Prova su strada del Monster 796: la giusta via di mezzo

Prova su strada del Monster 796: la giusta via di mezzo

Il Monster 796 si colloca a “metà strada” tra la versione 696 e la 1100, prendendo la facilità di guida della prima e la sportività della seconda.

Ci troviamo di fronte a un’inversione di tendenza. Quando, verso la metà degli anni Novanta, la prima gamma Monster si era già arricchita con tre cilindrate disponibili, la 600, la 750 e la 900, quella “di mezzo” risultava la meno gettonata, in quanto più costosa della “piccola” e meno performante della “grande”.

Adesso, invece, Ducati propone questa nuova Monster 796 che a livello di contenuti si avvicina più alla 1100 che non alla 696, pur costando poco di più rispetto a quest’ultima e presentandosi dunque come la più appetibile fra le tre versioni presenti oggi in listino.

Il modello più venduto della Casa di Borgo Panigale, con oltre 225.000 esemplari, mantiene inalterata la filosofia originale anche nel corso della sua seconda generazione, ma lo fa puntando su una compagine diversamente articolata.

Se il 696, infatti, rappresenta la entry level per eccellenza e il 1100 incarna il massimo concetto di sportività applicato a questa vera e propria icona del motociclismo mondiale, il nuovo 796 trova una sua collocazione ideale prendendo il meglio dai due mondi.

Pertanto, anche se il Monster è sempre andato oltre la tecnica, facendosi apprezzare da una folta schiera di appassionati, in questo caso ci sono dei motivi concreti alla base di questo risultato.

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Il Monster 796 si colloca a “metà strada” tra la versione 696 e la 1100, prendendo la facilità di guida della prima e la sportività della seconda.

Gli elementi sui quali i tecnici Ducati si sono concentrati sono essenzialmente tre: funzionalità, stile e sportività.

Il primo è stato sviluppato essenzialmente per quanto riguarda il comfort, la leggerezza e la maneggevolezza del mezzo. Il secondo, invece, è stato lasciato per lo più invariato, rispettando quella che è l’essenza del Monster, ma aggiungendo un tocco di esclusività in più quale il forcellone monobraccio in alluminio, già presente sulla versione da oltre un litro di cilindrata. Il terzo, infine, ha avuto come obiettivo quello di esaltare il divertimento di guida attraverso l’ottimizzazione del rapporto coppia/peso.

In poche parole, il 796 unisce la facilità del 696 alla tecnica del 1100 e, come tale, non va a sovrapporsi con essi, ma completa idealmente la gamma Monster. Adesso, però, andiamo a vedere nel dettaglio quali sono le caratteristiche principali di questa nuova Ducati.

Ducati Monster 796: com’è fatto

In merito all’ergonomia, il manubrio (in alluminio a sezione variabile) è stato rialzato di 20 mm attraverso dei nuovi supporti in alluminio. Al tempo stesso, la sella è stata modificata e, grazie a un nuovo schiumato, risulta 10 mm più bassa rispetto a quella del 1100 (800 mm di altezza contro 810).

Inoltre, i comandi del freno anteriore e della frizione sono dotati di leve regolabili nella distanza dalla manopola.

Particolare attenzione è stata riservata al comfort del passeggero, che può contare su nuove protezioni per il calore dei silenziatori (più avvolgenti) e, come optional, su pratici maniglioni a cui tenersi da installare ai lati della sella.

A livello estetico, oltre che per le decal presenti sul coprisella, il 796 si distingue per la finitura delle piastre portapedane che riprende quella del telaietto posteriore, per gli adesivi presenti ai lati del canale dei cerchi (con questi ultimi di 3,5″ e 5,50″, caratterizzati da un design a cinque razze sdoppiate) e per le cuciture rosse sulla sella.

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Il nuovo supporto per il manubrio (più alto di 20 mm) e la nuova sella con cuciture rosse.

Sul fronte meccanico, il motore a due valvole raffreddato ad aria ha misure caratteristiche di 88 mm di alesaggio per 66 mm di corsa ed eroga 87 Cv a 8250 giri, con una coppia massima di 8 Kgm a 6250 giri (1 Kgm in più rispetto al Monster 696). I principali interventi, in questo caso, si sono concentrati sui pistoni, ridisegnati per ottenere un rapporto di compressione pari a 11:1, e sul volano alleggerito, uguale a quello installato sulla 848.

