La candela della moto: tecnica e problemi

La candela della moto: tecnica e problemi

La candela è uno dei componenti fondamentali del motore. Da essa si possono ottenere importanti informazioni sulla salute e sul funzionamento del propulsore.

Spesso si trascura o si reputa meno importante di quello che è in realtà. Spessissimo si va a ricercare la causa del malfunzionamento del motore chissà dove, quando tutto può dipendere semplicemente da lei: la candela.

Pur trattandosi di un elemento apparentemente semplice, la candela ricopre, infatti, un ruolo fondamentale nel motore, quale organo principale del sistema di accensione. A essa è affidato il compito di incendiare la miscela compressa aria-benzina, innescando la combustione che dovrà poi propagarsi all’interno della camera di combustione. Ciò avviene grazie allo scoccare di una scintilla tra due elettrodi, con un processo, in linea di principio, assolutamente analogo a quello che si verifica quotidianamente nell’accensione di un qualsiasi fornello a gas. Chiaramente, le condizioni in cui ciò avviene sono decisamente diverse e l’accensione è favorita anche dal fatto che la miscela, per effetto delle situazioni presenti nel cilindro, raggiunge una temperatura e una pressione ragguardevoli.

Vediamone allora nel dettaglio il funzionamento. Perché la scintilla possa saltare da una punta all’altra dei due elettrodi (generalmente divisi in uno interno e un altro esterno), la tensione della corrente deve essere molto alta, cioè compresa tra i 12.000 e i 18.000 Volt: per avere un termine di paragone ricordiamo che la rete elettrica domestica lavora a 220-240 Volt, mentre l’impianto elettrico di una moto è a 12-14 Volt. La tensione elettrica viene portata da quest’ultimo valore a quello 1000 volte superiore attraverso le bobine, veri e propri “trasformatori” di corrente. Nelle Ducati a 2 valvole dell’ultimo decennio queste sono posizionate nei pressi della batteria, sotto il serbatoio, secondo dettami classici; mentre nei modelli più recenti sono state miniaturizzate e spostate altrove, per lasciare spazio ad airbox più capienti.

La tecnologia, oggi, spesso integra le bobine nelle pipette delle candele (cosa impossibile però nei Desmodue, poiché si rende necessaria una notevole profondità dei pozzetti candela).

Quale che sia la posizione della bobina, la candela, invece, è sempre lì, in testa al motore, accessibile lateralmente sui Desmodue e centralmente sui Desmoquattro.

Volendo procedere ad analizzarne l’anatomia, immaginiamocela sezionata lungo un piano longitudinale.

La troveremo, comunemente, formata da un corpo metallico attraversato da un’astina di acciaio (l’elettrodo centrale), isolata dal resto con un involucro di porcellana, visibile anche dall’esterno. A 0,5-0,7 millimetri dalla sua punta è collocato un altro elettrodo, collegato invece al corpo metallico (elettrodo di massa). Chiaramente, la distanza tra i due è di fondamentale importanza per il corretto funzionamento del complesso. Sul corpo è praticata una filettatura che serve per assicurare la candela alla testa del motore, dotata di una speciale guarnizione metallica, adatta ad assicurare una perfetta tenuta di compressione.

Per un normale funzionamento dell’impianto, è necessario che gli elettrodi siano sempre nell’arco di temperatura compreso tra i 500° e gli 800° gradi. Una temperatura inferiore, infatti, porterebbe presto all’imbrattamento (e al mancato funzionamento), mentre una temperatura eccessiva provocherebbe danni agli elettrodi, portando all’autoaccensione (se gli elettrodi dovessero diventare incandescenti, per esempio, la miscela non aspetterebbe certo la scintilla per incendiarsi! Avremmo la formazione di un cosiddetto “punto caldo”, con il conseguente sfasamento dell’accensione rispetto al punto previsto).

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A sinistra: depositi oleosi sulla candela sono sintomo di scarsa tenuta da parte delle fasce elastiche. A destra: una comune bobina.

Dunque, la candela assume giocoforza anche un altro ruolo piuttosto importante: quello di scambiatore di calore. A essa è affidata l’asportazione del calore in eccesso dalla camera di scoppio, in misura maggiore o minore a seconda di quello che è il suo grado termico. Questo dipende, in massima misura, dalle caratteristiche geometriche e costruttive degli elettrodi e dell’isolante.

A seconda delle qualità specifiche del motore, tali elementi devono essere configurati in modo tale da garantire sempre una temperatura ottimale di funzionamento, attraverso lo smaltimento del calore accumulato durante la combustione.

Candela moto: calda o fredda

Ecco perché, nella nomenclatura comune, si utilizza il termine di candele “calde” e candele “fredde”: le prime sono adoperate nei motori meno sportivi, poco compressi e che raggiungono un numero di giri contenuto, dunque temperature più basse; le seconde sono usate, invece, nei motori più performanti, con elevati rapporti di compressione, in grado di girare a regimi più elevati (e che, conseguentemente, scaldano di più).

