Destinazione Pechino: in viaggio sulla Multistrada 620

Destinazione Pechino: in viaggio sulla Multistrada 620

La storia di un viaggio incredibile in sella a una Multistrada 620: tre mesi e 25.000 Km per attraversare l’Asia e raggiungere Pechino.

Andare fino a Pechino in sella a una Multistrada 620 non è certo cosa di tutti i giorni. Per questo abbiamo deciso di dedicare un articolo a chi è stato protagonista di tale impresa.

Facciamo quindi la conoscenza con Paolo Pirozzi, l’autore di questo viaggio così lungo e anche insolito per una Ducati e un ducatista. Paolo, in effetti, inizia precocemente ad essere un appassionato del marchio di Borgo Panigale, in quanto comincia a lavorare prestissimo per coronare il suo sogno: acquistare una Ducati per guidarla non appena avrà l’età necessaria. Non ha in mente un modello in particolare, per lui l’importante è che sia bicilindrica, con la distribuzione Desmo e che abbia la scritta Ducati sul serbatoio!

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Il momento della partenza di questo viaggio che ha portato Paolo Pirozzi fino a Pechino in sella a una Multistrada 620.

Così, giunto alla soglia dei 18 anni, Paolo si guarda in tasca e vede i soldi sufficienti per comprare un Monster 600. E’ l’inizio di un qualcosa che cambierà profondamente la sua esistenza. Dopo appena un anno, infatti, quel Monster ha già 60.000 Km sotto le ruote.


A Pirozzi, detto Zio dagli amici, non interessa la mèta dei suoi viaggi, le condizioni meteo che lo accompagnano o la sistemazione con la quale dovrà arrangiarsi per il pernottamento: per lui l’importante è andare, dimenticare tutto il resto e pensare solo alla sensazione di libertà che la sua Ducati sa dargli.


Dopo il Monster 600, nel garage di Pirozzi sono arrivate molte altre Ducati e con esse anche l’idea di condividere questa passione smisurata con altre persone.
Così, Paolo decide di fondare il suo primo Club Ducati. Primo, perché nel 2003, oltre ad essergli riconosciuto lo status di ufficialità da parte della Casa di Borgo Panigale, nascono ulteriori sezioni distaccate.


E’ il Ducati Dreams Club, dove ovviamente il nome vuole sottolineare il concetto onirico che accompagna i viaggiatori in sella ai loro mezzi. Il viaggio come metafora di vita, dunque, e non la moto al centro di tutto, intesa solo ed esclusivamente ad uso e consumo della guida sportiva.


A tal proposito, Pirozzi ha avuto le idee ben chiare fin dall’inizio: “Ho provato l’emozione di guidare una Ducati in pista e posso dire che è bellissimo, però c’è una grande differenza tra divertirsi in circuito e fare quello che faccio io: quando uno va a girare in pista è perché ha voglia di provare emozioni forti date dalla velocità e dal brivido delle curve, mentre ciò che mi spinge ad andare in giro con la mia Ducati, magari partendo nel cuore della notte, senza averlo programmato prima, è un bisogno. Il mio Club ideale, dunque, doveva dare la possibilità, a chi vuole andare in moto tutto l’anno, di poter contare almeno su un’uscita alla settimana.” Dopo questa doverosa presentazione, torniamo però all’oggetto del nostro interesse, ovvero l’incredibile viaggio fino a Pechino.
Un bel giorno, infatti, succede che Paolo riceve una telefonata proveniente direttamente da Bologna.


“Dopo aver effettuato il Tour d’Italia con Overland (per un totale di 6000 Km in dieci giorni, ndr) in sella a una Multistrada 620, Lucio Attinà, Direttore Community di Ducati, mi ha telefonato per chiedermi se mi andava di aggregarmi di nuovo a quel gruppo che questa volta andava fino a Pechino, anche se mi sarei dovuto fermare a Parigi, vista la difficoltà dell’itinerario successivo.”

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La carovana di Overland, alla quale Pirozzi si è unito con l’unica moto presente.


Chiaramente, la risposta affermativa di Pirozzi è stata istantanea, pur con la limitazione imposta sul tragitto. La cosa che lo lasciava incredulo di fronte all’idea di partecipare a quell’impresa era il fatto che c’era chi fosse disposto a dargli una moto e a pagargli la benzina per farlo viaggiare: era la realizzazione di un sogno, il sogno al quale aveva intitolato il suo Club.


Paolo ritrova dunque Jessica, la Multistrada 620 con cui aveva fatto il Tour d’Italia, che per l’occasione viene colorata di arancio per uniformarsi alla carovana di Overland.


