Franco Farnè: l’uomo di Borgo Panigale

Franco Farnè: l’uomo di Borgo Panigale

Pilota, collaudatore, tecnico e manager: ripercorriamo le fasi salienti e gli aneddoti più interessanti della vita di Franco Farnè in Ducati.

Scomparso nel 2015, all’età di 80, Franco Farnè è stato una delle figure più rilevanti nella storia della Ducati. Braccio armato dell’ingegnere Taglioni, a lui si deve la sopravvivenza in campo motociclistico della Casa di Borgo Panigale negli anni bui e la rinascita nella seconda metà degli anni ottanta.

Di lui ci siamo occupati in passato, celebrandone le imprese come pilota, ma definire quello che Franco Farnè è stato per la Ducati, facendo una panoramica attorno alle mille sfaccettature di quel gioiello che è stata la sua carriera all’interno della Casa di Borgo Panigale è un’impresa quasi impossibile.

Dare una definizione di quello che Franco è stato per l’Azienda sarebbe veramente riduttivo, in quanto non è possibile classificarne il ruolo in una sola mansione, imprigionarne l’opera in un solo ambito, anche se provassimo a fare il tentativo di spezzare la storia della sua carriera in vari periodi temporali. Farnè è stato pilota e anche collaudatore, manager di se stesso e di altri piloti, è stato a fianco dell’Ingegner Taglioni quando si è trattato di mettere modelli in produzione, ha veramente rappresentato la spinta a competere, dimostrandosi capace di essere sia il braccio che la mente di ogni avventura.

Farnè ha iniziato la sua carriera in Ducati come pilota grazie alle corse di gran fondo, come il Motogiro e la Milano-Taranto

Quindi ci arrendiamo. Ci dichiariamo battuti in partenza e scegliamo di fare due chiacchiere con lui senza l’assillo del rigore della continuità storica, andando a curiosare a macchia di leopardo alla ricerca di un aneddoto, di una storia curiosa oppure, come fanno i bambini, a farci narrare ancora una volta quella storia, che magari conosciamo, ma che raccontata un’altra volta, da lui in persona, continua ad appassionarci e a emozionarci.

Nato il 15 ottobre 1934, dopo aver lavorato in un’officina dove si riparavano biciclette e nella quale ebbe i primi contatti con i Mosquito e soprattutto con i Ducati Cucciolo, dopo aver fatto il garzone di un panettiere e il saldatore, il mondo dei motori se ne appropria in maniera definitiva: lo troviamo impegnato in un’officina automobilistica a suggellare il primo giuramento di fedeltà a un settore che non abbandonerà mai più.

Orfano di padre, la carriera alla Ducati inizia così: “Fu mia madre, dipendente dell’Azienda di Borgo Panigale, a stipulare un accordo perché io subentrassi a lei.” Franco aveva diciassette anni e fu messo a lavorare in sala prove, a occuparsi del Cucciolo e dello scooter Cruiser. “La mia fortuna come pilota – racconta Farnè – furono le gare di durata che si disputavano in quegli anni: la Milano-Taranto e, soprattutto, il Motogiro d’Italia.

Queste gare erano la vetrina a disposizione delle Case per presentare al pubblico i propri prodotti. La gente era assiepata lungo il percorso e le moto e i piloti erano esaltati dall’enfasi dei commentatori delle immagini che giravano nei cinegiornali. La televisione, infatti, non era ancora diffusa nelle case degli italiani ed eravamo all’inizio del periodo della motorizzazione di massa.

Era anche vitale che nelle classifiche, che i giornali sportivi dell’epoca riportavano integralmente, figurasse all’arrivo il maggior numero possibile di moto. “Io scorrazzavo per Bologna in sella a un Ibis 48 che avevo pompato a 60 cc, riuscivo a stare agevolmente davanti a moto più potenti e fui notato da Eugenio Lolli, un caporeparto che svolgeva anche la mansione di direttore sportivo. Avevo fatto domanda per entrare nella squadra che avrebbe disputato la prima edizione del Motogiro e fui accontentato, grazie anche al fisico minuto che mi avrebbe consentito di raccogliermi meglio sulla moto.

Farnè insieme ad alcuni dirigenti Ducati, tra cui Taglioni, davanti alla 450 RT.

E’ l’inizio di una carriera che sarà costellata di esaltanti vittorie di tappa e anche di frustranti rotture: “Sì, perché spesso le moto che mi venivano affidate erano quelle che erano state usate per provare l’intero percorso o avevano montati dei particolari sperimentali.

L’impegno di Franco, come quello di molti corridori di quel tipo di gare, si divide tra il lavoro in Azienda e le competizioni. Sarà proprio questo duplice valore, che Franco riesce a fornire alla Ducati, a frenarne in un certo senso la carriera di pilota.

Inizia a correre anche in circuito, togliendosi la soddisfazione di vincere molte gare, e per tre anni di fila, dal 1956 al 1958, si aggiudica il Campionato Italiano Juniores: “Paradossalmente, il fatto che il mio lavoro a Borgo Panigale fosse un valido aiuto per l’Ingegner Taglioni ritardò il mio passaggio alla categoria Seniores. Mi diceva di essere paziente e che c’erano piloti più anziani di me che dovevano fare il salto di categoria! Il mio rapporto con l’Ingegnere, però, mi ripagava e mi permetteva una certa autonomia. Magari andavo da lui e gli dicevo che avevo pensato a una certa soluzione per un motore e lui mi dava il permesso di attuarla, per poi analizzarne insieme l’effettiva validità. Oppure mi diceva che secondo lui non avrebbe funzionato, ma che se avessi voluto, avrei potuto tentare di metterla in atto.

