Scuderia NCR: quando non esisteva Ducati Corse

Scuderia NCR: quando non esisteva Ducati Corse

NCR è senz’altro uno dei marchi più conosciuti dai ducatisti, presente per anni nelle competizioni, ma anche su molte special

Negli anni d’oro in cui il reparto corse era diretto dall’ingegner Taglioni, la Ducati riusciva a produrre e mettere a punto modelli vincenti anche grazie a meccanici-piloti di grande valore e a tecnici-preparatori che nulla avevano da invidiare, come inventiva e conoscenze, a molti laureati in ingegneria. Le numerose vittorie a livello mondiale centrate per molti anni danno solidità a questa teoria che è stata confermata ancora di più quando la Ducati decise di ritirarsi ufficialmente dalle competizioni.
La passione di Taglioni e dei suoi fidati collaboratori ha portato infatti alla nascita di una squadra corse “carbonara” che ufficialmente non aveva nulla a che fare con la casa madre Ducati, ma di fatto restava la sua emanazione sportiva. La scuderia NCR moto ne è l’esempio lampante, ma anche l’opera di singoli tecnici come Armaroli e Pedrini hanno portato su tutti i circuiti del mondo la tecnica appresa e sviluppata in Ducati e la validità agonistica di prodotti che erano di fatto mascherati ma si basavano su scelte tecniche tipiche della casa bolognese.
Un esempio illuminante è la serie di successi colti sui circuiti degli Stati Uniti dalla NCR con moto pensate in Ducati (e affinate anche grazie al lavoro di Armaroli): realizzate in Via Signorini, ma che sono state poi la base da cui la Ducati è ripartita per la fantastica corsa agli inizi della Superbike.
Per conoscere e capire appieno la storia della Ducati bisogna quindi documentarsi anche su questi personaggi e realtà collaterali che hanno dato un apporto sostanziale allo sviluppo e alla affermazione del marchio di Borgo Panigale nei difficili anni della ripresa economica.

RENATO ARMAROLI

Nato a Bologna il 24 maggio 1933 fin da bambino si è appassionato alle moto. Il primo approccio con mezzi da competizione lo ha avuto nella concessionaria di Leopoldo Tartarini che gestiva anche una propria squadra corse Ducati, in cui confluivano alcuni piloti bolognesi. Il contatto iniziale con Tartarini avviene negli anni 50, prima ancora che Poldino diventasse pilota ufficiale Ducati. In quegli anni, il padre di Tartarini gestiva delle Moto Guzzi da competizione e il giovane Armaroli era affascinato dai motori Guzzi che si potevano equiparare ai Ferrari di oggi per fama e interesse presso meccanici e appassionati.
Fu proprio per osservare da vicino i motori Guzzi e scoprirne i segreti che Armaroli, ad appena 14 anni, iniziò a frequentare l’officina e la concessionaria Tartarini: si trovò così nel centro più importante della vita motoristica bolognese e da quel momento non ne uscì più. La passione era tale che per lavorare nella officina di Tartarini, ogni giorno per tre anni, ha coperto in bicicletta il tragitto da Bazzano, dove la sua famiglia era sfollata durante la seconda guerra mondiale, fino a Bologna, a porta Mazzini, dove appunto era la sede della concessionaria Tartarini.
Ha assistito di persona alle gare del padre di Tartarini che correva (con ottimi risultati a livello nazionale) nei sidecar con la Guzzi e alla nascita e affermazione di Poldino, che al debutto riuscì a imporsi nella Milano-Taranto pilotando una BSA trovata presso un raccoglitore e adattata alle gare nell’officina di casa.
Dall’officina Tartarini, Armaroli è passato alla Mondial (ottenendo come liquidazione due tute usate con la scritta Guzzi) e lì è ulteriormente cresciuto come meccanico operando sulla linea commerciale, ma anche sui motori da gara.
Nel 1957 ha messo piede per la prima volta in Ducati, grazie alla conoscenza con l’ingegner Taglioni. In Ducati è rimasto fino al 1961 poi, a causa del ridimensionamento dei programmi sportivi del marchio di Borgo Panigale, è passato in Benelli.
In Ducati ha contribuito a realizzare e sviluppare le 125 cc che hanno fatto la storia del Mondiale condotte da Hailwood, Ferri, Gandossi, Taveri, Chadwik.
In Benelli è rimasto alcuni anni, poi dal 1964 al 1969, è volato in Spagna insieme ad altri ex ducatisti: ha lavorato infatti alla Mototrans di Barcellona, realizzando una 285 cc (era una 250 maggiorata) che ha dominato in Spagna con Spaggiari e Mandolini, mentre nella 125 ha dato la moto vincente al futuro campione del mondo Angel Nieto.

