Ducati Monster 1100 Evo

Ducati Monster 1100 Evo

L’idea alla base di questa novità era quella di proporre al pubblico una moto stilisticamente più moderna, più facile da guidare e, al tempo stesso, più performante.

Nel marzo 2011 arriva sul mercato la versione Evo del pur valido 1100 (prima disponibile sia nella versione Base che S, quest’ultima dotata di sospensioni Öhlins): l’idea alla base di questa novità era quella di proporre al pubblico una moto stilisticamente più moderna, più facildisplaye da guidare e, al tempo stesso, più performante.

Il 1100 Evo, di conseguenza, andava a concludere la gamma della famiglia Monster disponibile sul mercato in quell’anno, formata anche dalle versioni 696 e 796, disponibili sia nelle versioni standard che dotate di ABS.

L’evoluzione cui fa riferimento il nome di questo Monster partiva innanzitutto dal bicilindrico a due valvole con raffreddamento ad aria: si tratta, infatti, della versione più potente mai installata su una Ducati di serie per l’epoca, con 100 Cv a 7500 giri (5 in più rispetto alla precedente versione) e 10,6 Kgm di coppia a 5750 giri (vale a dire 250 giri in meno del precedente 1100). 

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La strumentazione del Monster Evo è abbastanza essenziale, ma è interamente digitale e permette di avere sotto controllo i dati principali del mezzo: infatti, il display funge da quadro comandi per l’attivazione del Ducati Traction Control a quattro livelli che fa parte del Ducati Safety Pack.

La cilindrata effettiva è di 1078 cc, frutto di misure pari a 98 mm di alesaggio e 71,5 mm di corsa.

Gli obiettivi che ci eravamo posti – ci raccontò al tempo Giuseppe Caprara, l’ingegnere responsabile del progetto – consistevano nell’aumentare la sportività del mezzo, perché essendo la versione più prestazionale delle tre disponibili doveva esaltare questo aspetto, pur rimanendo nell’ambito naked. Per questo abbiamo installato il nuovo Desmodue 1100 Evo che, grazie a un diverso layout degli impianti di aspirazione e scarico, ci ha permesso di raggiungere il tetto dei 100 Cv come potenza massima. Mi preme sottolineare come sia la prima volta che otteniamo questo risultato con un motore a due valvole”.

Il bicilindrico della serie Evo, rispetto alla versione precedente, aveva però l’accensione con una sola candela per cilindro: “Questa scelta serve a semplificare l’impostazione generale del motore. – confermò Caprara – In questo modo, abbiamo una lavorazione delle teste meno complicata e un numero minore di componenti aggiuntivi da associare al propulsore”. 

Questo determinò la realizzazione di una nuova camera di combustione, oltre a condotti dal diverso profilo e a un diagramma di distribuzione che prevedeva un’alzata maggiore delle valvole. 

Nuovi erano anche i pistoni, per un più elevato rapporto di compressione (11,3:1), e il volano, che derivava da quello della 848 (più leggero).

Sempre per motivi di leggerezza (la moto pesava solo 169 Kg a secco), il basamento fu ottenuto attraverso la tecnologia Vacural (pressofusione sottovuoto), che consente di ridurre lo spessore delle pareti. 

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Queste le due versioni in cui è sempre stato disponibile l’Evo. Tratto estetico caratteristico, oltre alla fascia racing su serbatoio e codone, il doppio terminale di scarico, posizionato in basso sulla destra del veicolo; in modo diverso, quindi, rispetto a 696 e 796, in cui si sviluppano sotto la sella. Il retrotreno beneficiò anche di un nuovo portatarga con luce a led, che contribuì a snellire la parte posteriore della moto, così come le pedane del passeggero finalmente svincolate da quelle del pilota.

Un’altra importante novità riguardò la frizione, ora in bagno d’olio, e con funzione antisaltellamento

Il nuovo impianto di scarico, anziché svilupparsi sotto la sella, come avveniva su 696 e 796, aveva un layout di tipo 2 in 1 in 2, con i collettori e il doppio terminale sul lato destro.

Ne consegue che il look del 1100 Evo colpisce nel segno, con un retrotreno più aggressivo e snello rispetto a prima, proprio grazie al doppio terminale sovrapposto, che richiama il layout già visto sulla serie S2R e S4R.

Vi è poi un nuovo portatarga con luce a led, nuove pedane del passeggero, ora ancorate al telaietto reggisella invece che integrate con quelle del conducente.

Molte modifiche interessarono la zona di guida: il manubrio è più alto di 2 cm rispetto al 1100, mentre la sella (posta a 810 mm di altezza, contro gli 800 mm del 796 e i 790 mm del 696) fu ridisegnata e presentava una doppia cucitura rossa.

Il 1100 Evo si caratterizzava poi per la finitura color champagne dei foderi della nuova forcella Marzocchi, completamente regolabile e con steli da 43 mm, mentre il forcellone monobraccio in alluminio agiva su un ammortizzatore Sachs regolabile soltanto in estensione e precarico molla. 

