolabile nel precarico della molla e nel ritorno idraulico. 

Anche il forcellone era completamente nuovo, in sintonia con la manifattura della struttura reggisella, così come le piastre di sterzo, definite con il duplice intento di risparmiare peso e ottenere componenti distintivi, in linea con il look della moto.

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Ecco il confronto fra il 695 e il 696, ovvero fra lo stile tradizionale del Monster e quello nuovo che intendeva aprire una nuova fase nella storia di questo modello. Oggi pare abbastanza evidente come la linea del 695 sia più equilibrata e armoniosa, ma al tempo la nuova proposta del 696 segnò un interessante sviluppo per un prodotto sul mercato da oltre 15 anni.

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Sul fronte delle quote ciclistiche, il 696 aveva un interasse di 1450 mm, un’inclinazione del cannotto di sterzo pari a 24°, cui corrispondono 96 mm di avancorsa. 

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Il 696 è dotato di nuove piastre forcella che, per il caratteristico design, vengono definite ad “ali di gabbiano”.

L’impianto frenante Brembo vedeva all’anteriore due dischi flottanti da 320 millimetri, abbinati a pinze radiali a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’era un disco di 245 millimetri frenato da una pinza a due pistoncini: in pratica, l’impianto anteriore era lo stesso di quella della coeva 848, fatta eccezione per i materiali d’attrito e la pompa al manubrio. 

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Frenata d’eccezione per il 696, grazie ai due dischi flottanti da 320 millimetri abbinati a pinze radiali a quattro pistoncini.

Pregevoli e leggeri i cerchi in lega d’alluminio a tre razze: la ruota anteriore era equipaggiata con gomma da 120/60ZR 17 mentre la posteriore con uno pneumatico 160/60ZR 17.

Addio faro Monster

La 696 introdusse la scomparsa del tradizionale faro Monster in favore di un proiettore a tripla parabola, inediti specchietti retrovisori, ora bassi, lisci e aerodinamici, e un impianto di scarico completamente rivisto nelle dimensioni e nel collocamento, dotato di 2 sonde Lambda che gestivano in modo autonomo l’alimentazione di ogni singolo cilindro. 

Ad accrescere la ricchezza della dotazione ci pensò anche la strumentazione digitale retroilluminata e multifunzione, un bel passo in avanti rispetto al primo cruscotto a cui mancava perfino il contagiri

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Dimensioni ridotte per il nuovo faro, comunque dotato di un fascio di luce ampio e profondo; la strumentazione interamente digitale fornisce tantissime informazioni utili, un vero e proprio “computer di bordo”.

Insomma, il 696 si presentò agli occhi degli appassionati come un prodotto effettivamente nuovo, sia per concezione che per stile: su quest’ultimo aspetto, con il senno di poi, però non possiamo che continuare a preferire la linea classica del primo Monster, molto più piacevole e lineare nelle forme rispetto a quelle complesse e non sempre omogenee del 696: ma qui, ovviamente siamo nel campo delle opinioni personali!

Il dato di fatto reale, invece, fu che il nuovo Monster offriva un livello qualitativo e una cura dei dettagli superiore al 695 (che rimase comunque in listino ancora per tutto il 2008), con un peso complessivo del veicolo pari a 161 Kg a secco (7 in meno rispetto al “vecchio” modello). 

Ugualmente apprezzabile il lavoro dedicato all’inserimento del pilota nel veicolo, con la riduzione della distanza tra la fine del serbatoio e il manubrio, e i 15 mm di spugna in più all’imbottitura della sella, fra l’altro alta solo 770 millimetri da terra; un dato che, insieme alla potenza non esagerata (ma era prevista anche una versione depotenziata) e alla facilità di appoggiare entrambi i piedi a terra, lo rendeva particolarmente adatto all’utenza femminile.

IL MOTORE DEL MONSTER 696

L’anima del nuovo Monster 696, vale a dire il bicilindrico Desmodue raffreddato ad aria di analoga cilindrata, fu oggetto di un rilevante sviluppo in merito alla sua gestione elettronica, tanto che poteva raggiungere gli 80 Cv, ben 7 Cv in più rispetto al 695, con 7 Kgm di coppia a 7750 giri

L’incremento di prestazioni fu ottenuto anche grazie a un affinamento del layout delle termiche, con una configurazione analoga a quella del propulsore 1100 che equipaggiava i modelli Multistrada e Hypermotard. L’alesaggio e la corsa rimasero invariati rispetto al 695: 88 mm per il primo e 57,2 mm per la seconda, ma il diametro delle valvole passò da 43 a 44 mm per l’aspirazione e da 38 a 38,5 per lo scarico. 

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Diversi gli upgrade effettuati sul motore, il classico due valvole Desmo che da sempre equipaggia il Monster.

A livello di trasmissione, infine, il propulsore manteneva la già collaudata frizione APTC, con funzione antisaltellamento, in grado anche di ridurre il carico da applicare alla leva per il suo azionamento.

