Molti tra coloro che seguono assiduamente le vicende del Motomondiale ritengono che il campionato 2020 della MotoGP sia stato uno dei più avvincenti degli ultimi anni.
Questa percezione deriva dal fatto che il campionato è stato caratterizzato dalla grande incertezza dovuta a due particolari circostanze: i tempi sul giro molto ravvicinati con i 15 piloti più veloci spesso separati da meno di un secondo e i tanti vincitori di tappa, alcuni alla prima vittoria in carriera, tanto che solo verso la fine ha incominciato a delinearsi il profilo del potenziale Campione; infatti Joan Mir ha conquistato il titolo aritmeticamente solo ad un Gran Premio dalla fine. In parole semplici non c’è stato un dominatore assoluto.
E’ evidente che se tanti piloti sono compresi in una frazione di tempo così ridotta non è difficile che tra un Gran Premio ed il successivo, anche se disputato a distanza di una sola settimana sullo stesso circuito come è spesso accaduto in questo anomalo 2020, un pilota possa passare da essere tra i primi 5 ad esser relegato fuori dalla top ten.
Abbiamo visto piloti vincere un Gran Premio per poi crollare nelle retrovie in qualche Gran Premio successivo; i due esempi più clamorosi sono rappresentati da Dovizioso e Quartararo, i due maggiori candidati alla vittoria finale.
Viene allora da chiedersi a cosa è dovuto questo scenario alquanto unico e se veramente i gran premi di quest’anno hanno avuto uno svolgimento diverso da quelli degli anni più o meno recenti.
Da un esame superficiale questo mondiale è risultato particolarmente avvincente perché nessuno dei potenziali aspiranti al titolo è riuscito a ottenere risultati costanti nell’ambito dei 14 Gran Premi in agenda, anzi qualcuno come Dovizioso non ha assolutamente risposto alle aspettative che, in assenza di Marquez, lo vedevano come il naturale e scontato candidato al titolo.
Anche i primi due in classifica generale, il campione Mir ed il secondo classificato Franco Morbidelli, hanno avuto un rendimento poco costante; lo spagnolo è salito per la prima volta sul podio solo alla 4° gara (Austria 1) collezionando anche un 7° ed un 11° posto mentre l’italiano alle sue tre vittorie, contro una sola del campione, ha aggiunto solo altri due podi.
Ma quali possono essere i motivi di questo andamento ondivago delle performance dei piloti, alcuni fra i migliori e più esperti che calcano le piste del Motomondiale?
Sicuramente il calendario che, a causa del Covid19, è stato “compresso” nella seconda metà dell’anno e quindi disputato in condizioni meteo diverse dal consueto, mediamente più fredde. Le diverse temperature, unite all’adozione di un pneumatico posteriore che offriva un extra grip e che, ancora a causa del Covid19, non è stato testato a sufficienza, ha messo in difficoltà piloti e tecnici nella ricerca di un adeguato stile di guida per i primi e di un giusto assetto per i secondi.
Ma in realtà, se andiamo ad analizzare più accuratamente i risultati dei vari piloti e li confrontiamo con quelli degli ultimi due anni, ci accorgiamo che non c’è stato niente di così insolito nella performance della maggior parte di essi.
Il risultato globale del campione, Mir, costituito da 7 podi su 14 gare è stato analogo a quelli di Andrea Dovizioso nel 2018 e 2019 quando questi è finito secondo alle spalle di Marquez con nove podi su 18 e 19 Gran Premi rispettivamente; in sintesi sia Mir che Dovizioso sono saliti sul podio nel 50% dei Gran Premi a calendario.
E i piloti che seguono Mir in classifica generale hanno avuto rendimenti simili a quelli dei piloti che hanno chiuso dietro Dovizioso nelle due stagioni precedenti.
E allora, visto che la imprevedibilità dei risultati sembra essere solo apparente e che quindi l’andamento del campionato 2020 non si è discostato da quello del 2018 e del 2019, cosa è veramente cambiato? La risposta è semplice, quasi banale: l’assenza di Marquez.
E per dare una spiegazione “aritmetica” a questa risposta è sufficiente analizzare il campionato 2019 dello spagnolo, probabilmente la performance più grande di tutti i tempi.
Nel corso del 2019 Márquez è salito sul podio in 18 delle 19 gare (12 vittorie e sei secondi posti ed un ritiro per cause tecniche quando era in testa) con un tasso di successo del 94%. Ma anche nel 2018 non gli era andata male con 14 podi su 18 Gran Premi per una percentuale pari al 77%.
In sua assenza nessuno è riuscito a replicarne le prestazioni; paradossalmente l’assenza di Marquez ne ha dimostrato con ancor maggiore evidenza, se ce ne fosse stato ancora bisogno, il talento e la superiorità.
Certo, c’è un motivo tecnico per questo rendimento alternato dei piloti ed in qualche caso nettamente al di sotto del loro standard (leggi Dovizioso in particolare).
Le gomme Michelin della MotoGP hanno una finestra operativa di temperatura molto stretta, il che rende molto difficile per i piloti far rientrare la temperatura del pneumatico in quella finestra ad ogni gara, in base ai diversi layout del circuito, alla temperatura della pista, alle caratteristiche della moto e, non ultimo, al proprio stile di guida. Nel contempo l’anteriore Michelin non offre quel comportamento roccioso e quel feeling che invece offriva l’anteriore Bridgestone.
Insomma, solo pochi gradi di temperatura della pista possono fare un’enorme differenza: dall’essere nella lotta per il podio alla lotta per rimanere tra i top ten.
Dovizioso è quello che ha sofferto di più a causa del suo stile di guida che chiede molto all’anteriore facendo derapare il posteriore per girare, tecnica inapplicabile quest0’anno a causa dell’eccellente grip fornito dal pneumatico posteriore 2020.
In definitiva se vogliamo attribuire a qualcuno l’emozionante imprevedibilità del Mondiale 2020 della MotoGP bisogna “ringraziare” Marquez per la sua assenza, la Michelin per aver introdotto un pneumatico posteriore critico e Dovizioso per il suo drastico calo di prestazioni, dovuto anche alle tensioni all’interno del box.
Le gomme Michelin della prossima stagione saranno le stesse, quindi i tempi sul giro saranno altrettanto vicini e le gare altrettanto difficili da prevedere. Ma lo scenario potrebbe cambiare se i tecnici, specialmente quelli della Ducati, avranno capito dove e come intervenire per sfruttare al meglio il posteriore e se i piloti saranno riusciti ad adeguare il proprio stile di guida alle esigenze dello stesso.
Se poi Marquez dovesse rientrare abbastanza presto con il fisico totalmente rigenerato …
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