Ducati Diavel: pareri sulla nuova tentazione diabolica

Ducati Diavel: pareri sulla nuova tentazione diabolica

Alcuni addetti ai lavori dicono la loro sull’ultima nata in Casa Ducati, in attesa dell’imminente presentazione alla stampa internazionale.

Se escludiamo il passaggio di Valentino Rossi alla Ducati, la novità più importante del 2011 in ambito desmodromico è senza dubbio l’introduzione del Diavel (che verrà presentato ufficialmente all’inizio di febbraio) nel listino della Casa di Borgo Panigale.

Un modello decisamente fuori dagli schemi del Marchio bolognese (anche se in passato qualche sporadico tentativo in ambito custom c’è comunque stato), cui si affida il compito di attirare nuovi clienti, non necessariamente legati al mondo sportivo e, soprattutto, al mercato italiano.

Non è un segreto, infatti, che questa tipologia di moto sia particolarmente apprezzata nel Nord America, ma la dirigenza Ducati non esclude che il Diavel possa riscuotere un notevole successo anche tra i motociclisti europei, che nel passato hanno dimostrato di apprezzare molto questa tipologia di moto. Nel frattempo, però, dall’azienda emiliana non trapelano molte informazioni in più rispetto a quelle diramate attraverso la cartella stampa.

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Il cuore del Diavel è costituito dal bicilindrico a quattro valvole della serie Testastretta evoluzione, capace di erogare ben 162 Cv di potenza massima pur se coadiuvato dall’ausilio di tanta elettronica.

Si parla dunque di una potenza massima pari a 162 Cv, valore tuttavia “addomesticabile” grazie all’uso dell’elettronica e dei relativi Riding Mode già visti sulla Multistrada 1200 (anche se in questo caso non è previsto il sistema DES, Ducati Electronic Suspension). Il peso a secco di 210 Kg (207 nella versione Carbon) e la gommatura posteriore da 240 mm rappresentano gli altri “numeri chiave” di un mezzo che, come detto, non incarna sicuramente la classica Ducati sportiva. Certo, il telaio a traliccio e il bicilindrico a L sono rimasti, ma l’impostazione di guida è tutta nuova, con connotati mai visti prima.

Così, in attesa di toccare con mano le doti di questa muscolosa cruiser, abbiamo cercato di capire meglio quelle che sono le impressioni suscitate nell’ambiente motociclistico interpellando alcuni personaggi rappresentativi. Gente che di moto se ne intende e che lavora in questo mondo da diversi anni, durante i quali ha avuto la possibilità di osservare da vicino lo sviluppo della gamma Ducati.

Uno tra questi è Sergio Robbiano, di professione designer, cui si devono i bozzetti che hanno portato alla realizzazione, per mano del grande Massimo Tamburini, dell’eterna 916: “Per usare una similitudine, – commenta Robbiano – mi verrebbe da dire che il Diavel è come la classica ragazza simpatica. In poche parole, non mi ha entusiasmato. Premetto che più di una volta, nella mia carriera, ho avuto una prima impressione negativa e l’oggetto del mio giudizio si è poi rivelato un successo clamoroso! Pertanto, non dico di essere convinto di aver ragione, anzi, in un certo senso spero addirittura di sbagliarmi e che il Diavel rappresenti una scelta azzeccata, ma al momento questa è la mia opinione.

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Sergio Robbiano, genovese, designer. E’ colui che, con i suoi disegni, ha contribuito alla realizzazione della 916 da parte di Tamburini.

Robbiano è rimasto abbastanza sorpreso dal fatto che la Casa di Borgo Panigale, apprezzata per la sua tradizione sportiva, abbia presentato una “comoda” custom. “Non mi sarei mai aspettato una moto del genere e, da questo punto di vista, devo fare i miei complimenti a Ducati, per il coraggio che ha avuto nel proporre un prodotto così nuovo. In un’azienda come questa bisogna saper andare sempre avanti e gli uomini che ci lavorano hanno dimostrato di saperlo fare.”