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Una foto storica della partecipazione ufficiale di Ducati al Tourist Trophy del 1958: con il numero 14 riconosciamo Luigi Taveri, con il 28 Sammy Miller, con il numero 6 Romolo Ferri. Con gli occhiali scuri, al centro della foto, l’Ing. Taglioni, mentre l’ultimo sulla desta è Renato Armaroli.

Nel 1972 è stato sul punto di tornare in Ducati, chiamato dal direttore generale Spairani che voleva ridare vita al reparto corse, ma all’ultimo momento non se ne fece nulla perché capì che la situazione era ben diversa da quella in cui erano nati i gioielli di Taglioni. Ha lavorato però come collaboratore esterno realizzando un 500 bicilindrico con coppie coniche che dava ottimi risultati, ma non ha avuto un futuro in pista; l’ing. Taglioni infatti non vedeva di buon occhio il fatto che funzionasse utilizzando cinghie di trasmissione, che odiava e le evitava accuratamente perché le riteneva non affidabili; in parte aveva ragione perché, fino a quando le cinghie di trasmissione non hanno raggiunto livelli di affidabilità assoluta, molte gare sono state perse proprio a causa del loro cedimento.

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Bruno Spaggiari in piena azione sul circuito spagnolo del Montjuich alla guida della Ducati 250 preparata dal tecnico Armaroli.

Il 500 di Armaroli era un due cilindri (4 valvole strette) a iniezione che erogava 73 cavalli: anche se non ha avuto gli sviluppi che ci si augurava ha comunque contribuito alla affermazione Ducati in Superbike perché la moto di Lucchinelli si può considerare, in parte, figlia del 500 progettato e realizzato da Armaroli.
Da tecnico esterno Armaroli ha collaborato con la Ducati operando in una propria officina fondata insieme all’amico fraterno Negrini che aveva incontrato prima da Tartarini, poi alla Mondial e infine alla Tecno dei fratelli Pederzani, marchio che ha gareggiato anche in F1 dopo aver dominato nei kart.
Da quel momento Armaroli ha abbandonato le moto e si è dedicato unicamente ai motori da competizione per auto che tuttora cura ed elabora con ottimi risultati nelle gare sport prototipo.
Ha una modernissima officina nei pressi dell’aeroporto di Bologna in cui trascorre gran parte del suo tempo con innata passione per motori e competizioni.
La cosa che più sorprende è che, nonostante l’età, abbia sviluppato una grandissima conoscenza dell’elettronica tanto da essere considerato un vero mago nella realizzazione delle schede che regolano le prestazioni dei mezzi da corsa.

