Ducati 998: monografia dell’ultima Tamburini

Ducati 998: monografia dell’ultima Tamburini

La 998 è stata l’ultima rappresentante della famiglia superbike Ducati iniziata con la mitica 916, grazie al genio di Massimo Tamburini.

La 998 ebbe purtroppo vita molto breve perché, presentata nel 2002 nelle tre versioni base, S e R, già l’anno dopo vide sparire sia S che R dal listino, ma anche il modello base si eclissò l’anno successivo, nel 2004. Il motivo di una così breve carriera fu l’arrivo della 999, versione completamente nuova, che ne prese il posto sul mercato, ma non nel cuore di molti Ducatisti.

Tornando alla Ducati 998, curiosa fu la scelta di presentarla in tre versioni ognuna delle quali con variante diversa del motore Testastretta che aveva esordito con la 996 R. Infatti, il 998 era dotato del Testastretta da 123 Cv a 9750 giri/min (11 CV in più rispetto al 996 base), con carter presso fuso a coppa alta, la S di una versione dello stesso motore ma con 136 Cv e carter fuso in sabbia a coppa bassa (lo stesso che equipaggiava il 996 R), infine, la R con motore da 139 CV, sempre con carter a coppa bassa.

Quest’ultimo motore, inoltre, era caratterizzato da un incremento dell’alesaggio da 100 a 104 mm, che gli permetteva di girare più in alto, e da un rapporto di compressione incrementato rispetto al 996 R (12,3 contro 11,4).

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Nel 2002 Ducati allarga l’utilizzo del nuovo motore Testastretta, presente prima solo sulla 996 R, a tutte le versioni della cilindrata maggiore. Altre differenze sono rappresentate dalle carene lisce (in tecnopolimero su tutte le versioni tranne il 998 R, equipaggiato con carene in carbonio). La versione base, rappresentata nella foto di apertura, aveva il propulsore da 123 Cv, con carter pressofuso a coppa alta.

L’intera gamma 998 presentava un airbox con volume maggiore rispetto a prima e un nuovo corpo farfallato a iniettore unico soprafarfalla, con conseguente incremento della potenza.

Per una descrizione completa del motore Testastretta vi rimandiamo comunque all’articolo dedicato: un documento storico, scritto direttamente,  dall’Ing. Filippo Preziosi, al tempo direttore tecnico di Ducati Corse.

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Altra novità era la centralina Marelli 5.9, che offriva prestazioni superiori e dimensioni contenute, mentre per la ciclistica le tre versioni della 998 si differenziavano notevolmente fra di loro: forcella Showa sulle versioni base ed S, Öhlins sulla R, tutte con trattamento TiN per migliorare la scorrevolezza delle canne; ammortizzatore Öhlins completamente regolabile per tutti e tre i modelli; cerchi ruota Marchesini alleggeriti per la R con pneumatici tipo racing.

Stesso discorso per i freni; se tutte avevano i nuovi dischi da 4,5 mm di spessore, la S montava la stessa pompa freno dell’R con diametro ridotto da 16 a 15 mm, così come entrambe erano dotate delle cosiddette pinze “Triple Bridge”.

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Il nostro tester durante la prova della 998 base, che si svolse in circuito.

Da un punto di vista estetico, le 998 avevano le carene derivate da quelle della 996 R, con la scomparsa delle prese d’aria ai lati e conseguente miglioramento delle prestazioni aerodinamiche ed erano offerte nelle versioni mono e biposto, ad eccezione della R, disponibile esclusivamente con sella monoposto.

Come va la Ducati 998, nelle diverse versioni

Ducati 998

Con questa versione, dotata di cavalleria ridotta, si intendeva senz’altro offrire al pubblico una moto di più facile utilizzo, pur rimanendo evidente la sostanziale sportività del mezzo e il relativo scarso comfort. La differenza principale rispetto alla 996 era rappresentata dalla sua facilità di guida, che si esprimeva in modo evidente nell’incredibile diminuzione delle vibrazioni che il Testastretta trasmetteva a moto e pilota. Inoltre, a questa dote andava associato un netto miglioramento dell’erogazione, così che non si notava più di tanto la minore potenza rispetto alle altre versioni, apprezzando maggiormente l’equilibrio globale del veicolo.

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La 998 in compagnia delle moto protagoniste del mondiale Superbike; un’immagine che sottolinea il filo diretto che c’è sempre stato in Ducati fra corse e produzione di serie.

I cavalli della 998 biposto erano comunque più che sufficienti a garantire accelerazioni e punte velocistiche di assoluto rispetto, con in più la possibilità di sfruttare il propulsore costantemente in prossimità del 100%.

