Prova Streetfighter V2, facile da amare

Prova Streetfighter V2, facile da amare

Come una Panigale V2 spogliata delle carene, ma con manubrio alto e 178 Kg di peso a secco. Più amichevole e tranquilla rispetto alla sorella maggiore V4!

A guardare la Streetfighter V2 da qualche metro di distanza viene il dubbio che sia meglio non avvicinarsi. Potrebbe darti un morso. Invece, nonostante l’aria da cannibale, è a portata di mano più di quanto potreste pensare.

Sembra una moto da macho e invece è “solo” una moto per divertirsi, da godere in tante situazioni diverse. I muscoli li ha, ma sono moderati da un carattere solare e non ti trascinerà mai in un braccio di ferro.

Fanale carenato che sembra un pungiglione, la gobba del serbatoio come la schiena inarcata di un bisonte e un nerboruto corpo centrale che sprizza forza e tecnologia.

Quelli del Centro Stile Ducati hanno fatto un lavoro spettacolare, sono riusciti a disegnare una silhouette che parla e trasmette un messaggio chiarissimo; forse indulgendo un po’ alle tendenze della moda, ma con una carica di grinta formidabile.

I tecnici hanno fatto il resto.

C’è la Panigale V2 “sotto”, eppure questa versione naked ha un’anima differente e riesce a mettere insieme il temperamento della bicilindrica supersportiva e le caratteristiche che servono per divorare le strade di montagna. È la giusta misura ed è stato divertente verificarlo nel tortuoso circuito di Monteblanco, in Andalusia: un unico anello d’asfalto raccoglie curve stradali e curvoni da pista, tratti veloci e tratti lenti, permettendo così di provare in tutte le situazioni una moto bifronte o, per meglio dire, versatile, capace di adattarsi un po’ a tutto.

Le linee taglienti riprese dalla Streetfighter V4 non mentono, la V2 ha carattere. Deriva dalla Panigale V2 e ne ha ereditato la parte tecnica, ma non è una Panigale svestita.

Molte cose sono cambiate, a partire dall’ergonomia. Il pilota sta più comodo sulla sella ampia e confortevole, con la maggiore leva che viene da un manubrio più largo e pedane più basse, ma non al punto di limitare le pieghe: le caratteristiche di guida non sono quelle di una Superbike, per cui quando si arriva a toccare sotto si è già a un livello che per divertirsi in pista basta e avanza.

Figuratevi su strada!

La dotazione elettronica che equipaggia lo Streetfighter V2 è la stessa della Panigale V2, con piattaforma inerziale IMU a sei assi che sovrintende tutti i controlli elettronici della moto: misura in tempo reale la posizione della moto nello spazio, inviando le informazioni alle centraline che gestiscono i controlli elettronici. I parametri di controllo di ciascun controllo sono associati ai tre
Riding Mode, che hanno un nome diverso rispetto a quelli della Panigale V2. In più, c’è il Riding Mode Wet con settaggi specifici per superfici a bassa aderenza. Sul fronte della sicurezza attiva, fondamentale la presenza dell’ABS con la funzionalità Cornering!

Il manubrio è più alto di quello della Streetfighter V4, una scelta dettata dal temperamento del motore: la quattro cilindri ha 208 Cv che sparano verso il cielo a ogni apertura dell’acceleratore, questa ne ha 153, che sono comunque tanti, ma non richiedono di caricare così avanti il peso del corpo.

Tanto più che sulla bicilindrica il forcellone è stato allungato di 16 mm rispetto a quello della Panigale V2 e pure questo ha portato peso sull’avantreno.

Così, nonostante sia “nuda”, ad alta velocità la moto non serpeggia anche senza l’effetto stabilizzante che verrebbe da una carenatura.

In questo sono di grande aiuto le ali, che non fanno parte della dotazione di serie, ma sono disponibili come optional e per l’uso in pista vengono consigliate.

L’effetto si sente, eccome!