LA SCUDERIA NCR

La NCR (sigla che significa Nepoti-Caracchi-Rizzi poi trasformata in Racing quando Rizzi decise di uscire dalla società) è nata a Bologna come evoluzione delle iniziali scuderie Farnè-Stanzano e Speedy Gonzales.
La Farnè-Stanzano era nata come società di comodo; aveva come obiettivo la preparazione e lo sviluppo di moto Ducati per competizione nel periodo in cui la casa di Borgo Panigale si era ufficialmente ritirata dal Motomondiale. Soci fondatori furono Franco Farnè e Alfonso Nepoti (padre di Giorgio Nepoti) detto Stanzano e anche Papà Gambalunga, pseudonimo con cui era divenuto indiscusso leader nel mondo delle radio private bolognesi nel settore del liscio.
Farnè e Nepoti si avvalevano della collaborazione di altri tecnici-piloti del reparto corse Ducati come Gianfranco Bortolotti (soprannominato Chiroli) che ha gareggiato anche nel Motogiro sul Cucciolo Ducati e Giorgio Recchia che ha firmato la prima affermazione Ducati col Cucciolo.

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In questa immagine d’epoca, Giorgio Nepoti e Rino Caracchi sono in compagnia del tecnico Piero Cavazzi (al centro).

Dall’iniziale Farnè-Stanzano nacque la Speedy Gonzales (nome scelto perché Farnè era soprannominato “topo” per la ridotta stazza fisica) che aveva una struttura più commerciale e si fondava su tre pilastri: Farnè, Bortolotti e Giovannini (che era responsabile del settore ricambi in Ducati, ma si dedicava anche al lavoro di officina).
I maggiori risultati la Speedy Gonzales li colse con Parlotti come pilota ufficiale a cui era affidata una Ducati 250 cc, realizzata inizialmente per Farnè. Si trattava di una moto molto valida e affidabile, di dimensioni ridotte, per questo motivo era stata soprannominata “bassotto”, proprio perché tagliata su misura per la corporatura minuta di Farnè; anche Parlotti del resto non era un colosso, per questo ci si trovò subito a suo agio.
Dalla scuderia Speedy Gonzales, che aveva come campo di gara l’Italia, con qualche uscita anche in Jugoslavia e nazioni limitrofe, si passò alla NCR che ampliò gli orizzonti fino a diventare una scuderia internazionale, andando a gareggiare in ogni parte del mondo.
I suoi primi passi furono comunque italiani perché si dedicò, sempre con Parlotti, al campionato italiano delle 125 e 250, schierando fino a 12 moto, preparate nell’officina di Bologna.
Sponsor era l’Amaro Montenegro, nota ditta bolognese di liquori, che copriva le spese e poco di più: si lavorava in sostanza con notevoli ristrettezze economiche che servivano però ad affinare ingegno e creatività.

Quello della NCR è senz’altro uno dei marchi più conosciuti dai ducatisti

Il massimo risalto mondiale la NCR l’ha colto negli Stati Uniti quando ha centrato vittorie storiche a Daytona, sempre schierando Ducati preparate nell’officina di Caracchi. Il legame indissolubile tra la NCR e la Ducati si consolida nel 1972 con la 200 Miglia di Imola, mentre l’anno seguente la NCR inizia di fatto a funzionare come un reparto corse esterno Ducati. Dall’officina di Via Signorini escono le moto che porteranno sul gradino più alto in tutto il mondo piloti mito come Hailwood, gli specialisti dell’Endurance, la TT2 campione del mondo con Tony Rutter, le prime moto trionfatrici in SBK con Lucchinelli e Polen oltre ad una lista interminabile di special, prototipi e repliche.
L’ultima trasformazione della NCR la si è avuta a fine anni Novanta – inizio 2000 quando ha operato per parecchie stagioni in Superbike portando in gara moto Ducati semi ufficiali. La direzione della scuderia era affidata a Stefano Caracchi, figlio di Rino, coadiuvato per la parte tecnica da Franco Farnè che nel frattempo era andato in pensione dalla Ducati.
Il marchio NCR è stato infine ceduto al gruppo Poggipollini. Stefano Caracchi, ex pilota campione d’Italia e d’Europa, ha poi creato un proprio team che ha gareggiato in Superbike con moto Ducati e Triumph sotto la sigla SC (Stefano Caracchi); in questo team ha lavorato anche Franco Farnè come direttore tecnico.

