Over the Top, una special nippo-italiana

Over the Top, una special nippo-italiana

Motore italiano, anzi bolognese, e telaio giapponese: un mix affascinante per una special unica.

Se ne stava sotto un telo, ferma non si sa da quanto, in quello che all’interno della fabbrica Ducati viene definito “l’ossario“, ovvero il luogo dove vengono conservati i prototipi, le moto mai andate in produzione o quelle oggetto di studio.

Poi, un bel giorno, è stata sottratta a un destino che l’avrebbe vista probabilmente rimanere lì ancora per molto tempo. Questa special ha una storia che parte da lontano e arriva fino a noi, sotto forma di una bellissima cafe racer. Acquistata dal reparto esperienze della Casa di Borgo Panigale verso la metà degli anni Novanta, dopo che gli australiani della Vee-Two ne avevano messo in mostra le doti sportive facendola correre in pista, questa supertwin con telaio della giapponese Over non aveva proseguito la sua “carriera” nell’ambito della produzione di serie a causa della scarsa accessibilità meccanica (sostituire le cinghie era praticamente un’impresa senza “tirare giù” il motore) e dell’impossibilità di installarvi un airbox con capacità accettabile per una moto stradale.

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Il look classicheggiante di questa special fa da contrasto alla sua notevole compattezza, dovuta alla presenza del telaio in tubi di alluminio a sezione ovale della giapponese Over.

Così è arrivato lo stop definitivo al progetto e questa bicilindrica tanto interessante quanto inadatta ai rigidi vincoli imposti dall’omologazione per circolare su strada è andata a finire sotto il telo di cui parlavamo all’inizio.

Oggi, invece, è una special che unisce concetti opposti: oriente e occidente, il mondo delle corse con quello delle special “da sparo”. Un connubio senza dubbio riuscito, sia dal punto di vista tecnico che da quello estetico, come conferma il tecnico che l’ha allestita, Giorgio Tedioli.

Il telaio di questa moto è caratterizzato da geometrie estreme, simili a quelle di una 250 da Gran Premio. Tutto è stato compattato affinché le dimensioni e i pesi risultassero contenuti. Per questo stesso motivo, tuttavia, non è stato facile allestire una moto stradale su questa base, perché le varie tolleranze e gli spazi a disposizione sono davvero minimi.

Uno dei problemi da risolvere, come detto, consisteva appunto nella scarsità di volume tra il serbatoio del carburante e l’impianto di alimentazione, tale da impedire l’installazione di un’adeguata scatola filtro. “Purtroppo, – spiega Tedioli – la soluzione ideale sarebbe stata quella di realizzare un serbatoio ad hoc e spostare gran parte dell’impianto elettrico sotto il codino. Solo così, infatti, era possibile ricavare lo spazio necessario per un airbox dignitoso, ma questo avrebbe richiesto un intervento troppo impegnativo, così l’ostacolo è stato aggirato installando dei singoli elementi filtranti su ogni carburatore.

L’impianto di iniezione elettronica con cui era equipaggiato in origine il bicilindrico Ducati a due valvole, infatti, è stato sostituito per motivi di semplificazione tecnica e, se vogliamo, anche perché, nostalgicamente parlando, lo stile cafe racer si addice molto di più ai classici carburatori.

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Il serbatoio in alluminio è, insieme al telaio, uno degli elementi di maggior pregio di questa moto. La verniciatura è stata realizzata in modo da lasciare in vista alcune porzioni di metallo sottostante. Le pedane in alluminio ricavato dal pieno sono anch’esse made in Japan. Il radiatore dotato di appositi convogliatori e il blocchetto di accensione.

Tornando alla ciclistica, invece, uno dei dati più significativi del telaio riguarda il peso, di soli 6,5 Kg contro gli oltre 10 Kg dell’originale. Tutto ciò, naturalmente, si ripercuote in modo positivo sia sul bilanciamento della moto che sulla guida stessa, garantendo una maneggevolezza superiore e, al tempo stesso, un maggior carico sull’avantreno, visto che la parte posteriore del telaio risulta cortissima e fa giusto da sostegno alla sella del pilota (del passeggero, ovviamente, neanche a parlarne!).