Il designer genovese non ha invece dubbi circa la tipologia di cliente che andrà ad acquistare il Diavel: “Mi sembra evidente il fatto che sia destinata al pubblico americano, – spiega – ma non è da escludersi, tuttavia, che si possa vendere bene anche in Europa. A tal proposito, mi viene in mente l’esempio della Yamaha TDM. Quando uscì, all’inizio degli anni Ottanta, ricordo di aver pensato che ne avrebbero vendute pochissime, invece ha totalizzato numeri notevoli, aprendo un nuovo filone che prosegue ancora adesso.

Secondo Robbiano, allargando i confini dell’argomento, il fatto che Ducati proponga una custom anziché una sportiva è indice di una crisi che non riguarda solo i modelli carenati, ma tutto il settore in generale: “In questi ultimi venticinque anni non c’è stato ricambio generazionale. Le moto rappresentano la mia passione e il mio lavoro, ma vedo che sono sempre di meno le persone che la pensano come me e, soprattutto, che sono disposte a fare dei sacrifici, anche economici, per andare in moto. Qualsiasi giovane della mia generazione ambiva ad avere il primo motorino, mentre oggi la situazione è cambiata, vuoi anche per tutta una serie di regole e divieti molto più rigidi, in alcuni casi giustamente, rispetto a prima. Oggi, chi elabora una moto, e quindi spende dei soldi per una passione, è quasi equiparato a un delinquente. Di questo passo, quindi, è normale che si faccia fatica a trovare nuovi prodotti da vendere.

Sergio ammette onestamente come il Diavel non gli sia piaciuto, dunque, pur riconoscendogli la possibilità di diventare una sorta di cavallo di Troia che consenta a Ducati di insediarsi in un settore completamente nuovo: “Glielo auguro vivamente, anche perché, da italiano, non posso che fare il tifo per una nostra azienda che ha la forza di fare certe scelte.

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Infine, interrogato in merito a certi dettagli estetici, quali ad esempio le pedane e la maniglia del passeggero “a scomparsa”, frutto di un design particolarmente ricercato, Robbiano si esprime in questi termini: “Si tratta di soluzioni apprezzabili, ma che non mi sembrano poi così innovative. Per dare un giudizio definitivo, comunque, bisognerebbe vederle dal vivo.

La parola passa a Ferruccio Codutti che, per chi non lo sapesse, rappresenta una sorta di autentico “sarto” delle moto, visto che confeziona splendide special modellando artigianalmente l’alluminio.

Anche Codutti premette di non essere ancora riuscito a vedere il Diavel da vicino, ma di averlo osservato solo in foto o su internet. La sua prima impressione, comunque, è stata abbastanza positiva: “Si tratta di una moto molto particolare, per certi versi anomala rispetto agli standard Ducati. Il risultato è per la maggior parte buono, anche se alcune zone, come quella anteriore, risultano esteticamente un po’ troppo pesanti. La parte posteriore, invece, è senza dubbio quella più riuscita. Se consideriamo comunque il fatto che il motore Testastretta Evoluzione non è stato progettato per essere lasciato in bella vista, dato che a corredo comprende numerosi elementi difficili da nascondere, direi che è stato fatto un buon lavoro.

Anche con Codutti affrontiamo poi l’argomento circa la tipologia di clienti che potranno trovare nel Diavel la loro moto ideale: “Di sicuro non saranno i ducatisti duri e puri, – dice lo specialista friulano – che solitamente apprezzano le sportive, siano esse stradali o addirittura da pista. E’ difficile da dire, ma secondo me il Diavel potrebbe incontrare il favore di chi è indeciso tra l’acquisto di una Harley-Davidson e quello di una Bmw. Due soggetti abbastanza particolari, ma proprio da questa indecisione potrebbero nascere dei nuovi ducatisti.

