Virginio Ferrari: cuore rosso

Virginio Ferrari: cuore rosso

Ripercorriamo in questo articolo le tappe della carriera di Virginio Ferrari, importante personaggio sia nelle vesti di pilota che di Team Manager Ducati.

Virginio Ferrari, Marco Lucchinelli e Franco Uncini: a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, i tre moschettieri del motociclismo italiano nella classe regina.

Illuminarono il vuoto lasciato dal ritiro di Giacomo Agostini, inserendo un’importante parentesi negli anni di dominio dei piloti americani e australiani.

Se Marco e Franco ebbero di fatto la consacrazione, vincendo il titolo della classe 500, rispettivamente nel 1981 e 1982, la stagione nei GP che Virginio Ferrari corse nel 1979 fece da splendido preambolo ai trionfi degli altri due.

Quell’anno, infatti, vinse Kenny Roberts, ma Virginio seppe contendergli il titolo fino all’ultima drammatica gara di Le Mans, dove l’italiano incappò in una rovinosa caduta. Si temette addirittura per la sua vita, ma fortunatamente quella non fu che una parentesi nella lunga carriera del pilota di Pellegrino Parmense.

ferrari
Siamo al Bol d’Or sul circuito del Paul Ricard, nel 1986. Ducati schiera il prototipo del primo Desmoquattro. Di spalle vediamo Marco Lucchinelli e, accovacciato in terra, Virginio Ferrari. Nella foto di apertura, Virginio Ferrari in azione sulla 888 Superbike, sulla quale, oltre a gareggiare, svolse anche dei collaudi relativi al motore.

La storia sportiva di Virginio si incrocia a filo doppio con quella della Ducati, come pilota e come Team Manager: “La Ducati è stata la mia prima moto da corsa: si dice che il primo amore non si scorda mai! – prende a raccontare Ferrari – Quindi, se vuoi, mi sento legato al Marchio a doppio filo, più per questo che per quello che per me ha rappresentato in seguito. Nel 1975, anno in cui ero passato Senior, ero un giovane di belle speranze e quella Ducati 450 monocilindrica l’avevo acquistata da Gianni Corbinati, un pilota che aveva avuto una discreta carriera, arrivando alle soglie del professionismo.”

Virginio ricorda così la prima gara in sella a quella moto: “Fu a Vallelunga. Ricordo che, nonostante ci fossero in giro le Honda-Paton e le Suzuki Titan, la mia Ducati mi permise di mettermi in luce, anche se si parlava di piazzamenti. Questo mi valse la carta da giocare successivamente: fu Farné, su segnalazione del giornalista Bruno De Prato, a ingaggiarmi per le gare di Endurance con la 860 a coppie coniche. Franco era il cuore e l’azione del Reparto Corse di Borgo Panigale.

Virginio correva già nei Gran Premi con la Paton, ma la chiamata di Farné gli permise di fare esperienza a livello internazionale.

Dunque Ferrari, fresco vincitore di una gara di Formula 1000 a Misano, in sella a una Laverda SFC, viene invitato da Farné a provare la Ducati 860 in occasione della 1000 Chilometri del Mugello: “Quella gara doveva essere corsa dalla coppia Cannellas-Grau; in pratica, dopo una selezione tra diversi nomi, fui io a dover sostituire Cannellas e a far coppia con Benjamin Grau. Per ripagare Franco, feci il giro veloce e vincemmo la gara. Quel successo mi fece guadagnare i galloni sul campo e la coppia, da lì in poi, venne chiamata Ferrari-Grau. Era il 1975.

Il periodo in sella alla 860 a coppie coniche gli riserverà altre soddisfazioni: “Farné mi fece fare altre corse. La 1000 Chilometri di Misano insieme a Carlo Perugini, che vincemmo nel 1976; poi arrivammo secondi nella 1000 Chilometri che si disputò a Le Mans. Nelle gare che si svolgevano sulla distanza dei 1000 chilometri eravamo estremamente competitivi, mentre nelle 24 Ore non riuscii mai non solo a vincere, ma addirittura ad arrivare alla fine. Il tallone d’Achille era la coppia conica del motore Ducati che, verso le due o le tre del mattino, se ne andava in pappa.