Così come sull’unità di 696 cc, poi, troviamo la frizione APTC che al sistema antisaltellamento abbina il pregio di ridurre sensibilmente il carico da applicare alla leva.

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Le nuove protezioni per i silenziatori più avvolgenti.

A differenza del Monster di piccola cilindrata, il 796 prevede anche la presenza del radiatore dell’olio, che, al di là della funzione necessaria allo smaltimento del calore, conferisce al mezzo un aspetto più completo e importante.

Nonostante questo, il peso a secco dichiarato è di soli 167 Kg, 2 in meno rispetto alla versione di 1100 cc, con la quale il 796 condivide gran parte della ciclistica, a cominciare dal caratteristico telaio a traliccio.

Le principali quote ciclistiche prevedono infatti un interasse di 1450 mm, l’inclinazione del cannotto di sterzo pari a 24° e un’avancorsa di 87 mm.

 
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Il Monster in allestimento Ducati Performance, con terminali di scarico, accessori in carbonio, sella comfort e le pratiche maniglie per il passeggero ai lati di quest’ultima.

Rispetto al 696, il 796 vanta un’altezza complessiva del veicolo superiore (+ 30 mm), che porta la luce a terra a garantire un angolo di piega massima passato da 42° a 46°.

I pneumatici di primo equipaggiamento sono i Pirelli Diablo Rosso, con una gommatura, anche in questo caso, dimensionalmente uguale a quella del 1100, ovvero 120/70-17″ davanti e 180/55-17″ dietro.

L’impianto frenante è Brembo al 100%, con due dischi anteriori da 320 mm abbinati a pinze radiali con quattro pistoncini e un disco posteriore da 245 mm con pinza a due pistoncini. L’ABS, presente sulla moto che abbiamo utilizzato durante la presentazione internazionale, è optional, comporta un aggravio di peso pari a 2 Kg, una riduzione della capacità del serbatoio da 15 a 13,5 litri e costa 700 Euro in più, per un totale di 9690 Euro chiavi in mano contro gli 8990 della versione standard (disponibile anche depotenziata).

L’argomento colorazioni, infine, merita senz’altro un discorso a parte. Del resto, il Monster rappresenta una delle moto più customizzabili in assoluto, tant’è che, in pratica, non ne esiste uno uguale all’altro.

Per questo, circa un anno fa, è nata l’operazione Monster Art, che dopo il suo primo capitolo, denominato “Colour Therapy“, adesso propone “Logomania“.

Così, oltre alle tre livree di base, bianco e nero semilucidi, entrambi introdotti per la prima volta sulla Multistrada 1200, più il classico rosso (tutti con cerchi neri e telaio rosso), ne vengono proposte altre sette che richiamano altrettanti modelli del passato più o meno recente, dalla Sport 100 alla 1198 Corse Special Edition, passando per i successi di Paul Smart e Mike Hailwood.

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Sette nuove colorazioni che riprendono altrettanti modelli celebri della Casa bolognese, da quelli storici, come la Sport 100, fino ai più recenti, come la 1198 Corse Special Edition. Si possono ordinare al momento dell’acquisto o in un kit a parte.

Le colorazioni speciali possono essere richieste al momento dell’acquisto, con un sovrapprezzo che va dai 90 ai 290 Euro, oppure comprate sotto forma di kit comprensivi di cover del serbatoio, parafango anteriore, cupolino e coprisella a un prezzo compreso tra i 490 e i 690 Euro.

Come va il Monster 796

La prima cosa che si ha modo di notare salendo a bordo del Monster 796 è il significativo passo avanti compiuto a livello di ergonomia rispetto alle precedenti versioni.

La posizione di guida è migliorata nettamente e, oltre a essere più comoda, assicura anche una sensazione di maggior controllo, nonostante le mani del pilota vengano a trovarsi più distanti dalla ruota anteriore.

Inoltre, la sella non ha più il brutto vizio di far scivolare in avanti il bacino di chi guida, dando luogo a dolorosi “incontri ravvicinati” con il serbatoio.

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La posizione di guida è migliorata nettamente grazie alla diversa triangolatura sella-manubrio-pedane, che oltre a risultare più comoda aiuta anche nella guida.