Il Monster 696 fu commercializzato in due versioni: la Base, disponibile a 7850 Euro, e la Plus, accessoriata con un piccolo cupolino e con il coprisella, per la quale occorrevano 400 Euro in più. 

 

Monster Art

Il Monster è il modello che da sempre stimola di più la fantasia di preparatori e proprietari, probabilmente proprio per la sua linea così classica ed essenziale, una specie di tela su cui è facile aggiungere colori e nuove forme.

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Livrea Pantah, con finitura grigia ed
elementi angolari rossi e blu sul serbatoio.

In questo senso, Ducati non è voluta essere da meno delle varie aziende di prodotti aftermarket, realizzando un progetto, denominato Monster Art,  capace di offrire interessanti proposte per enfatizzare il potenziale della moto.

Colour Therapy è stato il primo episodio di Monster Art presentato dalla casa di Borgo Panigale, con il quale offrì ben 10 nuove tonalità per la famiglia Monster. 

Inedite colorazioni che potevano essere scelte al momento dell’acquisto del Monster 696, oppure acquistate in seguito con un kit composto da cover serbatoio, parafango, cupolino e coprisella.

A questa prima iniziativa fece seguito, nel 2011, l’operazione “Logomania”, una collezione che ripercorreva l’evoluzione del marchio Ducati negli ultimi 50 anni.

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Ducati Mach 1, livrea rossa e bianca con il logo Ducati Meccanica – Livrea Ducati Corse – IOM78, in memoria di Mike Hailwood
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Imola 72, in onore della vittoria alla 200 Miglia – Ducati Sport 100, livrea in blu e argento – Livrea Darmah, in nero e oro

COME VA IL 696

Bastano pochi metri per accorgersi come, rispetto al Monster 695, il 696 sia davvero superiore a livello di maneggevolezza: questo è sicuramente merito del suo cospicuo alleggerimento, ma anche della sensazione di una moto più piccola e compatta. 

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Rispetto ai modelli precedenti, il 696 offriva una nuova posizione di guida che aveva l’obiettivo di un miglior controllo nella guida e di un maggior comfort. Per il passeggero, sotto la sella, erano posizionate due comode e robuste maniglie. Nella vista dall’alto, si nota come il serbatoio sia molto rastremato nei fianchi: questo per facilitare l’appoggio di entrambi i piedi a terra. Dato caratteristico di questo versione, poi, il suo peso particolarmente ridotto: il peso a secco è infatti di solo 161 chili.

Diversa anche la posizione di guida, con il busto del pilota decisamente più eretto, così da affaticare meno le braccia e gestire meglio le manovre alle basse velocità.

Un paio di difetti: pedane e sella

Gli unici appunti alla posizione di guida riguardano l’ingombro delle staffe delle pedane del passeggero, che costringono chi guida a mantenere i talloni più esterni del dovuto, e l’eccessiva inclinazione in avanti da parte della sella che, pur essendo rivestita con materiale antiscivolo, tende ugualmente a “spingere” il bacino del pilota verso il serbatoio.

Passando al motore, la sua erogazione è fluida e progressiva, tanto che si possono tranquillamente mantenere regimi tra i 2000 e i 4000 giri in città senza avvertire la minima irregolarità.

Se invece si decide di aumentare l’andatura, il V-twin made in Borgo Panigale cambia decisamente registro: l’ascesa verso la parte alta del contagiri è infatti caratterizzata da una tonalità di scarico più acuta, accompagnata da una spinta che conferma l’aumento di prestazioni dichiarato. 

Buona risposta del motore a regimi medio-alti

Per sfruttare al massimo le sue doti di accelerazione occorre però mantenere il motore sempre al di sopra dei 6000 giri, altrimenti, ci si ritrova con il gas spalancato e il motore che impiega un po’ di tempo per arrivare nella parte favorevole della curva di coppia. 

E’ normale che sia così, vista la cilindrata relativamente contenuta e l’alta potenza specifica; così come sul modello precedente, però, la rapportatura di serie molto lunga non aiuta in tal senso.

Tra l’altro, il 696 non invita certo a mantenere velocità di crociera particolarmente elevate, vista la scarsa protezione aerodinamica, pertanto qualche dente in più alla corona sarebbe senza dubbio una modifica da prendere in considerazione

Il suo terreno preferito è ovviamente il misto stretto: in tale frangente, l’agilità della ciclistica, l’ottima frenata e la grinta del motore agli alti regimi emergono in tutta la loro piacevolezza, tant’è che, quasi senza rendersene conto, si arriva ben presto a saggiare i limiti offerti dalla luce a terra, leggi stivali che toccano l’asfalto, e quelli garantiti dagli pneumatici di primo equipaggiamento, gli onesti Bridgestone BT 56.

