Kentucky Kid:Tributo alla memoria di Nicky Hayden

Kentucky Kid:Tributo alla memoria di Nicky Hayden

Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo mostra il maggior rimpianto per la sua scomparsa, nonché per l’incredibile fatalità che ne ha causato il decesso.

La prematura scomparsa di Nicky Hayden è stato un evento che ha colpito in modo profondo la sensibilità di tutti i motociclisti e, in particolar modo, quella dei ducatisti, visto che buona parte della carriera del pilota americano si è svolta proprio in sella alle moto di Borgo Panigale.

Arrivato nel Team Ducati Marlboro nel 2009, Nicky vi è infatti rimasto fino al 2013, ottenendo anche buoni risultati, ma soprattutto rivelandosi perfetto compagno di squadra di piloti della personalità di Casey Stoner, Valentino Rossi e Andrea Dovizioso. 

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Hayden è stato per ben cinque anni, dal 2009 al 2013, pilota ufficiale del Team Ducati. Al suo fianco, in questo lungo periodo, si sono alternati piloti del calibro di Casey Stoner, Valentino Rossi e Andrea Dovizioso. Purtroppo, tale periodo ha coinciso anche con uno dei momenti più difficili dell’avventura Ducati in MotoGp.

Beninteso, non ci riferiamo certo a lui come un gregario, ricordiamoci che nel 2006 si laureò, con pieno merito, campione del mondo della MotoGp in sella alla Honda, ma vogliamo sottolineare le sue doti di collaudatore, nonché il suo bellissimo e solare carattere che lo hanno reso compagno di squadra ideale di piloti, diciamo così, non sempre molto accomodanti.

Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo mostra il maggior rimpianto per la sua scomparsa, nonché per l’incredibile fatalità che ne ha causato il decesso: pensare che un pilota abituato a sfidare la sorte in ogni momento, guidando bolidi di incredibile potenza, in contesti di altissima competitività, possa morire in sella a una bicicletta durante un giro d’allenamento ha già di per sé qualcosa di incredibile.

 Pilota fortissimo, Nicky era anche la classica persona a cui non si poteva non volere bene. Mai sopra le righe, sempre gentile con tutti, accreditato come uno dei riders più determinati nel lavoro di messa a punto della propria moto, Nicky è stato per anni un punto di riferimento all’interno del gruppo di lavoro Ducati nel prendere decisioni importanti per l’indirizzo dello sviluppo. 

Per capire questo, non c’è niente di meglio che riportare le parole che gli hanno dedicato due suoi colleghi come Andrea Dovizioso e Casey Stoner.

Andrea Dovizioso, compagno di squadra del campione americano in Ducati nel 2013, ha infatti dichiarato: “Ho conosciuto Nicky quando è arrivato nel motomondiale dagli USA nel 2003. Era un ragazzo aperto, simpatico e tranquillo, sempre amichevole con tutti e un vero appassionato di moto che è riuscito ad ottenere dei risultati molto importanti. Nei  cinque anni trascorsi in Ducati aveva instaurato un bellissimo rapporto con tutti e, anche se ho avuto la possibilità di correre con lui nello stesso team solo nel 2013, è stato un ottimo compagno di squadra per me ed ho dei bellissimi ricordi di lui. La realtà è che tutti volevamo bene a Nicky e che ci mancherà molto”.

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In questa foto, Hayden è ripreso a Brno, nel 2009, il suo primo anno in sella alla Ducati, con compagno di squadra Casey Stoner: in quell’anno difficile, il forte pilota americano ottiene il tredicesimo posto finale nella classifica piloti.

Casey Stoner, in squadra con Hayden nel Ducati Team per due stagioni nel 2009 e nel 2010, ha aggiunto: “Ho conosciuto Nicky ancor prima che iniziassimo a correre insieme nello stesso team, quando io correvo in 125 e 250. Con lui era sempre bello scambiare due chiacchiere e siamo stati ottimi compagni di squadra: aveva sempre un atteggiamento positivo anche quando le cose non andavano bene, e mi mancherà molto. Tutti gli volevamo bene: Nicky ha sempre dato il massimo nella sua carriera sportiva ed era molto vicino alla sua famiglia, a dimostrazione della persona speciale che era”.

Anche noi abbiamo avuto il piacere di intervistarlo più volte, notando sempre la sua disponibilità e cortesia, anche se non era certamente il classico pilota “mediatico”, ma anzi piuttosto riservato e di poche parole.

Della prima intervista, realizzata all’inizio della stagione 2010, la seconda in Ducati, ci piace riportare queste sue parole che dimostrano il suo attaccamento all’Italia e a Ducati: “Amo questo team. La passione che muove tutti in Ducati è una cosa unica: prima di venire in questa squadra pensavo fosse una specie di leggenda, ma poi ho visto che è proprio vero. Quando vengo in Italia, sento l’affetto della gente, mi trattano tutti benissimo, mi fanno sentire speciale”.

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Lo abbiamo già detto: Hayden è stato a lungo beniamino degli appassionati ducatisti, che si sono attaccati a lui per le sue doti umane, il sorriso sempre pronto e, diciamolo, perché le fan della moto rossa lo trovavano giustamente un bel ragazzo. 

Mettiamoci anche che nel 2011 e 2012 ha rappresentato l’alternativa a colui, Valentino Rossi, che non si è mai sposato con la causa ducatista e il gioco è fatto.

Nicky Hayden, alias Kentucky Kid, è stato molto amato e coccolato e lui ha ricambiato, come ci dimostra questo estratto da una seconda intervista che abbiamo effettuato nel 2013: “Adoro senza dubbio la mia squadra: ho a disposizione un buon gruppo di ragazzi; l’affiatamento di un pilota con la sua squadra è molto importante e questi ragazzi sono come una famiglia. Passi tanto tempo con loro quanto ne passi con i tuoi veri familiari e la tua vita è praticamente nelle loro mani. Di loro è fondamentale fidarsi e avere la massima confidenza: io, tutto questo, sento di averlo. Poi, Ducati ha un’immagine come nessun’altra moto. I suoi fan sono unici, senza dubbio, con una personalità speciale. Adoro la passione e adoro le moto: in questo siamo uguali”.

Nato nel 1981 a Owensboro, una piccola cittadina del Kentucky, lascia così in giovane età un mondo, quello delle corse, che gli ha dato tanto, ma che lui ha ripagato con il suo talento, la sua umanità, il suo sorriso. 

Ne resta ultima testimonianza la toccante cerimonia di addio che gli hanno dedicato i suoi colleghi al Mugello, quei profondi e commossi 69 (il suo numero di gara) secondi che gli sono stati tributati: un silenzio surreale che ha coinvolto migliaia di spettatori, calato all’improvviso su quell’asfalto che lo ha visto tante volte protagonista e che si è sciolto solo alla fine in un lunghissimo e toccante applauso.

 

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