In merito ai dettagli che caratterizzano il design di questa Ducati, Codutti fa una considerazione: “Evidentemente avevo fatto qualcosa di buono anche io quando ho realizzato le prime pedane del passeggero pieghevoli! A parte queste, trovo molto belle le lavorazioni meccaniche che sono state operate sui cerchi e sulla flangiatura dei dischi anteriori, perché sono in sintonia con la tipologia di moto. Inoltre, mi è piaciuta molto anche la soluzione relativa alla targa, che sembra sospesa davanti alla ruota posteriore. Si tratta di un effetto non facile da ottenere.

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Codutti fa un’ultima considerazione sull’assortimento di livree proposto per il Diavel: “Penso che quella rossa con i fianchetti color alluminio non riscuoterà grande successo, per il semplice motivo che non si tratta di una moto da pista, dove il rosso rappresenta ormai un classico. Vedo molto bene, invece, quella tutta nera, che verrà apprezzata anche dai non ducatisti.

Un altro personaggio che abbiamo sentito per capire meglio quali siano state le prime impressioni a proposito del Diavel è Ascanio Rodorigo, padre della Vyrus, la bellissima fuoriserie con motore Ducati a due e a quattro valvole con ciclistica concettualmente analoga alla Bimota Tesi: “Purtroppo ancora non ho avuto l’opportunità di vedere la moto dal vivo. Tuttavia, dalle immagini che ho visto in giro, mi sembra molto bella. Di sicuro si tratta di un oggetto particolare, che ha richiesto una buona dose di coraggio. Nel settore custom, infatti, la concorrenza non manca. Al tempo stesso, però, sono convinto che chi parcheggerà il Diavel davanti a un locale farà parlare di sé, dal momento che rappresenta un prodotto cui non manca certo il carattere e che detiene un suo posizionamento filosofico. Per quanto riguarda il design, ci sono degli aspetti che non mi hanno convinto del tutto, come se mancasse qualcosa, ma si tratta di un giudizio soggettivo. Per quanto riguarda la progettazione, invece, si capisce che la moto è stata fatta con grande criterio e per questo risulta molto incisiva.

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Ascanio Rodorigo, padre della Vyrus, supersportiva motorizzata Ducati con ciclistica ispirata alla Bimota Tesi.

Il discorso si sposta quasi spontaneamente sulla condivisione o meno, da parte del talentuoso romagnolo, della scelta legata all’ingresso della Ducati nel settore custom: “E’ una strategia del tutto normale. Se ci guardiamo intorno, tutte le aziende del mondo cercano di occupare nuovi settori di mercato, in modo da ampliare la loro produzione. Ducati ha iniziato tanti anni fa con l’Elefant, ha continuato con la Multistrada, ha divagato con la Hypermotard e adesso si avventura di nuovo con il Diavel. Trovo che sia una scelta corretta. I ducatisti si stanno allargando e non sono più solo delle ‘bestie rare’, come accadeva ai tempi del Pantah! (sorride, ndr) Non poteva essere diversamente. E’ chiaro che il purista affezionato ai carburatori potrebbe anche inorridire vedendo una moto del genere. Ricordo che accadde lo stesso ai possessori della 851 quando uscì la 916! Il vero ducatista è attaccato alle tradizioni, ma il mondo va avanti e porta sempre con sé il cambiamento. Si tratta di una naturale evoluzione. Molti dei futuri clienti Ducati saranno persone che, pur desiderando un mezzo performante, utilizzano la moto in modo non esasperato e che fanno particolare attenzione all’ergonomia e al comfort.

Dai discorsi di Ascanio, viene da pensare che anche il mercato europeo possa dare una risposta positiva in merito alle vendite di questo modello: “Certamente. Basta dare un’occhiata ai numeri di immatricolazione dei modelli concorrenti. Sono convinto che il mercato tedesco sarà interessante, ma anche quello italiano. Poi, vale anche il detto: paese che vai, usanza che trovi, perciò penso che in Spagna, ad esempio, potrebbe esserci qualche difficoltà in più.