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Le differenze morfologiche tra candele con diverso grado termico. La candela “fredda” ha una superficie esposta dell’isolante inferiore rispetto a una “calda”

Per capire come queste due tipologie si differenziano, basta osservare il fatto che una candela “fredda” ha una superficie esposta dell’isolante inferiore rispetto a una “calda” (la quale, quindi, garantirà un’asportazione del calore più lenta).

Per ottenere il massimo delle prestazioni dal motore è necessario far sì che la miscela bruci completamente, in qualsiasi situazione, e ciò dipende proprio dal buon funzionamento delle candele. Inoltre, specie nei motori bicilindrici di grossa cubatura, c’è il rischio che il fronte di fiamma, a causa dell’elevato alesaggio, completi il suo percorso troppo lentamente, o addirittura che rimangano residui di miscela incombusti al momento dell’espansione del pistone. Per questo motivo si ricorre, come nel 1000 e 1100 DS, alla doppia accensione, cioè all’adozione di una seconda candela per ciascun cilindro, a garanzia di una completa e più efficiente combustione.

Anche nei motori dotati di un’unica candela è evidente come sia opportuno montare candele di tipo adatto in termini di grado termico, distanza tra gli elettrodi e lunghezza del filetto, come prescritto dal costruttore.

Risparmiare sulle candele comporterebbe uno spreco di benzina e un calo di prestazioni tale che… il gioco non varrebbe la candela!

Giochi di parole a parte, è essenziale soprattutto procedere a una loro corretta manutenzione, attraverso scrupolosi controlli periodici. La candela è, infatti, spia del funzionamento del motore, dato che dalle sue condizioni apparenti possiamo dedurre lo stato di salute del propulsore.

Anzitutto, occorre seguire alcuni semplici accorgimenti nello smontaggio e nel rimontaggio di questo essenziale componente.

Tutte le candele presentano un dado esagonale, ma questo può essere di dimensione diversa, secondo il tipo di candela o in base al costruttore. Sarà allora opportuno essere attrezzati con i diversi tipi di chiavi (le migliori sono quelle dotate di innesto per cricchetto o a snodo). Lo smontaggio non dovrebbe presentare mai problemi, mentre durante il rimontaggio bisogna fare molta attenzione alla presenza di impurità sul filetto o in prossimità del foro sulla testata, per evitare di “inquinare” la camera di combustione.

Ricordiamo, poi, che la candela va sempre avvitata a mano sino a portare a battuta la guarnizione (se è nuova); dopo di che potremo serrarla con la chiave, eventualmente utilizzando anche una dinamometrica, alla coppia prevista dal costruttore.

Candela della moto: leggere i segnali del motore

Come interpretare realmente quello che la candela può comunicare? Per avere una lettura attendibile è preferibile percorrere, prima dello smontaggio, un tratto di strada libero e veloce, in modo che il motore funzioni in condizioni ottimali e non si abbia una lettura falsata. Una volta proceduto allo smontaggio, potremo valutare la “salute” del propulsore.

problemi candela moto
Lo stato in cui può trovarsi la candela in base a varie condizioni di utilizzo.

Così, se osservando gli elettrodi noteremo residui carboniosi, ciò sarà indizio di temperature di combustione troppo basse o di miscela troppo ricca; oppure, potrebbe aversi una combustione incompleta a causa di una scintilla eccessivamente ritardata o di intensità insufficiente. Gli elettrodi imbrattati d’olio preannunciano invece il disastro, visto che sono sintomo di una scarsa tenuta delle fasce, ormai consumate, o delle guide valvole usurate. E’ importante anche osservare il colore dell’isolante ceramico ai piedi degli elettrodi stessi: una colorazione bianca o beige indica che la candela è troppo calda oppure, se siamo sicuri che sia quella giusta, che la miscela è troppo magra. Viceversa, se è molto scuro, nerastro, la miscela è grassa o, eventualmente, la candela è troppo fredda. Il colore giusto, ovviamente, deve essere una via di mezzo, qualcosa di simile al color nocciola chiaro, ed è palese che letture diverse sui due cilindri saranno l’evidente indice di un malfunzionamento.

Altro capitolo importante sono gli elettrodi: se il motore si avvia difficilmente a freddo o perde colpi in ripresa e accelerazione, possiamo stare pur certi che gli elettrodi si sono consumati o, peggio ancora, che si è deteriorato l’isolante.

Per arginare il problema, è sufficiente ripristinare la corretta distanza tra gli elettrodi tramite uno spessimetro o, meglio che mai, procedere alla sostituzione delle candele prima che si riducano… al lumicino.

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