Quando i vigili correvano con le Ducati

Quando i vigili correvano con le Ducati

Le moto dei Vigili di Bologna nel Reparto Corse Ducati? Suona un po’ strano, ma è successo anche questo tra la fine degli anni Sessanta e i primi del 2000.

Le moto dei Vigili di Bologna nel Reparto Corse Ducati? Suona un po’ strano, ma è successo anche questo tra la fine degli anni Sessanta e i primi del 2000, quando per la Casa di Borgo Panigale equipaggiare i “suoi” Vigili era un punto d’orgoglio. D’altronde, sebbene fossero le moto di servizio, davvero i “Pulismani” (da “Policemen”) le usavano in gara, con la benedizione e l’incentivo dei superiori e dell’amministrazione comunale.

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I Vigili Urbani di Bologna avevano avuto come moto di servizio le MM e poi le Gilera 300 bicilindriche, e anche quelle vennero usate per le gare; nel 1970 iniziò l’era Ducati, con le Mark3 450 T monocilindriche.

Oggi non succede più, ma per quasi quarant’anni i motociclisti dei Corpi di Polizia locale e nazionale di tutta Italia si scontravano a colpi di acceleratore, compresi i Carabinieri e la Finanza, almeno un paio di volte l’anno.

Gare vere e proprie, mica barzellette: la formula classica prevedeva il sabato la gimkana e la domenica una gara di regolarità a coppie vera e propria – oggi si chiamerebbe enduro – con trasferimenti cronometrati, prove di accelerazione, controlli orari e prove speciali su percorsi fuoristrada e campi da cross.

Ma con un vincolo importantissimo: tutti dovevano correre in uniforme e con le moto di servizio, anche quelli che normalmente andavano in pattuglia con il Nuovo Falcone, o con le monumentali Guzzi 850 T3. Perché? Probabilmente un retaggio del passato, nella convinzione che eventi di questo tipo spingessero i Vigili-motociclisti a elevare la loro abilità nella guida, e rafforzassero lo spirito di corpo e i legami tra i Comandi delle varie città, cosa che effettivamente avveniva, ma soprattutto perché ormai c’era la tradizione, tutti si divertivano come matti e la rivalità era accanita.

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Qui siamo nella gimkana disputata a Ravenna nel 1972. Sopra: i vari Comandi tenevano molto alle gare per Corpi di Polizia, che avevano un buon seguito. Questa è la partenza della gara di Ferrara del 1974, sul palco la coppia di Bologna con le Ducati 450 monocilindriche.

Tra i più competitivi vi erano le Fiamme Oro, il Gruppo Sportivo della Polizia Stradale, che non temevano nessuno nemmeno quando le moto di servizio erano le pesanti Guzzi T3 e poi le 1000 T5, perché le facevano preparare a Mandello e sopra ci mettevano piloti professionisti come Italo Forni, pluricampione italiano di cross, Guglielmo Andreini, quattro titoli europei di regolarità e 15 medaglie d’ oro alla Sei Giorni, o il maresciallo Dante Mattioli; poi le squadre dei Vigili di Pavia, Siena, Roma, ma soprattutto quelli di Bologna, “incarogniti” come pochi.

Prima avevano le MM, poi le Gilera 300, ma fu con il passaggio a Ducati che arrivarono i tempi d’oro: Mark3 450 4T, 750 GT, Pantah 600 TL, Indiana 650, Monster 600.

La collaborazione era talmente stretta che la Ducati fece provare ai Vigili un prototipo, una variante della 860 GT in allestimento Corpi di Polizia. Questa versione però non andò mai in produzione.

Non vi sembrano modelli sportivi? Ci pensavano la Ducati e l’entusiasmo dei Vigili bolognesi.

In un reparto di 90 motociclisti c’erano almeno una ventina di domande per partecipare alle gare – ricorda Corrado Stanzani, oggi in pensione, che prima di diventare brigadiere e coordinatore della “squadra corse” sotto le Due Torri aveva gareggiato a sua volta e non era mai stato sconfitto in una gimkana – Si allenavano nel tempo libero, fuori dall’orario di lavoro, ma avevano l’autorizzazione a farlo con le moto di servizio e anche a portarle fuori dal Comune; nei giorni delle corse, i Vigili-piloti addirittura figuravano in missione. Un mese prima delle gare si mettevano in ferie e cominciavano ad allenarsi tutti i giorni: arrivammo a scegliere i tracciati d’allenamento in base alle caratteristiche dei percorsi su cui si sarebbe fatta la gara. Si cercavano sterrati adeguati sui colli attorno alla città e poi si andava con tutto il gruppo, con le radio di collegamento e i cronometri per prendere i tempi in prova speciale. Il maresciallo Bettini, responsabile del Reparto Moto, decideva poi chi fare correre e formava le coppie”.

