La manutenzione della moto: gli attrezzi giusti

La manutenzione della moto: gli attrezzi giusti

Vediamo in questo articolo dedicato agli attrezzi, cosa serve per provvedere in prima persona alla manutenzione della propria moto. Prima parte.

Ciò che molto spesso distingue l’appassionato Ducati dal comune motociclista è l’amore per la meccanica e il “fai da te”. A parte qualche sparuta eccezione, difficilmente chi si trova a cavalcare una bicilindrica desmodromica non conosce almeno nei rudimenti la meccanica del proprio mezzo, e tantissimi sono quelli che effettuano almeno la manutenzione ordinaria della moto nel garage di casa.

Dedichiamo perciò questo articolo a tutti quelli che ancora oggi hanno timore di mettere mano sulla propria moto, o che da tempo assaporano l’idea di realizzare una piccola officina casalinga, cercando di approntare un piccolo manuale di riferimento sull’attrezzatura da scegliere e l’organizzazione da seguire nel proprio garage.

Esistono alcuni principi base che molti hanno già ampiamente sperimentato, ma che non bisogna dimenticare mai.

Gli attrezzi necessari alla manutenzione della moto

In primis, potete equipaggiare la vostra officina di tutto l’immaginabile, ma quello che vi servirà veramente lo scoprirete solo nel momento del bisogno. Ecco perché è inutile cercare di approvvigionarsi di ogni attrezzatura all’inizio: man mano che i lavori procederanno, vi renderete conto di cosa vi serve realmente e potrete procurarvelo risparmiando tempo e salute.

In secondo luogo, in officina non si butta via mai niente: viti, guarnizioni, spezzoni di tubo… Ogni residuo delle lavorazioni, se ancora servibile, va conservato, perché la volta successiva potrebbe rivelarsi la chiave per risolvere un nuovo problema e, a quel punto, potrebbe essere troppo tardi per rimpiangere di averlo gettato via.

Allo stesso modo, è inutile riempirsi preventivamente di un esagerato assortimento di bulloni e rondelle che non serviranno mai: la dotazione crescerà spontaneamente nel tempo, arricchendosi unicamente dei componenti più utili e di uso ricorrente.

Il primo passo è, dunque, quello di rifornirsi degli attrezzi essenziali: sono ovviamente bandite a priori le dozzinali cassette multiuso “da supermercato”.

L’attrezzatura che contengono, infatti, può andare bene per montare una mensola in casa o per giocare al meccano, ma mettere le mani su una motocicletta richiede strumenti di maggiore e comprovata qualità.

Al riguardo, vale sempre il principio del “chi più spende, meno spende”: un attrezzo scadente, infatti, da un lato può rompersi nel momento meno opportuno, dall’altro può rovinare, con conseguenze spesso drammatiche, le viti e i bulloni su cui va ad agire.

Una chiave inglese di marca può costare da sola quanto e più di un set di attrezzi scadente, ma nel momento del bisogno può rivelarsi un buon investimento.

Per questo motivo, vale quanto detto per la minuteria: magari rinunceremo ad avere la serie completa delle chiavi inglesi, ma acquisteremo solo quelle che ci servono da un buon ferramenta, scegliendo tra le marche e i materiali migliori.

Anche l’officina più modesta non può rinunciare alle chiavi inglesi di uso comune: tra queste, ovviamente, quelle di diametro compreso tra 8 e 15 mm, vale a dire quelle che servono ad allentare e stringere le viti, i dadi e i bulloni più diffusi sulle nostre motociclette.

Una buona scelta è quella di acquistare chiavi di tipo combinato, cioè dotate di un’estremità aperta e una chiusa (a occhiello), quest’ultima di maggiore affidamento specie in caso di serraggi particolarmente intensi.

Di più recente introduzione sono le chiavi combinate a cricchetto, di assoluta e impareggiabile praticità, nelle quali l’occhiello è dotato di una ruota libera che consente il blocco automatico in una direzione di rotazione: in questo modo, non è più necessario sfilare e reinserire la chiave a ogni manovra, il che risulta assai comodo nel caso di un accesso difficile al dado o bullone.

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Le chiavi a cricchetto sono preferibili a quelle inglesi tradizionali, in quanto non costringono a sfilare e reinserire la chiave stessa ad ogni manovra.

A tale riguardo, è bene ricordare che le classiche chiavi aperte vanno usate con moderazione e, comunque, solo per serraggi che non richiedano o presentino particolare intensità.

