Massimo Pierobon: intervista al mago dei telai

Massimo Pierobon: intervista al mago dei telai

Per il primo appuntamento della rubrica “ Al Massimo , storie da box “, intervistiamo Massimo Pierobon, il mago dei telai da corsa.

Di Emanuele Furiassi – DAT Owners Club 748 916 996 998.

Un sabato mattina d’autunno , di quelli con la nebbia fine e le prime foglie gialle per terra , prendo la macchina per andare a Bologna dal “saldatore di emozioni” : Massimo Pierobon. La sua famiglia, la sua storia, la sua officina, il suo carisma è una istituzione per noi ducatisti.

Comincio con lui la rubrica dedicata a Massimo Tamburini dal titolo “Al Massimo, storie da box “. Alla fine del 3° Raduno DAT OWNERS CLUB dello scorso 2019 l’avevamo anticipata in pillole con piccole interviste ai principali ospiti.

Dici Ducati e pensi alla 916 di Tamburini, dici telaio a traliccio e pensi a Pierobon. Innanzitutto grazie per avermi ospitato e dedicato del tuo prezioso tempo in questo periodo delicato e complesso. Chi meglio di te può descriverci il Maestro Tamburini a 360°.

“Tamburini è stato il Maestro, La 916 e le sue sorelle sono cose venute in punta di dita… perché queste cose ce le hai dentro… i software vengono dopo “.

Massimo Pierobon grande agonista, come è stato dall’attività sportiva entrare nel mondo lavorativo ed affiancare tuo papà? Cosa ti ha fatto scattare la molla? Perché non è un lavoro semplice… é stata la passione?

“Ricordo che fin da piccolino ce l’ho avuto sto piglio… ho cominciato con la Graziella, non stavo mai fermo: con lo smeriglio e lama. Gli ho tagliato il portapacchi dietro e l’ho rifatta tutta.

Una volta stavo venendo da casa a Borgo Panigale e mi si svitò il perno della bietta del pedale. Ero vicino alla NCR e Giorgione con due martellate mi sistemò e mi mandò da mio padre in officina. Al tempo non pensavo ad andare al bar e fuori dal nuoto, il sabato e la domenica davo una mano a mio padre per le corse: tagliavo un tubo, preparavo pezzettini…

Guardavo la gente che avevo attorno e son venuto su così in bottega.

Ho continuato a studiare poi, finite le superiori, ho fatto un breve periodo da Verlicchi nel reparto prototipi e corse e poi ho iniziato ad affiancare mio papà Riccardo. Lui era uno che le cose te le diceva una volta sola, dovevi essere veloce nel capire, guardare ed imparare. La seconda volta era già troppo. Se gli chiedevi <<perché devo fare così?>> lui ti rispondeva <<perché si fa così>> e non c’erano tanti giri di parole. Negli anni poi ci ho messo del mio. Sviluppavo cose diverse e mi adattavo, però la scuola era quella: guarda, capisci e pedala.

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Dicevamo di Tamburini: come lo defiresti? Genio, visionario, artista?

Per me era un artista perché era uno che queste cose le metteva tutte insieme.

C’è proprio quel detto: l’artigiano è quello che lavora con le mani, l’artista lavora col cuore, con la testa e con le mani. Le cose le devi avere prima dentro e poi crearle davanti a te, sapendo già come verranno fuori. Tra l’altro anche lui è nato in bottega. Una volta disse: un giorno mi chiameranno ingegnere, ma lui non era un ingegnere… e questo ti fa capire com’era l’uomo . Per la stesura corretta del lavoro lo devi avere dentro.

Cos’è stato per te la sua figura ?

Ammirazione, perché funziona ad empatia.

Come qua da noi: sei tu che hai in mente un progetto, poi lo vedi , ed infine lo crei. Non è facile da spiegare. Quando sei un artista le cose prima si fanno e poi si disegnano… molti artisti si sono persi perché non hanno lasciato ne’ un metodo di lavoro ne’ un qualcosa di concreto.

L’uomo Tamburini veniva spinto dalla passione, quindi sapeva già quale doveva essere uno degli obbiettivi, doveva essere un progetto che emanasse calore.

Una moto è qualcosa che ha te stesso dentro, la tua anima, sei te che la fai. A differenza della macchina, la moto è lì, La vedi tutta: dal serbatoio, al telaio, allo scarico dev’essere una cosa sinuosa, armoniosa… La moto è un orologio aperto.

E’ talmente una meccanica di fino in grande, che alla fine deve essere bella dappertutto.

La devi vedere ad occhi chiusi prima che sia fatta.

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Quando è uscita la 916, com’è stato l’effetto che ha avuto su di te e sull’ambiente delle corse in generale?

Premetto che mio papà l’aveva vista tempo prima… Io qualcosina a pezzettini…

La cosa che ancora adesso mi fa venire la pelle d’oca fu quando in Fiera Milano venne mostrata al mondo. Sai la gente, le luci, il loro calore, la calca… quando fu tolsero il velo è stato il Boom.