Ma non c’erano solo strade ghiaiate e cavedagne, era ancor più importante la precisione nei controlli orari: in gara, nelle prove speciali, veniva conteggiato un punto di penalità per ogni secondo di distacco dal primo, mentre ai C.O. il punto di penalità era per ogni decimo di secondo in ritardo o in anticipo.

Era difficile uscire nell’istante esatto dal tratto controllato, dove non era permesso mettere i piedi a terra; ma sui piazzali della Fiera, là dove una volta si faceva il Motor Show, i Vigili di Bologna si allenavano sotto l’occhio degli uomini della Federazione Italiana Cronometristi; e sugli stessi piazzali sistemavano birilli e ponti basculanti per prepararsi alla gimkana. Se c’era da tenere aperta la manetta erano fortissimi, ma con il cronometro erano imbattibili.

Vinciamo le Sei Giorni, vinciamo nel Campionato Italiano, i miei capi vogliono che vinca queste e invece le vincete voi!”, brontolava il buon Mattioli, responsabile delle Fiamme Oro che in realtà vincevano tantissimo.

Ma i bolognesi si facevano rispettare. C’era un rapporto bellissimo: “Quando vincemmo ad Arezzo – ricorda Idalgo Fabbri, l’uomo di punta degli emiliani – all’ingresso dell’autostrada trovammo le Fiamme Oro sull’attenti al passaggio del nostro pullman”.

Idalgo Fabbri era il campionissimo dei Vigili di Bologna e vinse tantissimo. Quando le moto di servizio erano le 750 GT, sulla sua il reparto esperienze Ducati montò “fuoriserie” il motore Desmo. Clamorosa la vittoria di Fabbri in questa prova speciale di Monte Calvo che nel 1979 determinò il successo della squadra Bologna A nella gara di casa, contro i piloti professionisti delle Fiamme Oro.

Professionisti delle corse non ce n’erano, ma sarebbe stato un grave errore sottovalutarli: Bologna aveva i suoi campioncini e non scherzavano. Abbiamo appena citato Idalgo Fabbri, capelli bianchi fin da ragazzo e un fisico possente che gli permetteva di maneggiare la pesante 750 GT come una bicicletta.

Ma oltre ad essere velocissimo, Idalgo aveva una dote ancor più rara: era l’unico in grado di gestire Luciano Merzari, il fantasista, campione di biliardo – sfiorò un titolo italiano – e in moto.

Non era divorato dalla passione quanto gli altri, ma era una di quelle persone a cui viene tutto bene: nelle ore di servizio in città faceva surplace dietro gli autobus per allenarsi a passare i controlli orari spaccando il decimo di secondo.

L’opposto della precisione – lo inquadra Luigi Cavicchi, per qualche anno Vigile-pilota e successivamente responsabile e coordinatore del reparto – Arrivava in anticipo al controllo orario, si toglieva la giacca e si metteva a fumare. Fabbri lo rivestiva, gli dava una botta in testa e via a tagliare il C.O. appena in tempo. Merzari era fortissimo, ma solo Idalgo riusciva a tenerlo in riga”.

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Idalgo Fabbri, a destra, e Luciano Merzari, a sinistra, formarono una coppia che vinse tantissimo e fece incetta di coppe. Come nella gara corsa nel 1981 a Pavia, dove c’era uno dei Comandi più competitivi.

Andavano forte anche Marco Dalle Donne, che dopo una gioventù da pirata della strada era passato al versante opposto, Duilio Ansaloni, lo stesso Cavicchi che già alla prima gara della sua vita aveva vinto una prova di accelerazione, e poi Massimo Abà, la grinta in persona.

