Il primo bicilindrico e la nascita della Ducati 750 GT

Il primo bicilindrico e la nascita della Ducati 750 GT

Nascita e progettazione del primo di una lunga serie di motori che darà lustro e forza alla Casa bolognese, e con lui una nuova moto: la Ducati 750 GT

Alla fine degli anni Sessanta prende il via il grande rilancio delle moto di grossa cilindrata, ma Ducati non è pronta a cogliere il nuovo vento favorevole perché dispone di soli modelli monocilindrici.

L’input della dirigenza Ducati è chiaro: presentare quanto prima sul mercato una maxi Ducati di serie. Ovviamente, l’incarico viene affidato all’Ing. Fabio Taglioni, che lo risolve da par suo.

Partendo dall’esperienza dei monocilindrici, con i quali Ducati aveva raggiunto buona notorietà ed esperienza specifica, Taglioni realizza un bicilindrico a L che, per la parte termodinamica, riprende appunto l’esperienza del mono: la distribuzione rimane monoalbero in testa, con comando ad alberello a coppie coniche, con le valvole che sono richiamate in sede da molle elicoidali: di Desmo non se ne parla ancora.

Il progetto definitivo di bicilindrico Ducati
Il disegno originale e definitivo del motore 750 bicilindrico.

Nasce così il nuovo motore, il primo di una lunga serie che darà lustro e forza alla Casa bolognese, e con lui una nuova moto, la Ducati 750 GT, che fa il suo esordio nel 1971. Non si tratta di una moto sportiva, in quanto la 750 GT non garantiva prestazioni sensazionali (i numeri, sulla carta, parlavano di una potenza pari a 60 Cv), ma aveva un’erogazione fluida, un motore generoso nella risposta anche dai regimi più bassi, con un buon allungo agli alti.

Primo prototipo Ducati 750 GT
Il primo prototipo della moto allestita con il bicilindrico 750 nell’estate del 1970. Molte le differenze con il modello che andò in produzione, fra cui un telaio più robusto e l’utilizzo del freno a disco anteriore al posto del tamburo.

All’alimentazione provvedeva una coppia di carburatori Amal Concentric con diffusore da 30 mm, il cambio era a cinque marce, il rapporto di compressione pari a 8,5:1 (dunque non particolarmente estremo), con una capacità del serbatoio di 17 litri (di cui 1,6 di riserva).

Ad ogni modo, la 750 GT si faceva apprezzare non solo per il suo bicilindrico: la sua maneggevolezza, nonostante il lungo interasse di oltre 1500 mm e un’inclinazione del cannotto di sterzo di ben 29°, era infatti più che accettabile.

Molto del merito andava al telaio a doppia culla aperta in tubi, con un allestimento completato da una forcella robusta (con steli da 38 mm mentre le moto dell’epoca impiegavano per lo più forcelle con esili steli da 35 mm) e due ammortizzatori Marzocchi, mentre i freni erano affidati a un impianto misto, con il posteriore a tamburo da 200 mm e l’anteriore a disco da 280 mm.

In ogni caso, le differenze che si potevano riscontrare tra un esemplare e l’altro a livello di componentistica e dotazione erano moltissime: alcuni di essi erano provvisti di avviamento elettrico, ma anche senza era comunque abbastanza facile mettere in moto la 750 GT. Con un peso di 185 Kg, la 750 GT risultava una delle moto di grossa cilindrata più leggere di quel periodo.

Ducati 750 GT
Il definitivo modello di Ducati 750 GT

La GT, nonostante queste premesse, non fece mai segnare numeri di vendita interessanti, forse anche per la sua estetica poco sportiva che le conferiva un aspetto troppo turistico, ma soprattutto perché nel frattempo erano arrivate sul mercato moto di raffinatezza superiore, come la Honda 750 Four e la magnifica Guzzi 750 Sport.

Bisognerà attendere infatti i bellissimi modelli SS, finalmente dotati di motore Desmo e di un’estetica impeccabile, affinché Ducati si affermasse marchio di moto senza compromessi, adatte a un pubblico di appassionati duri e puri.