“Qualcuno mi ha chiesto perché, anziché scegliere una 620, non mi sono fatto dare una Multistrada 1100 per affrontare un viaggio così impegnativo. La risposta è semplice: sarebbe stato come tradire la moto con la quale avevo già instaurato un rapporto di complicità, visto che mi aveva portato in giro per l’Italia senza battere ciglio. La sentivo mia: quando l’ho ritirata il contachilometri segnava zero, mentre al termine del mio viaggio era a quota 33.000 Km!”

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Pirozzi mentre attraversa la Germania, davanti alla porta di Brandeburgo a Berlino.


Già, perché dietro le insistenze di Paolo, Overland e Ducati gli consentono di proseguire il viaggio fino a Pechino, non prima, però, di aver messo in chiaro che, qualora le difficoltà del percorso si fossero rivelate troppo grandi, Pirozzi avrebbe dovuto caricare la moto su un camion della spedizione, proseguendo a bordo di esso.
“Ho accettato di sottostare a questa condizione anche se, poi, naturalmente ho fatto di tutto per arrivare a destinazione muovendomi sempre in sella a Jessica. L’unica volta che sono stato costretto a metterla sul camion è stato quando ho attraversato la Russia, ma non perché non ce la facessi a proseguire guidando in prima persona, bensì perché volevano rubare la moto!”


Ad ogni modo, per stessa ammissione di Pirozzi, la cilindrata della sua Multistrada non ha creato problemi durante il viaggio, visto che la carovana di Overland si muoveva a medie piuttosto contenute.

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Fermata a Riga, capitale della Lettonia.

“Di solito io andavo avanti da solo e aspettavo gli altri a fine tappa, o presso i punti di sosta prestabiliti. L’unico momento in cui ho dovuto ricorrere alle prestazioni del motore è stato in Mongolia, quando abbiamo attraversato il Deserto del Gobi. Lì sono stato costretto a spingere forte, oltre i 130 Km/h, perché altrimenti la ruota anteriore si insabbiava e rischiavo di cadere. Naturalmente, non avevo nessuna esperienza di guida in queste condizioni, perciò ho dovuto scoprire da solo alcuni trucchi del mestiere.”


Tra l’altro, la Multistrada che ha avuto a disposizione Pirozzi durante questa spedizione era completamente di serie. Se si escludono, infatti, la presenza delle borse laterali e la diversa colorazione, la moto che ha guidato per arrivare fino a Pechino è identica a quella che un qualsiasi cliente può acquistare in una concessionaria, pneumatici compresi.


“La moto era perfettamente originale. Naturalmente, prima di partire è stata revisionata e un ulteriore tagliando l’ho effettuato mentre mi trovavo a Mosca, presso il Ducati Store della capitale russa. Lì ho trovato persone veramente gentili, che mi hanno ospitato come un amico e che mi hanno anche tirato fuori da un bel guaio quando mi hanno rubato le chiavi della moto!”

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Pirozzi in compagnia di alcuni bambini russi.


In Russia, infatti, Paolo ha avuto qualche problema: oltre che da alcuni episodi legati alla criminalità del posto, Pirozzi è rimasto scioccato dallo stile di vita dei russi che vivono a Mosca e a San Pietroburgo: “A San Pietroburgo la maggior parte delle persone è già ubriaca alle dieci di mattina e non ci pensa due volte prima di puntarti addosso un coltello o, peggio ancora, una pistola…”

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Il tagliando effettuato presso la sede del Ducati Store di Mosca.

Tornando alla moto, Paolo spiega che, come appassionato, la Multistrada 620 non lo aveva colpito in modo particolare. Poi, però, man mano che ha cominciato a conoscerla, si è reso conto che a livello di guida si tratta di un mezzo eccezionale.
“Con questa moto puoi fare praticamente tutto e puoi farlo bene. Il mio viaggio lo dimostra: sono stato sul Passo del Gran San Bernardo dove ho consumato le pedane dalle pieghe che ho fatto, ho attraversato il Deserto del Gobi, ho viaggiato su strade sterrate in Siberia e sulle terribili statali dell’Est europeo. Jessica mi ha supportato in ogni momento, dimostrandosi adatta a lunghe percorrenze in termini di comfort, affidabilità e autonomia. Con un pieno di carburante, infatti, si percorrono circa 250 Km, dunque è stato possibile affrontare tappe di 750 Km al giorno facendo due soli rifornimenti.”


Da un certo punto di vista, il viaggio di Paolo si può dividere in due parti: il tratto europeo, fatto di città più o meno famose, e quello che lo ha portato, una volta usciti dai confini dell’UE, fino a Pechino.
Infatti, non appena ha varcato la dogana che separa la Siberia dalla Mongolia ha iniziato a emozionarsi sul serio.

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Al suo arrivo in Mongolia, Paolo Pirozzi è stato accolto con tutti gli onori, visto che è stato il primo ad attraversare questo paese con una Ducati di serie.