Cintura nera di karate e un coraggio da leone che però a volte lo portava a sbagliare. In sella alla sua moto non temeva nemmeno il Demonio e aveva all’attivo diversi inseguimenti: “Eravamo in pattuglia anti rumore e uno invece di fermarsi all’alt fuggì – racconta – Ovviamente lo inseguimmo, lui cercò di seminarmi e fece anche cadere un collega, ma io non mollai; in questi casi devi aspettare che sia lui a sbagliare. Difatti, dopo parecchie acrobazie nel traffico, cadde cercando di saltare un cordolo. Lasciai la moto e mi fiondai su di lui, quello cercò di aggredirmi, ma ebbe la peggio e gli picchiai anche le manette sulla testa. Nel frattempo arrivarono gli altri colleghi e lo arrestarono”.

Lo strettissimo rapporto con i Vigili non portò vantaggi commerciali alla Ducati, che su certe forniture addirittura lavorò in perdita, ma ne dette in termini di prestigio; poi diventava questione di amicizia e di orgoglio campanilistico. A quei tempi il Reparto Esperienze poteva permettersi qualche divagazione e a Franco Farnè che lo dirigeva non dispiaceva affatto.

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Dal 1981 arrivarono le Pantah 600 TL e ancora una volta quelle usate per le gare non rimasero standard. Impegnato sulla Pista Azzurra nel 1983 è Massimo Abà, uno dei bolognesi di punta: ammortizzatori, forcella e gomme non sono quelli di serie.

Conoscevamo tutti i suoi uomini e l’ingegner Taglioni, il capo, era una persona squisita – racconta ancora Fabbri – Dalla nostra città avevamo un bell’aiuto: l’amministrazione comunale ci appoggiava, la Ducati ci preparava i motori e la Marzocchi ci dava forcelle e ammortizzatori ufficiali; mettemmo anche le gomme tassellate”.

Le moto delle corse erano quelle di servizio, però si cercava di usarle il meno possibile – puntualizza Cavicchi – Non so cosa facessero alla Ducati in quei motori, ma so che quando aprivo andavano forte!”.

Motori Desmo in anteprima, forcelle Öhlins. Praticamente un reparto corse dedicato…

Di tutto, facevano: addirittura le 750 dei Vigili ebbero i motori Desmo quando per il modello di serie ancora non c’era, mentre un paio di Monster “…sono diventate moto da gara mascherate – svela Giuliano Musi nel suo libro “I Pulismani” – tanto da non aver rivali, specie in quelle di accelerazione. Dei mezzi di serie, infatti, avevano conservato solo l’aspetto esterno, mentre motore e assetto (grazie anche alle forcelle Öhlins) erano da pura competizione”.

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

 

Un’ambientazione inconsueta per un Vigile. E’ il rettilineo del circuito di Imola e sullo sfondo ci sono i box. Impegnato a tutto gas nella prova di accelerazione è Luciano Merzari, nel 1982. Sul casco regolamentare, lo stemma del Comune di Bologna.

D’altronde, il rapporto era così stretto che a volte sulle moto di servizio venivano fatte prove utili per la produzione in serie, test di durata; e, almeno in un’occasione, a un Vigile venne affidato per un test un prototipo vero e proprio per i Corpi di Polizia, mai andato in produzione: sulla ciclistica di una 750 GT venne montato un inedito motore 860.

Idalgo Fabbri lo ricorda bene: “Allora non c’erano i limiti e quella moto andava fortissimo. Conoscevo bene la Tangenziale, ma a quella velocità le curve diventavano così strette!”.

Oggi queste cose non succedono più, in Tangenziale non si possono superare i 90 Km/h e l’epopea delle gare per Corpi di Polizia è finita, si è ridotto enormemente anche il numero delle pattuglie motocicliste in servizio.

“Gufi” li chiamavano i ragazzini bolognesi, perché incontrarli in sella al motorino “truccato” portava sfortuna.

Ma i ragazzini adesso sono diventati grandi, e i Gufi – “quei” Gufi, bonari e appassionati di moto – li rivedrebbero volentieri.

a sinistra: Il regolamento imponeva che si gareggiasse con le uniformi di servizio. Il Vigile Rinaldi, in sella a una Pantah nel 1983, dimostra che veniva applicato con elasticità: la giacca è d’ordinanza, i pantaloni di pelle e gli stivali da cross un po’ meno! A destra: Martinelli affronta il ponte basculante in una gimkana del 2001 con il Monster 600 in allestimento Vigili, dotata di borse e parabrezza. Questa moto era arrivata nel 1996. L’aspetto era tranquillo, ma i motori no: la Ducati li aveva “pompati” generosamente e nelle prove di accelerazione erano temibili.

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