Il giro del mondo: gli aneddoti di Giorgio Monetti

Il giro del mondo: gli aneddoti di Giorgio Monetti

Dietro un’incredibile avventura, un viaggio memorabile, c’è sempre una grande moto. In questo caso è la Ducati 175 a coppie coniche.

Nel settembre del 1957, da Borgo Panigale, partono Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti in sella alle loro Ducati 175 per quella che diventerà una delle più belle avventure dell’intera storia motociclistica: il giro del mondo.

Sull’argomento è stato scritto un bellissimo libro “Il Giro del Mondo di Tartarini e Monetti”, opera di Giuliano Musi, editore Minerva, che pensiamo debba essere una presenza d’obbligo nella libreria di ogni ducatista che si rispetti.

In questo articolo, torniamo sull’argomento parlando di un aspetto che, complice la personalità dei due protagonisti, è spesso passato un po’ in secondo piano, ovvero la moto.

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Grazie alla testimonianza diretta di Giorgio Monetti, quindi, facciamo una piccola raccolta di aneddoti che hanno proprio come oggetto le due piccole monocilindriche che seppero fare la loro parte in un viaggio di oltre 60.000 Km.

La preparazione

Furono numerosi i test effettuati da Monetti prima della partenza: si aggirava per Bologna e dintorni con la moto senza targa per valutare dove irrobustire il telaio, dove magari aggiungere una saldatura. Oggi potremmo dire che si sia trattato dell’evoluzione del modello originale, in realtà il tutto avveniva in modo assai semplice, con la collaborazione di qualche meccanico del reparto corse.

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Da queste foto risulta evidente l’importante opera di irrobustimento effettuata sul telaio della 175. In particolare, le generose dimensioni dei tubi del telaio di sostegno della valigie, che contribuirono sicuramente a sbilanciare l’assetto della moto. Per il resto, il motore è quello strettamente di serie, che si rivelò inaspettatamente affidabile.

La valigie

Per intraprendere un viaggio così lungo e complicato, era d’obbligo dotare la moto di capienti borse che fossero in grado di contenere, oltre agli effetti personali, anche una buona serie di ricambi. Al tempo, infatti, non esisteva certo il numero di concessionari e officine che sono diffuse in tutto il mondo come ai giorni nostri e anche la condizione delle strade era completamente diversa: ecco quindi che una serie di robuste valigie in metallo vennero montate sulla piccola Ducati.

Nei test che furono effettuati prima di partire, si evidenziarono subito i primi problemi dovuti al loro peso, tanto che Monetti addirittura cadde provando la moto a Bologna. Il loro peso era tale che in certe condizioni la ruota anteriore non toccava terra! Il problema si manifestò in tutta la sua gravità già nel primo giorno di viaggio, quando arrivando a Trieste, complice la Bora, fu subito chiaro come così fosse impossibile continuare.

La decisione fu presa: al primo grande magazzino i nostri acquistarono delle valigie di cartone, definite ovviamente “da emigranti”, con le quali proseguirono il viaggio. Una delle due montata sulla moto di Monetti è marcita, mentre quella verde che vedete nella foto è ancora quella originale.

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Questa è la valigia originale, in cartone, acquistata a Trieste per sostituire le pesanti valigie in metallo montate alla partenza. Incredibile non solo come abbia resistito a un viaggio così estenuante, ma anche a tutti questi anni trascorsi dal lontano 1957!

La sella

La storia legata alla scelta di questo componente fondamentale sembra quasi incredibile: i due stavano per partire, quando una zia di Monetti, che nonostante la veneranda età si era interessata all’impresa, esordì con un sorprendente: “Non vorrai mica partire con la sella che ha fatto la Ducati, non va bene! Dal concessionario Gilera di Bologna ho visto che ne hanno una con la molla bella lunga, vedrai che quella lì ti salva la schiena“.

In effetti, Monetti andò a vederla e si convinse della bontà del consiglio della zia, tanto che furono montate su entrambe le moto: avevano la caratteristica di avere la molla ammortizzante longitudinale, che funzionava con lo stesso concetto applicato ai forcelloni delle moto moderne, al contrario delle molle della sella originale poste perpendicolarmente sotto il piano di seduta.

Soluzione che comportava che queste andassero frequentemente “a pacco”, visto lo stato delle strade e le numerose buche, scaricando tutto il colpo sul fondo schiena del povero guidatore.

I ricambi

Un viaggio del genere richiede sicuramente di essere autosufficienti, quindi i due, come già detto, partirono con una bella serie di ricambi, come gli ingranaggi del cambio, un pistone, le coppie coniche, la frizione.

Qui si evidenziò un altro problema legato alle valigie montate in origine: le loro robuste pareti di metallo si comportarono come frullatore con le valvole e gli ingranaggi della coppia conica, distruggendo praticamente tutto. Anche in questo caso, la scelta delle valigie in cartone, si rivelò fondamentale.