Allo stesso modo, percorsi i primi chilometri, ci si rende conto di come, pur impiegando lo stesso propulsore della Hypermotard 796, il Monster abbia qualcosa in più, non tanto a livello di prestazioni assolute quanto in termini di fluidità nell’erogazione.

In pratica, vuoi per la differente configurazione di aspirazione e scarico (oltre che di mappatura della centralina), il bicilindrico dell’ultima nata in Casa Ducati si merita un bel dieci e lode non solo per il modo in cui sale di giri in piena accelerazione, ma anche per la sua risposta ai transitori e nel cosiddetto apri-e-chiudi, dimostrando una facilità di utilizzo e una regolarità di funzionamento davvero prossime alla perfezione.

E’ chiaro che, complice anche la rapportatura finale piuttosto lunga, non è sempre possibile guizzare fuori dalle curve nelle marce più alte, ma il motore è comunque generoso in termini di coppia e, una volta superata una certa soglia, si lancia con entusiasmo verso i 9000 giri, in corrispondenza dei quali entra in funzione il limitatore.

Pertanto, con il 796 è possibile tenere andature diverse con la medesima disinvoltura, sia che si tratti di un giro in centro con passeggero o di una “sparata” verso la cima del passo di turno, e in questo bisogna senz’altro lodare il contributo della frizione APTC, mai stata così morbida su un bicilindrico Ducati.

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Il bicilindrico raffreddato ad aria di 803 cc ha messo in evidenza un’erogazione fantastica, nonostante la rapportatura finale particolarmente lunga. Sul fronte sospensioni, invece, la taratura della forcella è risultata un po’ troppo sostenuta.

Dopo l’esperienza sulla Multistrada 1200, nutrivamo un po’ di scetticismo sull’ABS, invece ci siamo dovuti ricredere. Sul Monster 796 questa applicazione ha un carattere completamente diverso. Se sulla maxienduro Ducati si avverte una netta differenza di comportamento rispetto all’impianto tradizionale, sulla naked questo divario è decisamente inferiore.

Inoltre, durante il test abbiamo avuto modo di apprezzarne l’efficacia di intervento cercando di provocare deliberatamente il bloccaggio della ruota posteriore, con il risultato di una pulsazione da parte del comando che impedisce di fatto al pneumatico di perdere aderenza in modo definitivo. Ad ogni modo, agendo attraverso il menù della strumentazione digitale (che per l’occasione risulta retroilluminata con una luce bianca), è sempre possibile disinserire il dispositivo, anche se, ogni volta che la moto viene spenta, si riattiva automaticamente al successivo avviamento.

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La strumentazione digitale ha la retroilluminazione bianca. Notare la spia dell’ABS (optional) nella parte alta.

Tanti pregi, dunque, per una moto che, almeno durante la prima presa di contatto, ha evidenziato un unico neo collegato alle sospensioni.

Peccato dunque per la taratura della forcella (Showa con steli da 43 mm non regolabile), tendenzialmente troppo rigida se l’asfalto non è liscio come un biliardo e, magari, si affronta un tratto con curve a corto raggio (dove si è costretti a frenare bruscamente).

In tal caso, il set-up originale può creare qualche disagio, dando l’impressione che la sospensione anteriore non lavori come si deve per tutta la sua corsa. Discreto è invece il comportamento dell’ammortizzatore Sachs (regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione), che assicura la dovuta trazione al retrotreno grazie anche alla valida aderenza offerta dai Pirelli Diablo Rosso installati di serie.

Nonostante ciò, non intervengono comunque mai problemi di luce a terra, almeno su strada, a conferma della bontà degli interventi operati in tal senso. Per il resto rimane confermato quanto di buono messo in evidenza dalle altre due rappresentanti dall’attuale gamma Monster, compresa, tanto per fare un esempio, la visibilità offerta dagli specchietti retrovisori, frutto di un compromesso accettabile con la cura nel design e la facilità di regolazione.

Senza nulla togliere al 696, questa nuova versione è destinata a registrare numeri di vendita probabilmente superiori, con l’obiettivo di ripetere il successo del modello Hypermotard, che, nella medesima cubatura, ha incontrato l’apprezzamento di tantissimi appassionati.

SBK a Jerez: avanti tutta!

A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.

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