Lo Streetfighter V2 è equipaggiato con un impianto anteriore interamente radiale (pinze e pompa) con pinze monoblocco M4.32 che agiscono su una coppia di dischi da 320 mm; le pastiglie sono però meno aggressive rispetto a quelle della Panigale V2 proprio in funzione dell’utilizzo stradale della moto

 Al motore Superquadro si infulcra il forcellone monobraccio posteriore, più lungo di 16 mm rispetto a quello della Panigale V2, una scelta a favore della stabilità, considerata l’assenza delle carene.

 

Durante la prova ho “tirato” una giornalista svedese un po’ impacciata e quando in piena velocità ho scartato per uscire dalla sua scia e ho tolto la mano indicandole di venirmi dietro, mi sono rimproverato dentro al casco: “Attento che adesso si balla! Stringi il manubrio che questa non ha la carenatura e incomincia a serpeggiare!”.

Invece la Streetfighter non ha fatto una piega.

Certo, la mancanza di protezione aerodinamica significa avvertire tutta la pressione dell’aria e se avete intenzione di fare parecchia autostrada la sentirete sui muscoli delle braccia e sugli addominali, d’altronde una naked è così: bellissima da vedere, grintosa, ma non c’è nemmeno un cupolino perché è una moto da “sparo”, da bar, da usare su strade tortuose. Per i lunghi viaggi è più adatta la Multistrada.

La solidità dell’avantreno è una delle caratteristiche che più si apprezzano di questa Streetfighter V2 e non ci sono controindicazioni: il carico sull’anteriore non significa pesantezza e la guida rimane agile, piacevole nello stretto e divertente in pista.

Si inserisce in traiettoria con naturalezza, si avverte l’appoggio sicuro della ruota anteriore e non c’è bisogno di lottare con il manubrio, che anzi proprio per la sua larghezza facilita le operazioni: si viaggia su un binario.

Sebbene non nasca per i circuiti, è una moto che permette di partecipare a qualche track day con soddisfazione e in quel frangente la sua precisione si apprezza ancora di più: se salti su un cordolo non serpeggia perché l’avantreno è molto fermo.

Nei curvoni è stabilissima, nelle chicane agile con i controlli elettronici che lavorano egregiamente.

Sulla ciclistica è stato fatto davvero un bel lavoro, l’impressione è che potrebbe gestire potenze maggiori.

La Streetfighter V2 in un colpo d’occhio

Colorazioni
Ducati Red con cerchi neri

Principali dotazioni di serie
Motore Superquadro da 955 cc omologato Euro 5
Silenziatore sotto motore con uscita singola laterale
Telaio Monoscocca in alluminio
Monobraccio posteriore in alluminio
Forcella Showa Big Piston Fork (BPF) da 43 mm, completamente regolabile
Ammortizzatore Sachs, completamente regolabile
Ammortizzatore di sterzo Sachs o Pacchetto elettronico con Inertial Measurement Unit a 6 assi (6D IMU): ABS Cornering EVO; Ducati Traction Control (DTC) EVO 2; Ducati Wheelie Control (DWC) EVO; Ducati Quick Shift up/down (DQS) EVO 2; Engine Brake Control (EBC) EVO
Riding Mode (Sport, Road, Wet)
Serbatoio in acciaio da 17 litri
Cruscotto full-TFT a colori da 4,3”
Proiettore full-LED con DRL
Configurazione biposto
Impianto frenante con pinze monoblocco Brembo M4.32
Pneumatici Pirelli Diablo Rosso IV con posteriore 180/60

Prezzo: 16.990 Euro

La parentela con la Panigale V2 in qualche modo viene fuori e un pilota che abbia un po’ di esperienza può dare del filo da torcere a moto ben più performanti. 153 Cv sono comunque una bella potenza e se si è capaci di sfruttarli tutti c’è da divertirsi.

Questa naked è strettamente derivata dalla supersportiva e ha praticamente la stessa ciclistica. Il motore viene impiegato come elemento strutturale e a esso è collegato il telaietto monoscocca anteriore che supporta il cannotto di sterzo e svolge anche la funzione di airbox; ugualmente è infulcrato direttamente nel motore il forcellone monobraccio posteriore.

Angolo di sterzo e avancorsa sono gli stessi, rispettivamente 24° e 94 mm, ma il forcellone è più lungo di 16 mm e l’interasse più lungo addirittura di 29 mm, mentre le altezze di avantreno e retrotreno e la nuova posizione di guida determinano una differente distribuzione dei pesi, cioè in definitiva un comportamento un po’ diverso, adeguato al tipo di impiego.