Il livello superiore di equipaggiamento è costituito dalle bussole poligonali: anche in questo caso, conviene diffidare dai kit commerciali, nei quali il maggior punto debole è rappresentato dagli inserti e dai cricchetti.

Questi ultimi devono essere particolarmente robusti, specie per quanto riguarda il meccanismo della ruota libera, poiché il suo improvviso cedimento può rivelarsi pericoloso anche per l’operatore.

Esistono inoltre bussole con innesti di diversa misura: per le nostre moto sceglieremo quelli da 1/4” e 1/2”, senza dimenticare che maggiore è la coppia di serraggio, maggiore dovrà essere la sezione dell’innesto, al fine di evitare la rottura più che giustificata dello stesso.

Come per le chiavi inglesi, anche per le bussole esistono componenti di bassa, media e alta qualità: in questo caso, il pericolo di danneggiamenti è comunque minore, ma vale sempre il principio già ricordato che consiglia di fare un buon investimento fin da subito.

La chiave dinamometrica: come si usa e come si conserva

Il livello supremo del serraggio prevede l’adozione di una o più chiavi dinamometriche. Finora, infatti, ci siamo preoccupati semplicemente di predisporre di strumenti che consentono di agire su viti, dadi e bulloni, senza viceversa preoccuparci della coppia da applicare agli stessi, ovvero di quanto “stringerli”.

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L’utilizzo della chiave dinamometrica è richiesto sempre sui componenti critici del motore. (si ringrazia NCR per la realizzazione delle foto).

Diciamo subito che la misura del serraggio è tanto più importante quanto lo è la funzione dell’accoppiamento su cui andiamo a operare: vale a dire che una vite del supporto reggifaro può anche essere serrata “a sensazione”, ma non certo un prigioniero del motore! La dinamometrica, come recita peraltro il nome, è una chiave in grado di misurare la forza, o meglio la coppia di serraggio applicata a una vite o a un bullone.

Sebbene l’aspetto sia quello di un normale cricchetto per bussole poligonali, nel manico della dinamometrica è contenuto un preciso sistema equipaggiato di una molla calibrata in grado di “scattare” nel momento in cui si raggiunge la coppia di serraggio desiderata.

Quest’ultima viene regolata a priori ruotando la manopola ricavata nella stessa impugnatura, leggendo quanto riportato dall’indice graduato a essa collegato. Agendo sulla regolazione non si fa evidentemente altro che aumentare il precarico (cioè “tirare”) la molla al crescere della coppia di serraggio richiesta.

L’arpionismo collegato alla molla, nel momento in cui la vite è stretta a dovere, si sgancia dall’innesto per la bussola e quindi si avverte il caratteristico “scatto”.

Per un corretto utilizzo della chiave, occorre procedere con un unico e continuo movimento fino allo scatto: ricordiamoci, infatti, che la chiave non serve per avvitare o svitare, ma solo per regolare la giusta coppia.

Vale a dire che la useremo solo dopo aver portato a battuta e avere stretto moderatamente la vite con una chiave tradizionale.

Buona norma è quella, dopo avere avvertito il primo “click”, di ruotare leggermente indietro la chiave di qualche decina di gradi e dare quindi la seconda stretta di verifica: in tal caso, la dinamometrica dovrebbe scattare subito, a conferma del buon serraggio effettuato.

Veniamo quindi alle modalità di conservazione della chiave: dato il meccanismo interno calibrato, la dinamometrica va maneggiata e conservata con cura, evitando di sottoporla a colpi troppo forti o all’umidità. Insomma, per battere su un dado che non vuole allentarsi useremo qualcos’altro, mentre la preziosa chiave riposerà al sicuro nella propria custodia.

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Anche se non siete meccanici della MotoGP è sempre bene riporre gli attrezzi in modo ordinato, in modo da prolungarne la durata e lavorare meglio.

Altra cosa fondamentale, ma spesso trascurata, è che la chiave dinamometrica va riposta sempre e comunque dopo averla scaricata: dopo ogni utilizzo, quindi, occorre mettere a riposo la molla svitando completamente la manopola di regolazione, per evitare che il registro della coppia perda la propria essenziale taratura.

Se il discorso della qualità e della marca valeva anche per le chiavi più semplici, per questo particolare attrezzo è fondamentale: purtroppo, dato che comunque il meccanismo di funzionamento è piuttosto semplice, esistono in circolazione chiavi dinamometriche di scarsa qualità, che come minimo non offrono garanzie di corretta taratura.

Mai come in questo caso è indispensabile investire in un attrezzo di comprovata qualità, dato che la precisione della misurazione è l’obiettivo fondamentale.

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