Era talmente maniacale per una moto di produzione: le vitine rigate, il suo montaggio, l’attacchino del supporto sella con la guida… in un mezzo di produzione classico non lo trovi. Adesso ormai non ci fa più caso nessuno . Fare tutto ciò costa ,infatti,era una moto cara . Tamburini la voleva così… e poche pugnette, il progetto infatti subì molte discussioni dal prototipo alla produzione.

Fu un salto epocale dalla 851/888… se non ci fosse stato Tamburini, non ci sarebbe stato un salto così grande, magari ci sarebbe stata una Evo della 888 come fisionomia e costruzione del mezzo.

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Com’è iniziata la tua carriera nei box e poi il team Ducati ufficiale?

La prima cosa che andai a vedere fu il Bol d’Or : la 24h al Paul Ricard nel 1986 quando fu fatto l’851 (la sperimentale 748 IE).

In Agosto ricordo in officina da noi mio padre con Farnè e Bordi per mettere insieme il telaio del 4 valvole.

Ero lì anch’io a dare una mano per fare il prototipo da mettere in pista con le teste ancora fatte in legno per gli ingombri. La moto fu finita e con mio papà partimmo.

Avrò avuto su per giù 15 anni .

Io intanto guardavo, c’era Virginio Ferrari e Marco Lucchinelli… fu un’emozione molto forte: la partenza, la notte, i quick change e da lì mi si è mosso qualcosa ed ho capito che dovevo fare quello.

Essendo poi costruttore storico sono arrivato in alto : se ti comporti bene e se in ogni cosa metti dentro un po’ di te il lavoro ti torna.

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Il telaio nelle corse ha avuto evoluzioni negli anni anche in base alle cilindrate?

Sì ci sono stati piccoli aggiornamenti, ma il passo più grande è stato fatto con l’arrivo del motore da 104 perché era un po’ impiccato, abbiamo aggiunto un po’ di rinforzini.

Nell’ergonomia generale della moto andava benissimo… la moto si muoveva bene ed i risultati si son visti.

Ha vinto con tanti piloti, quindi vuol dire che era nata bene .

Pregi e difetti?

Qualsiasi pilota di livello che ci sia salito sopra ha vinto.

E’ arrivata davanti anche contro case che erano lì da tanti anni. Un altro pregio è che la moto in commercio usciva “da corsa”.. praticamente gli erano solo stati aggiunti targa e fari .

Difetti: il fisico. I polsi e gli avambracci per strada erano molto caricati .

Precisione di guida , che andava in simbiosi con il motore bicilindrico con la sua la coppia ed il relativo freno motore .

Differenza rispetto al telaio di serie?

Telaio saldato a Tig e non a Mig ed ovvie migliorie sulle tolleranze.

Parliamo di un paio Chicche telaistiche . Ci puoi dire dell’esperimento sul 996 Racing con perno forcellone regolabile…

massimo_pierobonFu uno studio che facemmo nel 2000, ce lo chiese Filippo Preziosi per andare a variare il tiro catena.

Era solo una prova perché il regolamento non te lo permetteva ma poi fu introdotto di serie sulla 999.

Seconda chicca: il forcellone bibraccio nei test di Phillip Island?

Il forcellone bi braccio tubo quadro nei test invernali a Phillip Island. Prima dell’Australia aveva girato al Mugello.

Si cercava un po’ più di rigidezza. Non c’era ancora la conoscenza che c’è adesso sul monobraccio.

Fu fatto senza neanche crederci tanto, poi tra l’altro Carl non era il massimo dei collaudatori: era uno che ci dava del gas anche su una carriola…una volta continuò a girare non accorgendosi dell’ ammortizzatore scoppiato , con la moto che andava da tutte le parti .

Fu fatto per fare una prova ma poi anche a livello commerciale fu deciso che era meglio continuare con la moto tradizionale.

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Quale era il posto più bello del calendario dove si andava a correre?

Phillip Island era ignorante forte, il posto dove sei, l’oceano, l’Australia… Una volta mi è capitato di andar là in tre giorni per portare un po’ di materiali e tornare.

Laguna Seca.. aaah la California, hai un paio di paesini nella riserva, con tutte le piantagioni di onion (cipolla) e garlic (aglio) quasi vicino al Messico. Posto bello carico !

Anche l’Inghilterra ha il suo fascino: là è tutto molto caldo, il pubblico inglese “push” spinge tutti i piloti dal primo all’ultimo… per loro son tutti eroi.

In Italia poi, sai alla fine sei a casa… parlo soprattutto di Misano, sai la mia moglie è proprio di lì…

Mi ricordo gli anni d’oro con la gente ferma in autostrada per entrare e i serpentoni di moto… tutti sti serbatoi rossi in fila per parcheggiare fuori tra i 916, i Monster, i vecchi supersport.

Questa distesa di Ducati all’entrata dell’autodromo per vedere la Superbike.

Visto la miniera di ricordi un po’ impolverati, verremo giù altre volte per un paio di speciali .

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

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