Scrambler Sixty2: per futuri ducatisti

Scrambler Sixty2: per futuri ducatisti

Il Sixty2 è un modello espressamente dedicato al mondo dei più giovani e, nonostante un prezzo di acquisto importante, ha un grande successo commerciale.

Diciamolo subito, così ci togliamo il pensiero: il Sixty2 non è una proposta che possa interessare chi è già ducatista, esattamente il contrario di quanto fa invece il fratello maggiore, lo Scrambler 800 in una qualsiasi delle sue versioni proposte sul mercato.

Basta infatti un breve giro per capire come il Sixty2 si rivolga a un pubblico che ha poca dimestichezza con il mondo delle moto, che è alla ricerca di un mezzo poco impegnativo, un utente che però non vuole accontentarsi e sceglie un marchio prestigioso come Ducati.

Il 1962 è stato l’anno in cui nacque il primo Scrambler Ducati.

Forse, ancora meglio, questa versione a cubatura ridotta è semplicemente pensata per i mercati asiatici, o laddove sopra una certa cilindrata ottenere una patente di guida diviene un autentico calvario, come sembra sia il caso del Giappone.

Una premessa dovuta per delimitare il campo di gioco e capire effettivamente quale sia l’ambito giusto entro il quale valutare lo Scrambler Sixty2.

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Al primo approccio, infatti, complice l’aspettativa che aleggiava nel ricordo della prova della divertente versione da 803 cc, o forse perché l’esemplare in prova avendo appena 500 chilometri di percorrenza totale era ancora “da sciogliere”, la delusione si è impadronita di me e ha in parte inficiato la prima presa di conoscenza della moto: motore troppo fiacco ai medi regimi.

Con animo scontento per questo risultato, ho voluto ripetere il tentativo a breve distanza di tempo, cercando di depurarmi dai miei retaggi e valutando più freddamente possibile ogni aspetto del mezzo.

Intanto ho cercato di inserire nell’itinerario di prova le componenti che potevano essere più consone con lo spirito del Sixty2; quindi città, brevi tragitti fuori porta e una sortita di media gittata in extra urbano.

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Poi, fase più importante, mi sono calato nei panni dell’utente ideale di questa moto: in questo modo i pregi, o perlomeno le peculiarità, dello Scrambler in versione 400 cc sono venuti a galla.

Prima tra tutti la morbidezza di risposta del motore: da solo o in coppia, in qualsiasi marcia, dai 1500 giri il propulsore non si ribella mai e viene su senza strappi – certo, con i suoi tempi – dolce e lineare, quasi elettrico.

Tale da non mettere in difficoltà, o comunque in apprensione, il neofita che per il primo approccio alle due ruote, uomo o donna che sia, che abbia 18 anni e provenga dallo scooter o ne abbia oltre 40 e senta l’esigenza di scendere dall’automobile, sceglie questa tranquilla ma modaiola crossover.

In ogni caso, la carenza di aggressività si avverte fino a 4000 giri, poi da qui ai 6000 interviene un po’ di brio, dopodiché fino a oltre 8000 (regime atipico per sfruttare in modo ottimale un bicilindrico di Borgo Panigale) sfodera una grinta inaspettata.

Da parte loro, la sagomatura del serbatoio, il manubrio ben rialzato e largo e la gomma posteriore da 160 anziché da 180, infondono confidenza e donano maneggevolezza a livelli esemplari. A proposito di gomme, le Pirelli MT 60 RS di primo equipaggiamento sono un valore aggiunto nella guida e un riferimento nella categoria.

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L’ambiente naturale del Sixty2 non è solo la città, ma anche la classica gita fuoriporta dove gli pneumatici Pirelli MT 60 RS si confermano ancora una volta un’ottima scelta. In autostrada, invece, il piccolo Scrambler è in difficoltà, sia per l’assenza di riparo aerodinamico, che per la ridotta potenza del suo propulsore: può capitare, infatti, di arrivare a fondo corsa del comando del gas per mantenere la velocità consentita dal Codice della Strada nei tratti in salita!