Ferrari è dunque alla ribalta e arrivano gli anni della sua lunga militanza nel mondo dei Gran Premi. E’ importante notare che, alla fine di questo periodo, Ferrari entra ed esce dall’orbita della Cagiva.

Avendo i fratelli Castiglioni acquistato la Ducati, non è raro vedere piloti impegnati nei GP con la Cagiva cavalcare anche le bicilindriche di Borgo Panigale.

Infatti, nel 1985 Virginio corre nel campionato italiano F1 con la Ducati 750 spinta dal bicilindrico Pantah. “Era una moto stupenda, anche perché avevamo il massimo della tecnologia disponibile al tempo. Aveva le ruote da 16”, delle quali ero il più esperto conoscitore, avendole collaudate ai tempi del Team Gallina, nel 1977. C’è anche da dire che non c’era più la coppia conica a comandare la distribuzione, ma la cinghia dentata. Questo si rivelerà fondamentale per l’affidabilità delle Ducati.

Con la 750 F1, Virginio vincerà a Monza e al Mugello. Il 1986 è un anno importante perché Ferrari, insieme a Garriga e a Lucchinelli, porta al debutto il prototipo della Ducati con motore a quattro valvole progettato dall’Ingegner Massimo Bordi.

Fu un’esperienza bellissima, vissuta anche sotto gli occhi attenti di Fabio Taglioni. La moto aveva dato da subito segni di sorprendente qualità.

Abbiamo chiesto a Ferrari quali erano le peculiarità che i piloti percepirono subito. “La moto andava un po’ capita. Dovevi ancora andare, tra virgolette, a pelle per comprendere quali fossero i difetti e i bisogni del motore. – Ferrari continua nel racconto – Eravamo noi piloti a indirizzare i tecnici circa la messa a punto dell’iniezione, forti di anni di esperienza con la carburazione dei motori a due tempi. Così arrivammo al Paul Ricard con una moto abbastanza a punto.

Molti si staranno domandando che atmosfera si respirava in quel weekend al Bol d’Or.

C’è da dire che non si faceva tutto il lavoro di comunicazione che si fa oggi. – racconta Virginio – Noi andammo lì con il nuovo motore a quattro valvole, ma lo facemmo in modo discreto, perché non sapevamo quale poteva essere il contraccolpo qualora le cose non fossero andate per il verso giusto. Si era detto, ma non troppo. Si era voluto informare, ma non erano stati fatti dei proclami. Fu una giusta e ragionevole scelta: mi ricordo che alle quattro del mattino do il cambio a Lucchinelli nella guida della moto. Negli attimi che passano, mentre i meccanici fanno rifornimento e controllano la moto, Marco mi dà una pacca sulla spalla e mi dice: – Vai Ferro, tutto a posto! – Io salto sulla moto e parto. Non ero ancora fuori dai box quando, accelerando, sento una vibrazione sulle pedane che mi fa letteralmente scivolare via i piedi. Penso alla frase di Marco e gli dedico un sonoro vaffa! Percorro quattro o cinque giri con il motore che vibra da paura. Arrivo a un certo punto del rettilineo del Mistral, a 280 Km all’ora, e ho come una scossa sulle mani. Il motore fa un frastuono incredibile. Inserisco la frizione e tolgo il gas. La spinta che avevo mi permise di percorrere ancora tre curve, poi, tagliando per gli spazi di fuga, spinsi la moto per duecento metri fino ai box. Arrivai un po’ affannato per constatare che l’avventura era finita con una biella fuori dal carter.