Andando nel particolare, Rodorigo si sofferma anche sui dettagli che abbiamo già analizzato con gli altri intervistati: “Come ho già detto, si vede come, nell’insieme, la moto sia stata disegnata da chi sa fare il suo mestiere. Da un punto di vista formale, perciò, lo stile e il design sono molto curati. L’unico appunto che potrei fare riguarda lo scarico che, forse, assomiglia un po’ troppo a quello della Yamaha Vmax. Per il resto, ogni particolare denota grande originalità, come appunto le pedane del passeggero piegabili e il maniglione posteriore a scomparsa. Direi che negli ultimi anni, Ducati ha sempre realizzato moto con un’estetica che rispecchia abbastanza bene quello che è il comportamento del mezzo stesso.

Dalle parole di Ascanio traspare evidente la sua stessa curiosità nel vedere quale sarà il destino del Diavel da qui a qualche mese, tant’è che ci è venuto spontaneo chiedergli se abbia mai preso in considerazione l’idea di realizzare una Vyrus con queste caratteristiche. “A dire la verità, ho in mente da circa un anno e mezzo un progetto simile, ma non è affatto facile da sviluppare! Pertanto dico che in Ducati sono stati molto bravi.

L’ultimo addetto ai lavori a dire la sua sulla nuova nata in Casa Ducati è Maurizio Vettor, giornalista della rivista Freeway Bike, specializzata proprio nel genere custom. “Il Diavel è senza dubbio la moto più custom che Ducati abbia mai realizzato. E’ la trasposizione moderna dell’antico concetto di streetfighter o, detta all’italiana, bruciasemafori. Una moto possente, muscolosa. Il design è particolare, ma senza risultare eccentrico. La vista posteriore è dominata dal poderoso gommone da 240 mm; quella anteriore dalla mascherina e dal faro grosso e allungato. Potrebbe essere l’arma giusta per combattere la regina della categoria, ovvero la Yamaha Vmax, anche grazie a un peso di soli 210 Kg.

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Maurizio Vettor, giornalista di “Freeway Bike”, rivista specializzata sul mondo custom.

Anche in questo caso, dunque, un giudizio generale che lascia presupporre un discreto successo, pur se con qualche riserva circa gli attuali estimatori del bicilindrico Desmo: “Il ducatista ritrova nel Diavel i concetti base della propria passione, – spiega Vettor – ovvero il telaio a traliccio e il bicilindrico
Testastretta che garantisce più di 160 Cv. Questo, però, non toglie che il  ducatista incallito potrebbe storcere il naso di fronte a una moto che, nonostante le dimensioni, il motore, la potenza e il design curato, piace ma non affascina. Non le mancherà nulla, ma forse non ha nemmeno la forza di osare!

Cerchiamo di approfondire meglio quest’ultima considerazione. In pratica, secondo Vettor, che è abituato a realizzazioni decisamente più estreme, il Diavel poteva calcare la mano ancora di più: “In effetti, sembra mancargli qualcosa, forse un po’ di carattere nei tratti somatici. – precisa – Lo stesso vale per le dimensioni: sulla carta promette divertimento nei tratti tortuosi, ma a colpo d’occhio, almeno in foto, dà l’impressione di essere voluminoso e un po’ appesantito. Insomma, sembra avere un interasse più adatto alle gare di accelerazione che alle curve di un passo di montagna. Ciò non significa comunque che questa moto non possa avere una sua identità precisa. Il manubrio, ad esempio, molto arretrato rispetto alla testa di sterzo, è tale da renderla una perfetta mutoide custom. Pertanto, penso che il Diavel rappresenti una scelta commerciale coraggiosa, che potrebbe aprire le porte a una nuova clientela e diffondere il Marchio in altri mercati, come quello americano.

Questo è quanto l’ultima nata in quel di Borgo Panigale ha saputo suscitare rimanendo ferma su un piedistallo in occasione dei vari saloni cui ha partecipato e grazie alle immagini circolate su internet. Nei prossimi articoli, però, potremo finalmente dirvi quali sono le nostre impressioni dopo averla vista dal vivo e toccata con mano durante la presentazione internazionale e, naturalmente, non vediamo l’ora.

Foto Milagro, Ulisse Donnini, Iesse Image

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