E’ comunque inevitabile, pur con tutte le più buone intenzioni, che il confronto con la sorella di cubatura doppia si riaffacci con frequenza in modo inclemente: intanto, nella vista da fermo, l’assenza di quel bel giro di collettori sul lato destro crea un vuoto “incolmabile”, come nello stesso modo è impossibile ignorare il forcellone in tubolare d’acciaio in luogo di quello in alluminio e la scomparsa del radiatore dell’olio (che immagino superfluo su questa cilindrata); durante la marcia, invece, si avverte la diversa risposta del monodisco anteriore che necessita di un’azione più energica sulla leva (ma è l’impianto dell’800 a essere sovradimensionato, con il disco da 330 mm servito da pinza radiale a 4 pistoncini; questo, con disco da 320 mm e pinza flottante a 2 pistoncini, funziona bene, efficace e sicuro in quanto anch’esso coadiuvato da un ABS ben tarato).

La forcella Showa, di tipo tradizionale invece della Kayaba a steli rovesciati, evidenzia a volte risposte secche sullo sconnesso e viaggiando in due il passeggero soffre di qualche contraccolpo dall’ammortizzatore.

Un apprezzamento lo vorrei fare, invece, a quel piccolo parafango posteriore che, pur non potendosi raffrontare con il suo omologo in allumino della Classic, risolve il fastidio degli schizzi sulla schiena in caso di guida su fondo bagnato (o, peggio, fangoso) che si manifesta sui restanti modelli della 800.

Ugualmente ben realizzato è il nuovo serbatoio in acciaio con grafiche e logo dedicati che rendono il Sixty2 immediatamente riconoscibile, nei tre colori in cui è disponibile: Atomic Tangerine, Ocean Grey e Shining Black. Fra l’altro, nel rispetto dell’azzecata campagna di marketing che ha fatto la fortuna di questa famiglia, sul tappo del serbatoio vi è riportata la scritta “Born free – 1962”, diretto riferimento al modello originale.

Il suo motore è il classico bicilindrico con alesaggio di 72 mm e corsa di 49 mm, dotato di un corpo farfallato singolo da 50 mm di diametro con due iniettori sotto farfalla, omologato Euro 4, per una potenza di 41 Cv a 8750 giri/minuto e una coppia di 34,3 Nm a ben 7750 giri/minuto. Rapido e preciso, secondo aspettative, il cambio a sei marce e morbida come si conviene la frizione a bagno d’olio (pur se defraudata del sistema antisaltellamento APTC).

Lo Scrambler Sixty2 è perfettamente in linea con la destinazione d’uso e le finalità per cui è stato progettato, facilità di guida e versione entry level, ma due particolari sembrano incongruenti: i soli 960 Euro di differenza in meno del modello base della indubbiamente più ricca versione 800 non sembrano poter convincere un apprendista motociclista a propendere per la sorellina minore, anche perché, scegliendo la versione depotenziata, è perfettamente accessibile ai detentori di patenti A2 e B anche la Icon (o gli altri modelli, pur a fronte di prezzi superiori) e con una potenza maggiore di 7 cavalli e tanto fiato in più ai regimi intermedi.

Il nostro consiglio, in questo caso, è senz’altro quello di puntare sulla versione depotenziata più adeguata, a livello estetico e di componentistica, al prezzo richiesto. Resta il fatto che, pur con queste incongruenze (pensate solo che costa ben 2490 Euro in più della sua diretta concorrente, la KTM 390), il Sixty2 risulti già un best seller nel suo settore di riferimento; potenza del marchio Ducati e del richiamo storico dello Scrambler?

Tutto ciò dimostra ancora una volta come oggi sia fondamentale avere alle spalle un nome importante, una tradizione che si fa valere, anche nel caso di proposte come questo Sixty2, che sono chiaramente dedicate a un pubblico diverso, per tipologia e aspettative, da quello del ducatista classico.

Lo Scrambler Sixty2 in un colpo d’occhio

Colorazioni
Atomic Tangerine, Ocean Grey,
Shining Black
Dotazioni
Serbatoio in acciaio a goccia con design dedicato
Logo adesivo dedicato
Forcella a steli tradizionali
Parafango anteriore dal nuovo design
Forcellone in acciaio dal design classico
Scarico con giro tubi inedito e cover silenziatore nero
Ruota post. pneumatico 160/60 17’’
Specchi rotondi
Porta targa alto
ABS

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