Tornando però alla GT, per meglio inquadrare il contesto storico in cui fu presentata, riportiamo qui una parte significativa della cartella stampa realizzata in occasione della presentazione di questa moto nel novembre del 1971: 

Presentazione del primo bicilindrico Ducati 750 GT al 42° Salone di Milano con Fabio Taglioni e Fredmano Spairani
Corre l’anno 1971 quando al 42° Salone di Milano la Ducati presenta la 750 GT. Il prezzo era di 920.000 lire franco fabbrica! Nella foto qui accanto, Fabio Taglioni è con Fredmano Spairani, al tempo uno dei massimi dirigenti Ducati, purtroppo recentemente scomparso a causa dell’epidemia Coronavirus.

“Quando la Ducati, forte del suo rilancio con le medie cilindrate, rivolse la sua attenzione al mercato delle moto pesanti, sulla scena erano già apparse realizzazioni caratterizzate da soluzioni, quali il frazionamento della cilindrata in tre o quattro cilindri, che avevano accolto i consensi di una certa parte del pubblico. 

E’ stato quindi necessario che la Ducati facesse un severo esame di coscienza e un’accurata valutazione del mercato per poter giungere alla definizione delle caratteristiche costruttive del motore che avrebbe costituito il tratto principale nella personalità della nuova ammiraglia.

Bicilindrico Ducati
Bicilindrico Ducati

 La scelta della formula caratterizzata dalla disposizione dei cilindri a “L” di 90° è venuta sia per questa necessità di forte personalizzazione, che ha sempre contraddistinto i prodotti Ducati, che da una valutazione delle soluzioni adottate da altri costruttori e che evidentemente non erano state scartate aprioristicamente. La classica architettura del motore motociclistico, che vuole i cilindri paralleli posti trasversalmente all’asse della macchina, presenta, anche nei casi più sofisticati, svantaggi non indifferenti. I motori di questo tipo, infatti, producono vibrazioni che, pur riducendosi con l’aumentare del frazionamento della cilindrata, non possono essere completamente annullate. 

Anche il 4 cilindri, che è esente dalle vibrazioni causate da forze di ordine primario, tipiche del bicilindrico parallelo con manovelle a 360°, è ugualmente fonte di vibrazioni particolarmente sgradevoli di altissima frequenza derivanti da forze di ordine secondario. Inoltre, l’aumento del numero dei cilindri, ha sempre come immediate conseguenze il notevole incremento dell’area frontale e del peso e un più problematico smaltimento del calore.

particolari della Ducati 750 GT
Alcuni particolari della GT fra cui spiccano i terminali della Conti, i due mono della Marzocchi e una vera raffinatezza: i bellissimi cerchi a raggi Borrani in alluminio, con l’anteriore da 19″ e il posteriore da 18″. (foto Barbanti/Electa).

I vantaggi del bicilindrico a “L” di 90° sono presto detti:

Chiara possibilità di sfruttare l’esperienza raccolta nei molti anni di perfezionamento dei monocilindrici Ducati, tenendo anche aperte le possibili variazioni circa i tipi di testata che potranno essere utilizzati a seconda delle caratteristiche che si vorranno dare al motore in base alle richiesta del mercato, 2 o 4 valvole per cilindro, 1 o 2 alberi a camme in testa e comando desmodromico delle valvole.

Il motore è basilarmente più semplice e compatto con un numero inferiore di supporti, un minor peso e una maggior rigidità strutturale.

Raffreddamento ideale per ambedue i cilindri, senza che possano crearsi punti caldi, con conseguente maggiore longevità dei vari componenti del motore.

Area frontale limitata al minimo e praticamente identica a quella di un monocilindrico.

Bassissimo centro di gravità con conseguente maggior maneggevolezza dalla quale deriva una guida più facile e soprattutto più sicura in qualsiasi condizione.

Completa assenza di vibrazioni per una più lunga vita dei vari accessori e per un ineguagliato comfort di marcia anche su lunghe distanze.

– Grazie alla perfetta ciclicità delle masse alterne, il motore è in grado di sviluppare elevate potenze, pur mantenendo una estrema elasticità ai bassi regimi, che garantisce un ampio margine di sicurezza in molte scabrose situazioni che nel traffico d’oggi si devono fronteggiare di sovente.

