La Sport 1000 della Tecknorace

La Sport 1000 della Tecknorace

Una special messa a punto da Tecknorace su base Sport 1000. Curata nei minimi dettagli risulta più leggera dell’originale grazie all’uso di parti in alluminio battute a mano.

Questa special nasce da un’idea del proprietario di una Sport 1000 del 2005 che, volendo personalizzare la propria moto, si è rivolto a due specialisti del settore aftermarket.

Per la parte accessoristica, il nome preso come riferimento è stato quello dell’officina Cafe Twin, specializzata in personalizzazioni a tema Ducati con sede a Roma, mentre il serbatoio e il codino monoposto in alluminio provengono dalla Tecknorace e sono stati realizzati su misura.

Questa azienda è infatti in grado di plasmare a piacimento l’alluminio per la costruzione di pezzi speciali e ha sede nel cuore del motorsport italiano, vale a dire a Maranello (MO).

Questa Sport 1000 è stata allestita all’insegna dell’artigianalità e del minimalismo, prendendo spunto dalle cafe racer degli anni Settanta.

Il serbatoio di questa Sport 1000, ad esempio, è stato creato completamente a mano e, addirittura, non ha previsto neppure un cosiddetto modello di battitura: ciò significa che la fase di lavorazione è durata più di 15 giorni e che solo l’occhio esperto del battilastra ha definito le sue linee in modo che risultassero più simili possibile a quelle del serbatoio originale (rispetto al quale mantiene anche la stessa capacità di 15 litri).

Il serbatoio ha richiesto più di 15 giorni di lavoro ed è stato fatto senza modello, grazie all’occhio esperto del battilastra!

Ricavati dal pieno in alluminio sono invece il tappo di rifornimento, la flangia per la pompa della benzina e le relative boccole di fissaggio.

Per il codino monoposto, il proprietario della moto ha fornito un esemplare in vetroresina che, dopo esser stato adattato alle forme della Sport 1000, è stato riprodotto anch’esso in alluminio, sempre rigorosamente a mano, con l’aggiunta di una sella in pelle scamosciata che, a livello cromatico, si distingue da tutto il resto per il suo colore marrone, in contrasto con il nero del telaio e l’alluminio spazzolato delle sovrastrutture.

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Un particolare della sella in pelle scamosciata marrone, fatta a mano come il codone.

Sia il serbatoio che il codone sono dunque “plug and play” e non necessitano di modifiche strutturali per essere installati sulla moto di serie.

Oltre a ciò, l’esemplare in questione ha subìto anche la rimozione del grosso parafango e del gruppo ottico posteriori, sostituiti da un portatarga in alluminio decisamente più snello e da un piccolo fanale circolare, dal look classico ma munito di led.

Non compare nemmeno il parafango anteriore originale, che però non è stato sostituito, ma semplicemente eliminato a favore della massima pulizia estetica dell’avantreno.

Il bellissimo sviluppo dei collettori dell’impianto di scarico Zard di tipo 2 in 2.

Gli indicatori di direzione, sia anteriori che posteriori, hanno lasciato il posto ad altri in alluminio anodizzato nero denominati “bullet” per la particolare forma a proiettile.

Tra i vari accessori che impreziosiscono il motore, compare anche una piccola selezione di articoli prelevati dal catalogo Rizoma, quali i coperchi delle cinghie di distribuzione in alluminio anodizzato nero con cover in plexiglas trasparente, il coperchio della frizione traforato per garantire un miglior raffreddamento alla frizione stessa (e per esaltare ancora di più il sound di questo particolare tecnico tanto caro alla maggior parte dei ducatisti) e il copripignone in alluminio anodizzato.

La strumentazione è di serie, con elementi circolari a fondo bianco.

Infine, ecco i classici interventi sull’hardware del bicilindrico, come il sistema di scarico di tipo 2 in 2 della Zard in acciaio inox, la rimozione dell’airbox (al posto del quale compaiono adesso due cornetti di aspirazione maggiorati in alluminio ricavato dal pieno e una coppia di filtri conici della K&N ad alta permeabilità) e la centralina Power Commander III che non prevede più la presenza delle sonde lambda.

La “ricetta” relativa all’aspirazione e all’elettronica è stata reperita sotto forma di un kit messo a punto da una ditta australiana, la Wasp Works, mentre il resto è rimasto più o meno di serie.

I corpi farfallati, dunque, sono ancora quelli da 45 mm previsti dall’impianto di iniezione elettronica Magneti Marelli originale, così come non sono state “toccate” le misure di alesaggio e corsa pari a 94 x 71,5 mm, lasciando la cilindrata a quota 992 cc come da libretto di circolazione.

Stando ai dati dichiarati, anche le prestazioni assolute non sono cambiate molto, a favore di un miglioramento soprattutto a livello di erogazione, pertanto la potenza massima dovrebbe essere intorno ai 92 Cv e la coppia di circa 9,3 Kgm.

Il motore non ha subìto modifiche rilevanti, al di là della sostituzione dell’impianto di scarico, dell’eliminazione dell’airbox originale in favore di due cornetti di aspirazione maggiorati con filtri a tronco di cono e dell’installazione di una nuova centralina elettronica.

Allo stesso modo, la ciclistica prevede ancora la forcella Marzocchi a steli rovesciati da 43 mm e l’ammortizzatore Sachs di serie, così come l’impianto frenante a doppio disco da 320 mm con pinze Brembo flottanti a due pistoncini davanti e a disco singolo da 245 mm con pinza a un pistoncino dietro.

Oltre alla bellezza intrinseca, la Sport 1000 protagonista di questo servizio si fa apprezzare anche per la sua leggerezza, con 175 Kg a secco.

Gli pneumatici, che tra l’altro sfruttano i cerchi a raggi originali e dunque necessitano di camera d’aria, prevedono le classiche misure con l’anteriore da 120/70 e il posteriore da 180/55, entrambi da 17″.

Dettagli di pregio, livrea sobria e niente di superfluo: è questa la ricetta per una vera special in stile cafe racer.

Il risultato è una moto che, al di là del suo piacevole aspetto estetico in stile cafe racer, si fa apprezzare anche per una certa riduzione di peso rispetto al modello originale, quantificabile in circa 4 Kg, per un totale di 175 Kg a secco: il merito è di quei componenti in alluminio che hanno sostituito gli analoghi elementi di serie, oltre che del minimalismo con cui è stato curato l’allestimento, fatto di pochi fronzoli e molta sostanza, come usava fare una volta sulle moto parcheggiate davanti all’Ace Cafe di Londra e che fa parte di una certa filosofia di intendere le moto e il motociclismo.

Le forme del codino monoposto sono state modellate a mano partendo da una lastra di alluminio.

Le realizzazioni della Tecknorace, infatti, sono fedeli a questi ideali e non rinunciano mai a una buona dose di “fatto a mano” pur di distinguersi, anche se questo comporta tempi e costi maggiori.

Foto di Paolo Grana

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