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La 900 SS preparata dalla NCR vincitrice nella categoria Silhouettes alla 24 ore di Le Mans con gli spagnoli Canellas e Grau.

GIORGIO NEPOTI

 E’ stato uno dei fondatori della scuderia NCR insieme a Rino Caracchi e Rizzi. Ottimo meccanico e preparatore era nato il 21 febbraio 1936 ed è deceduto in un tragico incidente stradale il 30 giugno 2006, insieme alla moglie. E’ stato anche grazie al suo impegno e alla sua passione totale per i motori se la NCR si è affermata a livello internazionale come scuderia specializzata in Ducati.
Ma non ha utilizzato solo moto di Borgo Panigale, perché la NCR ha messo a punto e portato in gara anche mezzi di altri costruttori, sempre centrando risultati ai massimi livelli. Grazie a piloti locali come Tarlazzi ha gareggiato anche con le Yamaha che però non hanno mai assicurato vittorie a raffica come è avvenuto con le Ducati.

Rino Caracchi e Giorgio Nepoti in un’immagine del 1999 ripresi nel box di Misano in occasione di una gara Superbike (foto Tessieri).

RINO CARACCHI

E’ nato a Canaro di Rovigo il 12 gennaio 1935. Ha iniziato a lavorare come autotrasportatore (come il padre), ma si è subito avvicinato alle moto proprio perché portava con il suo camion, sui vari circuiti, le moto della scuderia Farnè-Stanzano.
Ha preparato e sviluppato, con Farnè e Nepoti, le moto da gara della Ducati quando questa si è ritirata ufficialmente dalle competizioni alla fine degli anni 60.
Ha ottenuto ottimi risultati anche a livello mondiale e ha dato un apporto sostanziale allo sviluppo dei motori che hanno dominato in Superbike, dopo essersi affermati nelle gare Endurance. Per anni è stato presente alle gare più importanti come team privato sfruttando l’esperienza di Farnè e Mario Recchia, come tecnici in officina e sui campi di gara.
Terminata l’avventura sulle piste, Rino Caracchi si è dedicato al restauro di moto storiche nella sua officina di Borgo Panigale, diventando punto di riferimento per gli appassionati e la stampa specializzata. Ora è impegnatissimo nel costruire mini moto per il nipotino, che inizia già a mostrare una grandissima passione per le due ruote e a partecipare (come cugino di Lucio) alle riunioni del consiglio direttivo della Fondazione Lucio Dalla. Rino possiede una splendida collezione di moto che hanno colto successi importanti che vanno dal Cucciolo alla Superbike; tra questa anche lo Scrambler di Lucio Dalla che Rino ha sempre tenuto al massimo della forma tecnica.

Stefano Caracchi in piena azione.

STEFANO CARACCHI

E’ il figlio di Rino Caracchi, uno dei titolari della NCR, e ha gareggiato per la scuderia di suo padre in numerosissime occasioni. Campione d’Europa 1982 nelle 125 cc è stato anche campione italiano 1980 e 1981 della stessa classe. Ha vinto numerose gare in Italia e all’estero comportandosi bene anche nelle cilindrate maggiori e nelle prove di durata. A Daytona è stato secondo nel 1988 nella categoria Pro Twins con una 851 preparata dalla NCR.
Dopo il ritiro dalle competizioni, insieme a Franco Farnè, è stato responsabile in Superbike della scuderia NCR. Ha poi svolto lo stesso lavoro alla SC in sintonia con la squadra corse Ducati ufficiale, figurando con onore nelle classifiche assolute per molte stagioni. Prima di abbandonare la Superbike con la SC ha gestito e portato al debutto le Triumph ufficiali. 

Questo articolo ha un commento

  1. Andrea

    Molto interessante Per un vecchio motociclista Ducatista e stato sempre un sogno la N’. C. R

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