Ovviamente è cambiato anche il setting delle sospensioni, che sono le stesse, ma calibrate per questa moto.

Davanti c’è una forcella Showa Big Piston a steli rovesciati di 43 mm Ø regolabile nel freno idraulico in compressione, estensione e nel precarico molla; è completamente regolabile anche l’ammortizzatore Sachs montato lateralmente, a portata di mano per tutti gli interventi, sollecitato tramite un link progressivo.

Rispetto alla Panigale V2 le quote ciclistiche sono state riviste in funzione della destinazione stradale del mezzo; l’inclinazione del
cannotto è così di 24°, l’avancorsa è pari a 94 mm per un interasse di 1465 mm. Resta il fatto che la distribuzione dei pesi è quella di una moto sportiva, con il 52% del peso sull’anteriore e 48% sul posteriore. L’ammortizzatore montato lateralmente consente un rapido accesso a tutte le regolazioni, si tratta di un’unità Sachs completamente regolabile, così come la forcella Showa BPF da 43 mm.

Così come escono dal concessionario le sospensioni non sono settate per la pista ed è la scelta giusta; copiano bene le asperità e nella prima parte della corsa sono abbastanza morbide perché le strade statali non sono un biliardo; per questa uscita in circuito le tarature di forcella e ammortizzatore erano state modificate e se la sono cavata onorevolmente anche in questo frangente.

Peraltro, da buona Ducati, la Streetfigher V2 ha una elettronica avanzatissima che aiuta in tutte le situazioni.

È gestita da una piattaforma inerziale IMU che lavora su sei assi misurando in tempo reale la posizione della moto nello spazio e inviando le informazioni alle centraline.

L’ergonomia dello Streetfighter V2 mette al centro il pilota ed è focalizzata sull’utilizzo stradale con il giusto mix tra sportività e comfort. Il manubrio in alluminio alto e largo sostituisce i semimanubri della Panigale V2. La sella è più larga e ha una nuova imbottitura che la rende più confortevole, mentre le pedane sono state riposizionate per aumentare il comfort. La posizione di guida che deriva da queste modifiche consente al pilota un grande controllo nella guida sportiva, ma al tempo stesso di non affaticarsi nell’utilizzo quotidiano.

L’ABS Cornering EVO funziona molto bene e permette di portare la staccata fin dentro la curva senza timore che lo sterzo si chiuda; è a 3 livelli e al secondo permette il sollevamento della ruota posteriore e la derapata in ingresso di curva, mentre al numero 1 funziona soltanto sull’anteriore.

L’impianto frenante è lo stesso della Panigale V2: tutto Brembo, davanti pinze radiali monoblocco M4.32 e due dischi di 320 mm Ø, dietro un disco di 245 mm Ø e pinza a due pistoncini.

Però in Ducati hanno voluto pastiglie diverse, meno aggressive e hanno fatto bene: la frenata è comunque molto buona e molto pronta, è più adatta a una moto di questo tipo. Il Traction Control è l’EVO 2, predittivo, che ammorbidisce l’erogazione prima ancora che lo slittamento si verifichi e può essere impostato su otto livelli; ci sono anche il Wheelie Control e l’Engine Brake Control EVO per modulare il freno motore in base all’angolo di piega, così come lavora in base all’angolo di piega il Quick Shift EVO 2 bi-direzionale.

Tutti i parametri di funzionamento sono collegati ai tre Riding Mode e a questi sono associati a loro volta tre Power Mode: High con curva di coppia piena, Medium con curva di coppia addolcita, Low con potenza limitata.

Il motore ha una mappatura diversa da quella della Panigale e dà 2 Cv in meno, 153 contro 155.

Però la curva di potenza è più piena e il rapporto della trasmissione finale più corto di 2 denti (15/45 invece di 15/43), scelta che rende la moto molto bella nella guida in strada: sensibile al comando del gas e pronta nella risposta anche nelle curve in cui si scende molto di giri.