Dunque l’avventura è finita con la moto in mano a Ferrari, ma chi era dei tre che prese il via?Io: l’ordine era Ferrari, Garriga e Lucchinelli. Fra l’altro, c’è un aneddoto divertente da raccontare: dopo il ritiro andai da Marco a dirgli: tutto a posto, eh? E lui, provato dalle vibrazioni, tutto trafelato mi disse: non ne potevo più, avevo un male terribile alle mani, speravo si rompesse, l’ho detto giusto per ridere!

Infatti, Virginio sorride. Sono venuti poi gli anni della Bimota, del titolo di campione del mondo della classe F1 nel 1987, l’ultimo anno prima che, da questa serie, nascesse la classe SBK.

ferrari_2
Il team ufficiale Ducati del 1996. Ferrari è Team Manager, mentre Franco Farné è capotecnico. Hodgson e Kocinski i piloti.

La Bimota lo porta al titolo mondiale, ma lo allontana dalla Ducati.

Solo nel 1991 potrà di nuovo correre con la moto di Borgo Panigale: gli viene affidato, in sordina, un motore evoluzione da collaudare: “Non vollero dare quel motore a un pilota troppo sotto i riflettori e, quindi, pensarono a me. Così, approfittando del fatto che tornavo a correre con una 888, al Mugello mi affidarono il propulsore che volevano sperimentare in gara.

Nel 1991, alla guida sportiva del team ufficiale in Superbike c’è Lucchinelli. Il pilota di Ceparana, però, ebbe delle vicende personali ed è stato in quell’anno che Castiglioni ha chiesto a Virginio di sostituirlo.

Rifiutai: non avrei preso il posto di un amico in difficoltà.

Le carriere di Marco e Virginio, condite da una sana rivalità, si intrecciano spesso e rappresentano un esempio da seguire su come si possa essere avversari e amici nello stesso tempo.

Così, nel 1991 è stato Uncini a prendere le redini della squadra Ducati nel campionato delle derivate di serie. E’ stato poi il turno di Roche e, finalmente, di Virginio, nel 1994.

Inizia l’epopea della Ducati 916. “Partimmo con i collaudi di questo incredibile mezzo creato da Tamburini alla fine del 1993, con Giancarlo Falappa. Nel 1994 iniziammo vincendo subito. Avevamo il vantaggio della cilindrata che ci permetteva di fare il bello e il cattivo tempo. Fu una decisione sapiente di Massimo Bordi quella di centellinare gli aumenti di cilindrata. Partimmo da un peso di 145 Kg e, quando i giapponesi fecero imporre l’aumento di peso, visto che io avevo deciso di montare l’acquisizione dati (Ducati fu la prima a farlo in Superbike, ndr), per arrivare ai 155 Kg imposti dovemmo mettere solo due chili di zavorra. Con la telemetria i nostri progressi furono nettamente più rapidi. Poi, quando ci imposero di raggiungere i 162 Kg, aumentammo la cilindrata fino a 955 cc, recuperando il gap. E’ anche per via di questi tira e molla con la cilindrata che la 916 ha avuto una carriera così lunga.

Sono gli anni dell’esplosione del dominio di Fogarty, purtroppo segnati all’inizio dall’incidente di Falappa: “Giancarlo poteva essere l’uomo vincente di questa categoria: purtroppo è stato fermato dal destino.

Virginio si fa serio e aggiunge: “Devo aprire una pagina dolorosa. Per quanto riguarda l’incidente che ha avuto a Zeltweg nel 1992, Giancarlo aveva difficoltà a cambiare con il piede. Gli montammo un cambio a pulsante, sul manubrio sinistro, in modo che potesse usarlo nei circuiti dove si girava prevalentemente a sinistra. Quando cadde nelle prove private ad Albacete non fu il sistema di comando a guastarsi, come è stato scritto, ma fu proprio il cambio a piantarsi.

La gestione di Ferrari porterà i due titoli conquistati da Carl Fogarty, nel 1994 e 1995, e finirà con il titolo sfiorato da Corser nel 1998.