In staccata, poi, i due grossi dischi anteriori fanno egregiamente il loro lavoro: l’impianto è infatti molto modulabile, il che gli consente di essere utilizzato con uguale soddisfazione sia nella guida sportiva che in città. 

Un po’ rumoroso risulta invece il disco posteriore, anche se la sua efficacia non presta il fianco a critiche di sorta, (a differenza di quello della Scrambler Café Racer che abbiamo provato recentemente) tenendo anche in considerazione l’ottimo lavoro svolto dalla frizione antisaltellamento

Nel complesso, dunque, si tratta di una moto estremamente facile da usare, la cui unica pecca, oltre alla fisiologica carenza di coppia in basso, consiste in una taratura delle sospensioni, in particolar modo la forcella, “inutilmente” rigida

Il setting di serie si apprezza infatti solo spingendo molto forte e sui fondi particolarmente lisci; fra l’altro, in questo frangente, si ha come la sensazione che la moto vada caricata ancora un po’ di più sulla ruota anteriore per rendere al 100% a livello di geometrie, ciononostante il lavoro delle sospensioni non porge il fianco a particolari critiche.

L’EVOLUZIONE DEL MONSTER 696

Il 696 ha avuto una carriera abbastanza lunga, che terminò solo nel 2014 con la scomparsa dal listino Ducati dei Monster a due valvole.

Qui di seguito riportiamo le principali variazioni sul tema che hanno interessato questo modello nei vari anni: iniziamo con il 2010 che vide l’inserimento in gamma della versione dotata del sistema ABS: per la prima volta Ducati adotta sulla famiglia Monster questo importante sistema di sicurezza.  Altra novità è la presenza dei nuovi paracalore, posizionati lateralmente sui silenziatori dell’impianto di scarico, dal nuovo design e dalla forma allungata rispetto ai precedenti, e i nuovi carter motore, più leggeri di ben 1.2 kg rispetto ai precedenti. 

Inoltre, furono adottate leve freno e frizione regolabili in 4 diverse posizioni.

Interessanti anche le modifiche avvenute nel 2011, con l’arrivo di un manubrio rialzato di 20 mm, con l’evidente scopo di migliorare il comfort del pilota, e di un nuovo telaietto posteriore in grado di ospitare le maniglie passeggero (fornite però come optional). 

In quell’anno, arrivano anche due nuove colorazioni: dark stealth e stone white, tonalità abbinate al manubrio cromato opaco. Novità anche sul fronte della ciclistica, con la scelta di una forcella Marzocchi da 43 mm: modifica che dura poco perché l’anno successivo si cambia ancora fornitore con Kayaba.

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Ecco i tre colori con il quale il 696 fu presentato sul mercato: bianco perla, nero dark e rosso Ducati; nei primi due casi, il telaio è nero, nel terzo è di colore rosso: Dal 2011, il Monster 696 sarà disponibile in rosso, con telaio rosso e cerchi ruota neri, oppure in due nuove colorazioni definite dark stealth e stone white anch’esse abbinate a telaio nero opaco e cerchi ruota neri.

Nel 2013, il Monster compie vent’anni, logico quindi che arrivi la versione 20th Anniversary che vede l’abbinamento tra il rosso delle parti verniciate e il color bronzo del telaio, con le pinze freno e le flange dischi freno di colore oro. Il supporto faro è cromato, mentre il forcellone posteriore, le piastre e i piedini della forcella anteriore sono di color grigio.

La sella richiama la fattura di quella del primo Monster, così come gli specchietti retrovisori. Nel 2014 nessuna novità per un modello che si avvia, così, l’anno successivo, ad uscire definitivamente dal listino Ducati.

CONCLUSIONI

Forse il 696 non ha mantenuto appieno le sue promesse e non è riuscito a rivitalizzare il marchio Monster, compito sicuramente difficile, a cui si preferì in seguito ovviare con le robuste dosi di cavalleria offerte dai motori quattro valvole; si tratta comunque di un prodotto ben realizzato, anche se le sue linee oggi appaiono un po’ datate, soprattutto se a confronto con l’intramontabile stile del Monster prima maniera.

Rimane comunque un modello ancora appetibile, interessante per le sue doti dinamiche, anche se a fronte di un motore un po’ scarico ai bassi regimi: niente comunque che possa dispiacere il neofita o chi semplicemente è alla ricerca di una moto affidabile e divertente, oltre che economica: sul mercato dell’usato, infatti, non è difficile trovare esemplari interessanti offerti a prezzi che vanno dai 4000 Euro in su.

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Il Monster 696 è stato oggetto di ripetuti test da parte nostra: il primo direttamente in occasione del lancio stampa che avvenne a Barcellona; il secondo, affidandolo alle cure di Anna Vannetti, valente motociclista come dimostra la piega niente male di questa foto!; la terza come sparring partner del Monster 1100 in occasione di un lungo viaggio in Italia centrale.

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