Un’altra particolarità della struttura in tubi d’alluminio della Over riguarda la sospensione posteriore, di tipo Cantilever, che prevede il forcellone originale della Super Sport (verniciato di nero opaco in modo da contrastare con gli altri elementi della ciclistica) e il monoammortizzatore avvitato al telaio, secondo uno schema che permette di variare facilmente la sua disposizione.

La forcella deriva da quella di una Sport Tourer di serie, così come l’impianto frenante e i cerchi. Il faro, che sulle prime potrebbe essere scambiato per il classico elemento circolare del Monster, proviene viceversa da una Guzzi.

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Il faro di derivazione Moto Guzzi.

Alla prima serie della celebre naked Ducati apparteneva semmai la strumentazione, priva di contagiri, che è stata comunque modificata a livello di inclinazione per ottimizzarne la visibilità rispetto al punto di osservazione del conducente.

Per quanto riguarda la posizione di guida, i manubri sono quelli della Super Sport, mentre le pedane (molto rialzate) fanno parte del kit messo a punto dalla Over insieme al telaio, che comprende anche il piccolo codino e il serbatoio del carburante.

Quest’ultimo è stato ottimamente verniciato dalla TP Design di Pierluigi Tagliagambe, con tanto di porzioni in alluminio lucidato a vista e loghi Ducati Meccanica vecchio stile replicati.

La moto ha attraversato varie fasi prima di arrivare alla forma attuale. – prosegue Tedioli – Si tratta di un mezzo molto valido sotto tanti punti di vista. La ciclistica è senza dubbio l’elemento che lo caratterizza di più, visto che il motore è di serie, ma trovo che anche il design risulti affascinante, così come certi dettagli. Pur essendo improntato all’essenzialità, infatti, non mancano piccoli particolari come la presa accendisigari sul lato destro, proveniente da una Cagiva Ala Rossa, per ricaricare la batteria, che altrimenti va rimossa, e la chiave a brugola fissata vicino al faro che serve a smontare la sella e il serbatoio in caso di emergenza. Inoltre, è stata riposta grande attenzione alla pulizia estetica, tant’è che sul telaio non compare neppure una fascetta, a differenza di quanto accade sul traliccio originale.

In effetti, anche se la special in questione non è certo tempestata di accessori da una ruota all’altra, osservandola bene è facile scorgere alcuni dettagli di pregio, gran parte dei quali provenienti dal magazzino dei fratelli Pirini di Gabettola, come il coperchio della frizione lucidato (che riprende la finitura del telaio, che al pari di quella del serbatoio è stata curata dallo specialista in custom e dragster Bruno Domenico, detto Mimmo) cannibalizzato niente meno che da una Mike Hailwood Evoluzione, la scultorea sportiva postclassica disegnata da Pierre Terblanche in onore del compianto pilota inglese.

Oltre a questo, troviamo il radiatore dell’olio maggiorato, di provenienza incerta, che impiega una speciale alettatura che convoglia l’aria sulla superficie radiante, in modo da aumentare ulteriormente il raffreddamento.

Rimanendo all’interno della famiglia Ducati, il parafango anteriore è stato “espiantato” da una ST2, al pari di quello posteriore, che però ha subìto un’accurata lavorazione, assumendo un aspetto decisamente più sportivo.

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Il piccolo codino in configurazione monoposto, con tanto di tabelle portanumero ai lati, conferisce particolare slancio al retrotreno, così come i due silenziatori di scarico rialzati.

Tedioli si è poi occupato di tutto ciò che riguarda il gruppo ottico posteriore, installando una piccola luce di stop rettangolare, perfettamente integrata con le forme del codino, e degli indicatori di direzione aftermarket altrettanto ridotti, fissati al supporto della targa.

Per il tecnico che ha allestito questa special, l’unico rimpianto, se così vogliamo chiamarlo, riguarda forse la destinazione esclusivamente stradale del mezzo: “In effetti, mi sarebbe piaciuto vedere come si comportava un telaio del genere in pista, perché sono sicuro che avrebbe potuto dare delle grandi soddisfazioni, almeno a giudicare dalla geometria di sterzo e dalle principali quote ciclistiche, che sono ancora più sportive rispetto alla già ottima SS di serie.

 

Foto Ulisse Donnini

 

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