Alla fine, il passaggio fra i piloti “veri” arrivò e Franco Farnè, il 16 aprile 1961, firmò la sua vittoria più bella in sella a una Ducati. Partorita dalla mente magica e lungimirante di Checco Costa, si disputava la Coppa d’Oro Shell a Imola, una gara internazionale non inserita nel campionato del mondo alla quale, però, prendevano parte i migliori piloti dell’epoca.

C’erano le Honda di Redman e Phillis, c’era il tedesco Degner con la MZ, la Bultaco con Cama e la Mondial di Francesco Villa. E’ questa la storia che vogliamo sentire, ancora una volta, da Farnè: “Io avevo la mia scuderia, la Farnè-Stassano, e le mie Ducati 125 Desmo. Volevano farmi correre con la versione a carter lunghi, ma io preferivo le mie moto.

Solo un mese prima, nella prova inaugurale del campionato italiano a Modena, Farnè aveva battuto tutti doppiando anche il terzo classificato e rifilando alla Mondial di Villa, secondo, ben 33”, ripetendo l’impresa nella seconda prova di Cesenatico: Villa sulla Mondial secondo distanziato e unico a non finire doppiato.

Farnè era veramente in palla: “Le prove della Coppa d’Oro Shell si disputarono sotto la pioggia e io feci il miglior tempo alla pari con Degner. Phillis e Redman avevano le Honda che erano impiegate nel campionato britannico, meno potenti di quelle usate nel Mondiale, ma pur sempre temibili. Il giorno della gara non piovve. Subito dopo il via, Degner fu costretto a fermarsi per cambiare la candela: io ero primo con Redman e Phillis dietro. Ero padrone della situazione e potei gustarmi, con un certo divertimento, una scenetta divertente. Accadde che Degner, nel fermarsi, perse un giro. Un mio amico, nonché uomo di fiducia, se ne accorse, l’Ingegner Taglioni no. Una volta ripartito, il tedesco si buttò a testa bassa in una furiosa rimonta: il mio meccanico, quando passavo, dai box, con la paura che potessi rompere e sicuro che Degner non rappresentasse una minaccia, mi faceva segno di rallentare, Taglioni, invece, impaurito dal suo ritorno, credendolo a pieni giri, mi faceva segno di tirare. Era bellissimo e io intanto tra me dicevo al tedesco: ‘Vieni, vieni!’ Ero sicuro, tanto che come vidi la sua sagoma avvicinarsi, abbassai la media sul giro. La folla era impazzita, fino a che la moto tedesca si ruppe e non ci fu più storia!

L’australiano Phillis, che in quello stesso anno avrebbe dato alla Honda il primo titolo mondiale della sua storia, finì secondo distanziato di circa mezzo minuto. Franco, venticinquenne, venne indicato come l’erede di Ubbiali, prima che un grave incidente lo privasse della possibilità di proseguire la carriera.

Contemporaneamente, però, iniziò quella di responsabile del reparto corse: ancora vittorie e un rapporto nuovo con i piloti.

Il mio preferito è stato Mike Hailwood, uno capace di salire dopo otto anni su una moto e vincere il Tourist Trophy, girando più forte di Agostini, pur essendo su una moto derivata di serie! Poi ricordo Spaggiari, dal quale, come pilota, a volte ho preso paga. – dice sorridendo – Bruno era fortissimo e, anche se non ha mai conquistato il Mondiale, ha vinto delle belle gare. Poi c’erano Gandossi, anche lui veramente forte, e Francesco Villa. Nelle gare di durata, invece, quelli che mi hanno impressionato di più erano gli spagnoli: Canellas, Grau e anche Garriga. Erano capaci di correre come un solo uomo, senza essere rivali fra loro, cercando di tirare su anche quello che tra loro era occasionalmente meno veloce.

la-sua-Mike-Hailwood
La bellissima Mike Hailwood replica di Franco Farnè, il quale ha sempre nutrito grandissima ammirazione per il pilota inglese.

Erano gli anni nei quali la sigla NCR si accompagnava agli exploit nell’Endurance: “Nepoti e Caracchi erano miei amici. Iniziammo a far costruire loro qualche telaio, su specifiche del reparto corse. Affidavo a loro il lavoro perché, in tempi di mancanza di risorse, era meglio non distogliere personale dalla produzione. C’è da dire che la NCR è cresciuta venendo dietro a me e che i suoi uomini sono diventati bravi e famosi perché io me li portavo dietro.

Andiamo avanti e arriviamo all’avvento della gestione dei Castiglioni: “Ah, lì le cose cambiarono! Iniziammo veramente a fare delle belle moto. C’era Massimo Tamburini e c’era la disponibilità per correre. Claudio Castiglioni era uno che si faceva valere: si faceva come diceva lui, punto e basta!

Farnè rimase nel reparto corse della Ducati fino alla fine degli anni Novanta, poi la collaborazione con Stefano Caracchi e il Team SC: altre vittorie e, su tutte, quella di Gianluca Nannelli a Imola in Supersport con la 749. Era il 2005 e l’odore dello champagne che inzuppò Franco, raggiante come non lo avevamo mai visto sul podio, sembra di sentirlo ancora adesso!

Foto di Paolo Grana e Archivio Storico Farnè

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

Andrea Tessieri

Andrea Tessieri, da sempre appassionato di motociclismo sportivo, segue le tappe italiane del WorldSBK e del mondiale GP professionalmente dalla fine degli anni novanta. Collaboratore di Mondo Ducati come fotografo e giornalista fin dai primi numeri, la propensione alla studio della storia del motociclismo sportivo lo porta alla pubblicazione di Ducati Racing, nel 1999, e del più recente Ducati Legends, uscito alla fine del 2021.

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