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La fascia bianca percorre tutta la parte superiore del Monster. La presenza dell’Abs (e della relativa centralina) influisce sulla capacità del serbatoio, che contiene 13,5 litri (di cui 3,5 di riserva), anziché i 15 litri del precedente 1100 nelle versioni prive di questo dispositivo.

Nuovi sono anche i cerchi a 10 razze, entrambi da 17“, mentre l’impianto frenante era composto da una coppia di dischi anteriori da 320 mm, con pinze a quattro pistoncini e attacco radiale, e da un disco posteriore da 245 mm con pinza a due pistoncini. 

L’Abs Brembo-Bosch è di serie e faceva parte del Ducati Safety Pack, nel quale era compreso il controllo di trazione regolabile su quattro livelli (contro gli otto dei modelli più sofisticati) e accessibile dal blocchetto elettronico posto a sinistra e visualizzato sulla strumentazione digitale: “Abbiamo preferito avere quattro livelli – fu il commento in proposito di Caprara – perché la moto ha un utilizzo diverso rispetto a quelle che ne hanno otto. Il Monster, infatti, è un po’ più fruibile a livello di guida urbana ed extraurbana, quindi non ha bisogno di un range così ampio di regolazione. In ogni caso, non si tratta di un DTC meno evoluto rispetto agli altri: il principio di funzionamento è esattamente lo stesso”.

Invariate, invece, le principali quote ciclistiche, con un interasse di 1450 mm, cannotto di sterzo inclinato di 24° e avancorsa pari a 87 mm; una ricetta cui corrispondono angoli di piega fino a 46°, stando a quanto dichiarava la stessa Ducati, grazie anche agli pneumatici Pirelli Diablo Rosso II, previsti nelle tradizionali misure di 120/70 e 180/55.

 

Il motore del Ducati Monster 1100 Evo

Il motore Desmodue Evoluzione da 1100 cc, pur con lo stesso alesaggio e corsa del motore della precedente versione, propose diverse migliorie che consentirono di incrementare la potenza portandola a 100 Cv a 7500 giri/min con 10,5 kgm di coppia a 6000 giri/min, esaltando l’erogazione lungo l’intero arco, dai bassi regimi fin quando si attiva il limitatore dei giri. 

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L’incremento di potenza fu un risultato dovuto non soltanto al nuovo gruppo albero motore alleggerito, ma anche all’evoluzione della parte termica del motore: nella testa fu migliorata l’efficienza di raffreddamento mediante la riprogettazione del circuito dell’olio, mentre i condotti di aspirazione furono ridisegnati e la camera di combustione ebbe una conformazione modificata per ottimizzare il rendimento del motore. 

Quest’efficienza fu il risultato di un rapporto di compressione più elevato (portato da 10.7 a 11.3:1) e del passaggio all’accensione a singola candela per cilindro, gestita dall’elettronica di controllo motore Siemens ad alta velocità. 

Per fornire un’alimentazione adeguata al rapporto di compressione maggiorato, le curve di alzata valvole furono modificate per ottenere maggiori alzate massimizzando il rendimento volumetrico.

Il Monster 1100 Evo utilizzava una nuova frizione Aptc, progettata in versione a bagno d’olio appositamente per questo motore, con funzione ‘antisaltellamento’ e un ridottissimo sforzo alla leva.

L’impianto di scarico fu riprogettato, con diametro dei tubi invariato, ma con un ‘giro’ di tipo 2-1-2 completamente nuovo per massimizzare la potenza e migliorare l’efficienza di erogazione.

COME VA

Appena saliti in sella si apprezza subito la compattezza del mezzo: il manubrio, le pedane e il piano di seduta risultano ben posizionati e trasmettono una sensazione di sicurezza e controllo, sia nelle manovre a bassa velocità che nella guida più sportiva. L’unico appunto, nel primo caso, è per l’angolo di sterzata un po’ limitato, mentre molto valido è il comportamento della frizione, morbida e precisa negli innesti; lo stesso discorso vale per il cambio.

Un po’ rigida in città, ben settata nel misto

Per l’uso in città, comunque, si nota come le sospensioni siano caratterizzate da una taratura un po’ troppo rigida; per apprezzarne le qualità, quindi, conviene imboccare una statale dove subito si può valutare come la forcella sostenga bene anche le frenate più impegnative, mentre l’ammortizzatore garantisce il grip necessario al retrotreno. Il Monster 1100 Evo, quindi, rispetta le caratteristiche di una vera Ducati: una moto agile e al tempo stesso rigorosa, veloce nell’ingresso in curva, rapida nella percorrenza e stabile sul veloce. Gli angoli di piega consentiti sono di poco inferiori a quelli di una vera supersportiva e il merito è anche delle ottime Pirelli Diablo Rosso II bimescola di primo equipaggiamento.
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La posizione di guida è inclinata in avanti, anche se meno rispetto alla versione precedente; allo stesso modo, anche il manubrio dà la sensazione di essere ancora leggermente troppo basso, nonostante sia stato rialzato di 20 mm: forse qualche altro centimetro in più non avrebbe guastato. Comunque, non dobbiamo certo dimenticare l’indole sportiva di questo Monster, a suo agio quando il gioco si fa duro!
 Il punto di forza del pacchetto, comunque, è senz’altro il motore che richiede, per sfruttare al meglio le sue doti, di cambiare attorno ai 7000 giri indicati, anche se volendo è possibile insistere per altri 1000 giri prima dell’intervento del limitatore. Certo, trattandosi di un bicilindrico a due valvole di grossa cilindrata, ai bassissimi regimi vi è qualche sussulto di troppo. Resta il fatto che il bicilindrico Ducati due valvole rimanga uno dei più godibili e validi propulsori per equipaggiare una sportiva stradale!