Foto Archivio Mondo Ducati

Virginio Ferrari: il maestro del ring

La carriera di Ferrari nei GP inizia nel 1975, al GP delle Nazioni, con la Paton 500. Già nel 1976 sarà terzo, proprio nella tappa italiana, disputata al Mugello, dietro a Sheene e Read. L’anno successivo è toccato a Imola ospitare il “Nazioni”.

ferrari_3Virginio sarà secondo dietro a Sheene. Ormai è più che una promessa e nel 1978, all’interno del Team Gallina, parte con il ruolo di seconda guida, con una moto non ufficiale, compagno dell’americano Steve Baker. Il pilota italiano dall’inconfondibile casco giallo e verde sarà spesso più veloce del suo capitano, meritandosi la moto ufficiale nell’ultima gara della stagione al Nurburgring.

In pratica, il direttore sportivo della Suzuki Heron GB, Martin Ogborne, gli allestisce una moto utilizzando i pezzi di ricambio della moto di Barry Sheene.
Ferrari non spreca l’occasione: terzo tempo in prova, vince la gara facendo anche il giro veloce, meritandosi il titolo e l’anello di “Maestro del Ring”.

La pericolosa pista tedesca, sulla quale si correva ad anni alterni, era già stata teatro di belle imprese del giovane Ferrari: nel 1976, fu suo il miglior tempo in prova, con annesso record della pista. In gara un grippaggio lo tolse di scena dopo pochi chilometri. “Era la paura di morire su quella pista che forse mi aveva fatto concentrare sui punti nei quali avrei potuto fare la differenza, – racconta Virginio – una specie di istinto di sopravvivenza. Tutte le curve erano buone per ammazzarsi. Quel tracciato era un Tourist Trophy permanente!

La stagione 1979 sarà per Virginio quella della consacrazione: ha la Suzuki RG 500 ufficiale, vince ad Assen dopo un memorabile duello con Barry Sheene, conclude secondo in campionato dietro a Kenny Roberts e alla sua Yamaha.

E’ anche l’anno del sincero impegno a favore della sicurezza, che vede il pilota parmense capeggiare la rivolta dei big che boicottano il GP del Belgio. Virginio crede nella creazione di un campionato alternativo, le World Series, svincolato dalla Federazione Mondiale. Non se ne fece nulla, a causa di un fronte che sembrava compatto e che, invece, non lo fu. L’anno successivo, passato alla Yamaha del Team Zago, si ritrova a piedi per le vicissitudini della squadra.

Virginio entra nell’orbita della Cagiva dei fratelli Castiglioni e corre il mondiale in sella alla moto italiana nel 1981, soffrendo i difetti di gioventù della moto. Torna alla ribalta nel 1982: la squadra ufficiale Suzuki lo vuole a fianco di Randy Mamola. Un incidente, nei test precampionato, sul circuito di Willow Spring, condizionerà buona parte di una stagione che, alla fine, lo vedrà undicesimo. Torna alla Cagiva nel 1983, e nel 1984 è compagno di squadra di Eddie Lawson nel Team Yamaha diretto da Giacomo Agostini. Con l’americano compagno di squadra che vincerà il titolo, Ferrari arriva decimo, collezionando una serie di ritiri e delusioni.

Nel 1985, ancora sotto le insegne della Cagiva, si toglie la soddisfazione di portare la moto italiana in terza fila nell’ultimo appuntamento di Misano. L’anno seguente tenta l’avventura in 250, con la Honda. Alcuni buoni piazzamenti lo porteranno a finire quattordicesimo.

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

Andrea Tessieri

Andrea Tessieri, da sempre appassionato di motociclismo sportivo, segue le tappe italiane del WorldSBK e del mondiale GP professionalmente dalla fine degli anni novanta. Collaboratore di Mondo Ducati come fotografo e giornalista fin dai primi numeri, la propensione alla studio della storia del motociclismo sportivo lo porta alla pubblicazione di Ducati Racing, nel 1999, e del più recente Ducati Legends, uscito alla fine del 2021.

Lascia un commento