Le scritte

Come avrete sicuramente notato dalle foto, la moto di Monetti è costellata di scritte che fanno riferimento ai luoghi visitati durante il viaggio. In realtà, questa abitudine iniziò solo in India, poi mano a mano che andavano avanti se ne aggiungevano di nuove, spesso ad opera dello stesso concessionario.

Le scritte aumentarono in modo esponenziale in Italia, quando arrivarono nell’agosto del 1958: i due furono gentilmente invitati da Ducati, a scopo promozionale, a non fermarsi a Borgo Panigale, ma a continuare il loro viaggio nel resto della penisola. In quell’occasione, tanti rivenditori locali vollero apporre un loro “ricordo” sulla moto!

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Affidabilità

La moto andava bene, non dava problemi, anche se era pesante e poco manovrabile. Nonostante la convinzione di entrambi che la 175 fosse poco affidabile, sotto questo aspetto si rivelò una bella sorpresa, tant’è che, secondo Monetti, nonostante l’enorme chilometraggio, l’olio fu cambiato una sola volta, limitandosi solo a frequenti rabbocchi.

La scarsa fiducia iniziale era dovuta al fatto che Ducati allora non aveva certo un gran nome; iniziava a fare i primi passi, e l’affidabilità non era esattamente il suo punto forte: c’era la diceria che con una Ducati potevi andare a Riccione da Bologna, ma non tornavi indietro! Probabilmente, proprio per sfatare questo luogo comune, Ducati sostenne l’impresa, spesando i due protagonisti e intestando loro le moto.

Fu senz’altro una scelta felice, anche perché all’epoca l’azienda vendeva pochissime moto all’estero, mentre in seguito, anche grazie all’opera di Monetti, che al suo ritorno divenne il responsabile dell’Uffico Estero, le vendite aumentarono in modo esponenziale: complice certo la conoscenza diretta di Monetti dei concessionari di mezzo mondo, ma anche per l’enorme eco che l’impresa aveva avuto sulla stampa di tutto il mondo.

La testimonianza

Racconta Enea Entati: “Ho portato entrambe le moto nella mia officina dopo un raduno a Varano e ho provato a metterle in moto dopo che erano rimaste ferme per forse più di una decina d’anni: ho pulito il carburatore, le puntine, caricata la batteria. Le moto sono partite subito e andavano ancora benissimo! Pensate che quella di Tartarini era stata lasciata fuori, sotto le intemperie, per tutti quegli anni!“.

Il guasto

La moto andò seriamente in difficoltà solo sulle Ande, dove partendo dal livello del mare, nel giro di solo 300 Km, si arrivava a più di 5000 metri, viaggiando sempre e costantemente in salita.

Possiamo immaginare la sofferenza dei poveri carburatori a quell’altezza, con l’aria rarefatta, povera di ossigeno. Ne risultò che tale problema, unito alla notevole pendenza, causò la completa distruzione della frizione, visto l’enorme utilizzo della stessa per procedere. La frizione era a bagno d’olio e disintegrandosi aveva trasformato l’olio in una specie di pappa.

L’olio in quelle condizioni ovviamente aveva una capacità di lubrificare vicina a zero, tant’è che saltarono anche alcuni denti della coppia conica. In tantissimi chilometri, spesso in condizioni al limite, ma anche oltre, questo fu l’unico serio inconveniente dell’intero viaggio.

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Giorgio Monetti in sella alla sua moto. La foto è stata scattata in occasione del Raduno di Bondanello, a cui ha partecipato il Dr. Mengoli, i collaboratori Gianfranco Zappoli e Giuliano Golinelli, oltre al giornalista Giuliano Musi, autore del bel libro dedicato all’impresa del duo Tartarini-Monetti. Purtroppo il raduno è stato funestato dal cattivo tempo, fatto che comunque non ha fatto desistere un buon numero di appassionati, attirati dal numero e dalla qualità delle moto Ducati d’epoca presenti.

L’altro viaggio

Dopo qualche anno all’interno di Ducati, Giorgio Monetti lascia l’azienda per intraprendere una sua nuova attività. Un giorno, però, riceve una telefonata da Borgo Panigale: “E’ arrivata qui una persona che dice di conoscerla e vuole vederla“. Incuriosito, Monetti va in azienda e scopre che la persona che lo sta cercando è un ragazzo indiano che da Bombay, in sella niente meno che a un Cucciolo, ha fatto tutto il viaggio fino a Borgo Panigale!

In pratica, era successo che aveva visto passare i due nella città indiana e ne era rimasto così colpito che si era messo in testa di fare un’impresa incredibile. Colpito da tanto coraggio, Monetti lo raccomandò a Taglioni per farlo lavorare in Ducati.

Foto di Enrico Schiavi

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