Locandina Ducati 750 GT
Depliant pubblicitario dell’epoca con tanto di modella in shorts! L’impostazione turistica della 750 GT non trovò grande riscontro presso gli appassionati, specialmente dopo la vittoria di Smart a Imola nel 1972: le aspettative erano per un modello sportivo, senza compromessi, e con il motore Desmo. L’attesa, comunque, non fu molto lunga: presto apparvero prima la 750 SS e poi la 900 SS, capostipiti di tanti modelli più o meno derivati dalle corse, vero tratto distintivo della produzione di Borgo Panigale.

Una scelta quindi, che, rifiutando gli allettamenti della moda e del consumismo, si basa su una rigorosa ricerca dell’optimum tecnologico. A sottolineare questa filosofia viene anche l’accuratissima costruzione del motore, realizzato come uno da corsa, senza concessioni all’economia a discapito della qualità. Nel motore Ducati non è stata impiegata una sola catena: gli ingranaggi sono usati sia per comandare gli alberi a camme in testa, sia per la trasmissione primaria. 

Il disegno dei carter e dei relativi coperchi segue accuratamente il profilo degli organi interni al fine di ridurre al massimo i volumi esterni.

A completare l’opera in modo che il livello di ogni particolare della macchina fosse in linea con quello del motore, sono stati realizzati un telaio, delle sospensioni e dei freni che permettessero all’utente di sfruttare in pieno, e soprattutto con la massima sicurezza, le elevate prestazioni assicurate dal motore nella varia gamma di impieghi consentiti dalla versatilità del mezzo.

Va ricordato che questi stessi freni e sospensioni hanno superato brillantemente il più duro dei collaudi, quello delle gare di velocità, dato che le nuove Ducati 500 da Gran Premio li montano fin dalla gara di Imola del 12 aprile scorso e durante tutta la stagione hanno dato conferma delle loro capacità. 

Ex stabilimento dove sono state progettate parti del bicilindrico e della 750 GT
Sempre nel 1974, anno di esordio della 750 GT, la EFIM, al tempo proprietaria di Ducati, costruì un nuovo stabilimento a fianco di quello storico dell’azienda, portando così l’area complessiva della fabbrica a 105.000 mq, di cui 35.000 coperti contro i precedenti 36.000 e 18.000 rispettivamente. Sotto, alcuni particolari della seconda versione della 750 GT.

Una moto quindi che viene a dire veramente qualcosa di nuovo nell’agguerrito mondo delle moto pesanti, una moto quindi della quale si sentiva effettivamente il bisogno e che, nelle sue caratteristiche di maggior rilievo, quali le prestazioni, la leggerezza, la maneggevolezza e la stabilità, la sicurezza e la raffinatezza tecnologica è certamente una Ducati. 

Anzi è il miglior simbolo del rilancio che la casa di Borgo Panigale ha conosciuto a partire dal 1970, venendo ad assicurarsi, nel breve giro di 2 anni, oltre il 50% del mercato delle medie cilindrate, in particolare grazie ai celebri modelli Scrambler e Desmo […]”.

Negli anni, poi, questo modello conobbe alcune evoluzioni, la prima delle quali arrivò nel 1974. L’acciaio prese il posto della fibra di vetro per quanto riguarda il serbatoio del carburante e i fianchetti laterali, dei parafanghi verniciati rimpiazzarono quelli in acciaio inox “a vista”, i carburatori Amal furono sostituiti con i Dell’Orto e i freni divennero a marchio Brembo anziché Lockheed o Scarab.

la seconda versione turistica della Ducati 750 GT
Impostazione nettamente turistica anche per la seconda versione della 750 GT. Le differenze principali rispetto alla precedente sono il serbatoio del carburante e i fianchetti laterali in acciaio, i parafanghi verniciati, i carburatori Dell’Orto al posto degli Amal e i freni, che divennero a marchio Brembo anziché Lockheed o Scarab.

La storia della GT continuò poi con la versione 860 GT, disegnata da Giugiaro: ulteriore dimostrazione di come Ducati non fosse a suo agio nel settore delle granturismo. Merito indiscutibile della 750 GT, comunque, rimane il fatto di essere stata appunto la prima Ducati con il propulsore bicilindrico a L, un vero e proprio simbolo del marchio per tantissimi decenni.

 

Foto Ducati e archivio Mondo Ducati

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