Due i difetti riscontrati su questo modello: la forcella un po’ troppo morbida in fase di affondamento e l’impianto frenante anteriore caratterizzato da una discreta potenza, ma senza la sensibilità del “Triple Bridge”.

Ducati 998 S

Non appena si accendeva il quattro valvole da 136 Cv (contro i 126 del modello base) era subito chiaro come la musica fosse ben diversa, e non solo dal punto di vista acustico. E’ infatti il motore il principale responsabile del cambiamento: la fluida e costante erogazione della 998 standard era lontana anni luce dal rabbioso tiro con il quale si viene letteralmente spinti fuori dalle curve in sella alla S.

A fare la differenza era la reattività dell’acceleratore: mentre la base rispondeva in modo tondo e progressivo, la S aveva una risposta praticamente istantanea al minimo tocco della manopola del gas.

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La S ha il motore da 136 Cv, sottocarena in carbonio, ammortizzatore di sterzo Öhlins, impianto frenante con pinze freno a 4 pastiglie, dischi freno da 4,5 mm, pompa freno da 15 mm di diametro, corpo farfallato a iniettore unico soprafarfalla, centralina Marelli 5.9, airbox con volume incrementato rispetto alla 996 S, specchietti retrovisori color carena.

Niente da dire sull’impianto frenante, chiaramente al top, grazie alla pinza Triple Bridge a quattro pistoncini e quattro pastiglie e ai dischi anteriori da 320 mm.

La posizione di guida era quella tipica della supersportiva di Casa Ducati, gravosa e senza compromessi, grazie alla quale, però, si godeva di un inserimento nel mezzo pressoché totale.

La S era comunque destinata a mani esperte e contesti appropriati, non certo adatta per un neofita e per un uso che non fosse quello sportivo. Fuori da questo contesto, il risultato sarebbe stato senz’altro controproducente, molto meglio una “tranquilla” 998 base.

Ducati 998 R

La 998 R ha segnato la massima espressione del progetto 916, partorito abbinando il bicilindrico quattro valvole dell’Ing. Bordi al talento stilistico di Massimo Tamburini.

Della R stupiva lo scarso divario in termini di cavalleria rispetto alla S, ovvero solo 3 Cv in più nonostante l’alesaggio portato a 104 mm (come quello delle moto che guidavano al tempo Ben, Ruben e Troy).

Dato ancora più eclatante considerato il gap prestazionale che invece divideva base ed S; tuttavia va considerato il fatto che, a livello fluidodinamico, la R manteneva le stesse specifiche della S, sfruttando solo in parte i possibili vantaggi derivanti dalla corsa corta. Ma l’erogazione e il comportamento in pista, il solo ambiente congeniale al suo utilizzo, evidenziavano una grande differenza, grazie a un allungo davvero ragguardevole che la rendeva capace di oltrepassare tranquillamente la soglia degli 11.000 giri al minuto.

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La versione R si contraddistingue per il motore da 139 CV con alesaggio 104 mm, codone in carbonio senza prese d’aria, cerchi ruota alleggeriti rispetto alle altre due versioni 998, dischi freno da 4,5 mm in posizione ‘allargata’, specchietti retrovisori color carena, scudetto ‘Ducati Corse’ sul codone.

Inoltre, era una moto molto più leggera, grazie al lavoro effettuato su ogni singolo componente, giungendo a un risparmio di ben 15 Kg rispetto al modello base, con 183 Kg a secco.

L’equipaggiamento della R, poi, in termini di sospensioni prevedeva materiale di primissima qualità: la forcella Öhlins digeriva qualsiasi tipo di manovra, dimostrando un’eccellente scorrevolezza e un’altrettanto valida taratura di base.

In virtù delle sue performance, la R richiedeva coperture adeguate, pena una certa apprensione nello scaricare a terra tutta la potenza disponibile: insomma, la 998 R era un mezzo destinato a mani esperte e ben allenate.

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La R in versione nuda; notare i cerchi ruota Marchesini alleggeriti rispetto alle altre due versioni e anche rispetto al 996R (-400 gr all’anteriore, -800 gr al posteriore), con conseguente miglioramento della maneggevolezza e, in generale, delle prestazioni della moto.

Il consiglio che diamo a tutti gli appassionati che hanno la fortuna di possederne una è comunque di tenersela ben stretta!

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Il monumento a Massimo Tamburini

Rimini avrà un monumento dedicato a Massimo Tamburini, il progettista che rivoluzionò il design motociclistico, padre di moto come la Ducati 916 e la MV Agusta F4.

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