Tetsuya Harada prova il Monster 1200 S

Tetsuya Harada prova il Monster 1200 S

Tetsuya Harada, campione del mondo 250 nel 1993, ha provato il Monster 1200 S. Peccato per le condizioni meteo.

Dopo essersi calato nelle vesti di tester per la prova del Diavel, modello che tra l’altro possiede personalmente, l’ex campione del mondo Tetsuya Harada, iridato della classe 250 nel 1993, ha voluto ripetere l’esperienza fornendoci le sue impressioni di guida in merito a un’altra Ducati di grande interesse per il popolo degli appassionati: il nuovo Monster 1200 S.

Tuttavia, il fattore meteo non ha agevolato le cose, dal momento che l’ex pilota giapponese ha incontrato condizioni tutt’altro che ideali: guardando il cielo plumbeo, infatti, Tetsuya si è lasciato andare a una smorfia di rabbia mista a rassegnazione.

Accanto a lui, il nuovo Monster 1200 S faceva bella mostra di sé, pronto a scendere in pista sul circuito di Sodegeura, ma la pioggia cadeva fitta, creando enormi pozze d’acqua lungo il tracciato: insomma, le classiche condizioni che nessuno vorrebbe trovare quando si accinge a salire in sella.

Dopo un po’, però, la situazione è leggermente migliorata e Harada, disponibile come sempre, non se lo è fatto dire due volte: ha indossato la tuta antipioggia, ha acceso il motore e ha detto: “Ormai siamo qua e io intendo comunque provare questa moto!”, dopo di che ha inserito la prima marcia ed è uscito dai box.

Purtroppo le condizioni meteo non sono state l’ideale per testare tutta la potenzialità del Monster.

Il nuovo Monster 1200 S rappresenta la versione di maggior cilindrata tra quelli che hanno rappresentato l’intera saga di questo modello; dovete sapere però che, sebbene la versione italiana abbia una potenza massima di 145 Cv, quella giapponese si “ferma” a quota 126 Cv, in base alle normative che vigono nel paese del Sol Levante, ma anche così si tratta di un valore considerevole, che fa segnare un netto passo avanti rispetto, ad esempio, al Monster 1100 S, che in Giappone erogava 100 Cv.

Per il pubblico
giapponese, il Monster 1200 si presenta con caratteristiche diverse dagli altri mercati.

Ad ogni modo, dopo aver percorso qualche giro di pista, Tetsuya è rientrato ai box scuotendo la testa, perché nel frattempo la pioggia aveva di nuovo ripreso a cadere con insistenza: “In queste condizioni è davvero difficile dare un giudizio sulla moto, nel bene e nel male. Ho guidato alcuni Monster precedenti, quelli con il motore raffreddato ad aria, e mi sembra che, rispetto a questo, avessero una guida un po’ più nervosa. Probabilmente, questo dipende dal fatto che il 1200 ha un interasse più lungo e quindi risulta più stabile nelle manovre, anche se in ogni caso avrei bisogno di un ulteriore test sull’asciutto per confermare questa ipotesi. Per quanto riguarda il motore, invece, posso senz’altro fare un confronto attendibile con il Diavel, che nella versione giapponese ha 112 Cv. In questo caso, la maggior potenza del Monster si sente eccome, senza contare che è anche più leggero e dunque le performance sono ulteriormente esaltate dal peso inferiore. Così come il Diavel, anche il 1200 S è dotato dei Riding Mode e devo dire che già in modalità Urban il bicilindrico ha un’erogazione abbastanza vivace. Anzi, magari la potenza a disposizione risulta fin troppa per guidare su una strada statale, mentre appare ben calibrata per divertirsi in circuito.” 

La versione S si caratterizza per la presenza di forcella e ammortizzatore Öhlins, oltre che delle pinze monoblocco Brembo M50 per l’impianto frenante anteriore; rispetto ai Monster precedenti, il telaio è tutto nuovo, ancora più piccolo e compatto, al punto che la rigidità torsionale è aumentata del 99% e quella flessionale del 67%, mentre il peso è diminuito di 1,23 Kg.

Come giustamente sottolineato da Harada, il Monster 1100 Evo con motore a due valvole aveva un interasse di 1450 mm, mentre sul 1200 questa quota ciclistica vale 1511 mm e dunque ben 61 mm in più; inoltre, l’inclinazione del cannotto di sterzo è passata da 24° a 24,3°, con un conseguente aumento dell’avancorsa da 87 a 93,2 mm.

Il confronto fra il Monster 1200 (a sinistra) e la precedente versione, la 1100 Evo. Maggiore l’interasse del 1200 (1511 mm) rispetto al 1100 (1450 mm).

Tutto ciò è stato fatto per rendere questa versione ancora più facile da gestire, nonostante il peso complessivo del veicolo, sempre rispetto al 1100 Evo, sia salito da 188 a 209 Kg in virtù dei vari componenti accessori relativi alla presenza del raffreddamento a liquido.

Il Monster 1200 è anche il primo a essere dotato di un meccanismo con il quale è possibile regolare l’altezza della sella: la versione giapponese, tra l’altro, è già dotata di sella in versione “ribassata”, con altezza che può variare tra i 770 e i 745 mm da terra: “La sella bassa trasmette una sensazione di maggior sicurezza, – spiega Tetsuya – ma in questo modo il manubrio viene a trovarsi leggermente più in alto rispetto al busto del pilota e questo rende la posizione di guida meno sportiva.

Harada a diretto confronto con il 1200 S di cui ha apprezzato la fluidità di erogazione e la posizione in sella.

Tornando a parlare delle sensazioni raccolte durante la sua uscita con pista ancora bagnata, Harada ha voluto comunque precisare che: “Per quanto riguarda il set-up generale, le sospensioni risultano un po’ troppo rigide, soprattutto quando si mantiene un’andatura fin troppo tranquilla, anche se uno dei motivi di questo comportamento dipende quasi sicuramente dal fatto che le sospensioni sono state tarate per un conducente medio che pesa almeno 15 Kg più di me. Non posso viceversa dare un giudizio definitivo sui freni, dal momento che nelle condizioni in cui si è svolto il test era praticamente impossibile spremere a fondo un impianto come questo, ma posso comunque dire di aver avuto buone sensazioni circa la modulabilità dell’impianto. Se dovessi dare un parere sulla posizione di guida, invece, il manubrio dovrebbe essere un po’ più stretto e arretrato, almeno secondo i miei gusti personali, e mi piacerebbe anche provare la sella standard, leggermente più alta rispetto a quella della versione giapponese, perché quando assumevo una posizione raccolta in rettilineo, l’interno della mia gamba destra andava a interferire con la protezione dei collettori di scarico, forse proprio a causa della sella troppo bassa.

Ancora una volta, dunque, Harada si è confermato un collaudatore attento e competente, in grado di fornire numerose indicazioni utili ai futuri possessori della naked di Borgo Panigale, nonostante il meteo non lo abbia certo aiutato.

E’ bello vedere un campione come lui che, oltre ad aver raccolto grandi risultati a livello agonistico, dimostra di essere anche un vero appassionato del marchio di Borgo Panigale: questo fa di Tetsuya un prezioso riferimento, che speriamo di avere ancora ospite sul nostro sito, confidando magari in una bella giornata di sole e con l’asfalto asciutto!

Per gentile concessione di Ducati Magazine – traduzione Noriki Aizawa 

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