Streetfighter V4 SP

L’altra grande novità nella famiglia è lo Streetfighter V4 SP, la naked di Borgo Panigale più performante e cattiva, dotata di una dotazione tecnica che migliora il rapporto potenza/peso dello Streetfighter V4 S, rendendo così la moto ancora più efficace nella guida in pista, anche grazie alla presenza delle ali biplano.

Lo Streetfighter V4 SP ha una livrea dedicata e una dotazione tecnica di derivazione Superleggera V4 che porta il peso a solo 196 Kg in ordine di marcia (-3 Kg rispetto allo Streetfighter V4 S).

La moto è equipaggiata con cerchi a 5 razze sdoppiate in carbonio, più leggeri di 1,4 Kg rispetto a quelli forgiati in alluminio dello Streetfighter V4 S, capaci di ridurre il momento d’inerzia del 26% all’anteriore e del 46% al posteriore.

L’impianto frenate vede all’anteriore le pinze freno Brembo Stylema R, mentre le sospensioni sono le Öhlins Smart EC 2.0 regolate dal sistema “event based”, quindi il loro lavoro varia in base allo stile di guida del pilota.

Il cuore della moto è rappresentato dal Desmosedici Stradale da 1103 cc con 208 Cv capace di erogare una coppia di 123 Nm a 9500 giri/minuto. Su questo modello da notare come sia presente la frizione a secco STM-Evo Sbk, che garantisce una migliore funzione anti-saltellamento nelle scalate più aggressive. L’equipaggiamento si completa con le pedane regolabili in alluminio ricavate dal pieno, il parafango anteriore in carbonio, la batteria agli ioni di litio e da altri elementi utili a portare la moto in pista.

Del resto, questo sembra proprio la destinazione ideale di un modello così estremo, una soluzione interessante per chi cerchi una supernaked veloce, stabile, maneggevole, con una frenata straordinaria e una dotazione elettronica da supersportiva.

La livrea è quella definita come “Winter Test”, ovvero la stessa utilizzata da Ducati Corse per le moto MotoGP e SBK impiegate nei test precampionato. Molto bello l’accostamento fra il nero opaco delle sovrastrutture, i vari particolari in colore rosso e il serbatoio in alluminio spazzolato a vista.

C’è un’ottima connessione tra la manopola dell’acceleratore e la potenza trasmessa alla ruota posteriore.

Il motore ha una coppia robusta, ma la cosa non deve preoccupare perché con le nuove mappature l’erogazione dei bicilindrici è stata enormemente ammorbidita. Quelli vecchi erano cattivi, oggi il tiro c’è ancora, ma non è più scorbutico e la salita del motore è lineare.

Dà gusto nella guida perché c’è la potenza giusta a ogni regime, sale senza essere appuntito e puoi sfruttarlo fino in fondo. Una volta con propulsori analoghi gli ultimi giri non servivano a niente perché “facevano muro” e c’era un crollo di potenza, quindi bisognava cambiare presto. Qui da 6000 giri/min in su l’erogazione è piena e lo rimane fino a quando non interviene il limitatore, a 11.500.

Le coperture di primo equipaggiamento sono la ciliegina sulla torta: la Pirelli Diablo Rosso 4 è una gomma stradale che va molto bene anche in pista e anzi mi ha sorpreso per le sue prestazioni.

Non è uno pneumatico in mescola e quindi dopo qualche giro dà segni di fatica, ma resta comunque a un discreto livello. La pista di Monteblanco era chiusa da sei mesi per cui l’asfalto non era gommato e c’era poco grip, ma è una gomma molto prevedibile e anche quando scivola non è difficile controllare la sbandata, con l’aiuto di un’elettronica che funziona veramente bene. È una nuova gomma da promuovere a pieni voti.

Così, per tirare le somme, l’equilibrio di questa moto mi è proprio piaciuto: è la Streetfighter per tutti, ha la potenza giusta per una naked e per tutte le persone normali.

Certo, la sorella maggiore, la Streetfighter V4, stuzzica l’orgoglio con i suoi 208 Cv, ma è una belva e non tutti sono domatori.

Questa è più godibile, più equilibrata, più accessibile anche a chi non è un pilota di lungo corso. Più facile da amare.

Non si vive di sola adrenalina… 

 

foto di Alex Photo

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