Ottimo è anche il funzionamento del DTC, che al primo livello agisce solo in casi estremi, permettendo anche ai più esperti di divertirsi, mentre al secondo livello il suo intervento è già più netto e quindi indicato per chi abbia meno esperienza; al terzo e quarto livello, invece, il contributo del controllo della trazione è perfino eccessivo.

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L’ergonomia del 1100 Evo fu rivista, ridisegnando la sella e rialzando il manubrio di 20 mm. Notevole il lavoro anche per la riduzione del peso complessivo, operazione che permise di fermare l’ago della bilancia a 169 Kg (peso a secco), un dato che la pose al vertice della categoria. Tutto ciò si tradusse in una moto molto maneggevole, divertente grazie alla notevole coppia del motore, nonché efficace grazie a una ciclistica di qualità. In tal senso, da sottolineare la rigidità e
funzionalità del telaio a traliccio in tubi d’acciaio che si abbina, nella parte posteriore, con il telaietto in alluminio.

La rapportatura del cambio è buona fino alla quinta marcia, mentre la sesta è decisamente troppo lunga, visto che, una volta inserita, il motore fatica a salire di giri.

La guida è poi agevolata dal peso piuma della moto, considerati i suoi 169 Kg dichiarati a secco: pertanto, questo Monster 1100 Evo dà il meglio di sé nelle curve a medio raggio, dove è bene adottare traiettorie pulite e rotonde, facendolo scorrere a centro curva: così, infatti, oltre ad andare più forte, si sfruttano maggiormente le caratteristiche del mezzo.

Ottimo l’Abs, semplicemente perfetto nelle frenate al limite o in quelle di emergenza, dove mantiene accettabile il livello di stabilità evitando il bloccaggio delle ruote.

Sul fronte del comfort, il piccolo cupolino non fa miracoli, ma se non altro assicura un minimo riparo aerodinamico almeno fino alle velocità previste dal codice della strada, autostrada esclusa.

Il Monster 1100 Evo al tempo costava 11.690 Euro chiavi in mano ed era disponibile in due versioni: rosso, con telaio dello stesso colore e fascia centrale bianca, oppure nero, con telaio grigio e fascia grigia, entrambe con cerchi neri. Nota distintiva è appunto la striscia in stile Corse che attraversa longitudinalmente la moto dal parafango anteriore al coprisella passeggero.

 in listino fino al 2013, quando fu sostituito dalla versione 1200, spinta dal propulsore quattro valvole. Nella sua breve carriera non subì modifiche o upgrade di sorta, a parte le due versioni speciali che arrivarono nel suo ultimo anno di produzione: da una parte, l’Anniversary, per festeggiare i 20 anni del fenomeno Monster, dall’altro il Diesel, prodotto in sinergia con il famoso marchio di abbigliamento.

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Il Monster Diesel fu il risultato della diretta collaborazione tra Renzo Rosso, fondatore del marchio Diesel, e il Ducati Design Center. Inoltre, sempre nel 2013, per celebrare i 20 anni del Monster, Ducati ne propose una speciale edizione: il Monster 20th Anniversary. “Ducati 1986” è il nome del font storico utilizzato sul coprisella passeggero e sul serbatoio.
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L’Anniversary si distingueva per la livrea, in versione “classica” con colorazione rosso Ducati abbinata al telaio color bronzo, e alcuni dettagli, tra i quali un nuovo design degli specchietti retrovisori e del copri sella del passeggero.

Il Monster Diesel, invece, come sosteneva la cartella stampa Ducati dell’epoca, rappresentava “…l’essenza del più esclusivo stile italiano, combinando la ‘moto icona nella categoria naked’ con la più attuale tra le tendenze della moda: l’urban military chic”.

Il 1100 Evo, comunque, è stato uno dei Monster a due valvole più divertenti e sicuri, grazie alla presenza dell’Abs e del controllo della trazione; anche la sua cavalleria è ottimale per divertirsi in qualsiasi situazione e anche oggi resta una più che valida soluzione per gli amanti del genere naked: fra l’altro, una scelta anche economicamente felice, visto che è facile trovare sul mercato modelli in buone condizioni già a partire dai 6000 Euro.

Foto Archivio Mondo Ducati e Ducati

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