Da lì, per Pirozzi, è iniziata la vera sfida con se stesso: “Man mano che ci avvicinavamo alla Mongolia sentivo parlare sempre più spesso del famoso Deserto del Gobi, lungo ben 2400 Km. Tutti si preoccupavano perché, con noi, c’erano automobili come la nuova Fiat 500 o l’Itala, la macchina che ha compiuto 100 anni durante il viaggio, che probabilmente non ce l’avrebbero fatta a superare quel tratto senza essere caricate sui camion. Dunque, è facile immaginare quale fosse il mio stato d’animo!”


Dopo essere stato un mese in Russia, dunque, Paolo arriva in Mongolia: l’accoglienza è subito molto calorosa, visto che il napoletano è il primo motociclista ad attraversare questo paese in sella a una Ducati di serie.
“Dopo essere stato fermo dodici ore alla frontiera che separa la Siberia dalla Mongolia, sono finalmente riuscito a entrare. E’ incredibile come il paesaggio cambi radicalmente in pochi chilometri. In pratica, la Mongolia è una grande vallata immersa nella natura. La gente sorride, è gentile, educata e ospitale, tant’è che appena ho varcato il confine mi hanno messo una bandiera della Mongolia sulle spalle e mi hanno offerto del latte appena munto in un vassoio d’argento, in segno di benvenuto.”


Dopo tre giorni di viaggio su asfalto, dunque, Paolo arriva a Ulaanbaatar, la capitale. Da lì in poi, lo attendono i famosi 2400 Km di deserto.
“Il primo giorno che ho affrontato il Deserto del Gobi è stato un calvario. Per dodici ore consecutive ho avuto la continua sensazione di cadere, tant’è che la notte non sono riuscito neppure a dormire! Nella mia testa mi ripetevo che ci doveva pur essere una soluzione per arrivare con Jessica fino a Pechino senza caricarla sul camion. Del resto, proseguire in quelle condizioni era impossibile. Così, mi è venuta l’idea di sgonfiare le gomme, portandole da 2,2 Bar a 0,9 Bar. Il giorno dopo mi è tornato il sorriso!”

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Un passaggio critico nel Deserto del Gobi, la parte più dura di tutto il viaggio.


Durante queste tappe, Paolo, contrario per principio al navigatore satellitare, viaggia quasi sempre da solo, visto che deve mantenere medie nettamente superiori rispetto al resto della carovana su quattro ruote, in modo da non insabbiarsi con la sua Multistrada. Tuttavia, un giorno, o meglio una notte, mentre sta guidando ormai da 30 ore consecutive, la sabbia sotto le sue ruote si trasforma improvvisamente in fango per via di un violento quanto improvviso temporale.


Morale della favola: Paolo e Jessica finiscono per impantanarsi dopo pochi chilometri: si trova dunque in mezzo al deserto, di notte, con una temperatura vicina allo zero (in Mongolia c’è una forte escursione termica tra il giorno e la notte) e completamente bagnato dalla pioggia.


Non può e non vuole abbandonare la moto per cercare riparo altrove, dunque aspetta: dopo circa due ore, sente dei rumori in lontananza: è la carovana di Overland, finalmente! Parte un urlo di gioia per lo scampato pericolo e, in poco tempo, lui e la sua moto vengono tirati fuori da quella sorta di sabbie mobili. Ad ogni modo, l’obiettivo è stato raggiunto, lo scoglio è stato superato: Paolo è riuscito ad attraversare il Deserto del Gobi senza mai essere costretto a caricare la moto sul camion!


L’ultima parte di deserto, infatti, è di tipo roccioso e non presenta le stesse insidie del primo tratto.
L’unico accorgimento che Pirozzi adotta in questo tratto è l’eliminazione delle borse laterali e del parafango anteriore, in modo da rendere la moto più leggera e fare in modo che la sabbia e il fango non si accumulino sotto il parafango stesso andando a bloccare la ruota anteriore.


Tornato nuovamente sulle strade asfaltate, dopo nove giorni di deserto, la felicità di Paolo è talmente grande che, per qualche chilometro, non si ricorda che sta andando con le gomme praticamente sgonfie.
Da lì fino a Pechino, il tratto è relativamente breve e, in tre giorni, Pirozzi arriva, accolto da lacrime e applausi, nella capitale cinese. Così facendo, stabilisce un duplice primato: è riuscito a portare a termine il viaggio e, al tempo stesso, ha raggiunto quota 250.000 Km percorsi esclusivamente in sella a moto marchiate Ducati.
Al ritorno, Paolo voleva rientrare in Italia con la sua Multistrada, percorrendo la strada a ritroso, ma nonostante fosse disposto a firmare qualsiasi tipo di liberatoria, l’hanno caldamente invitato a caricare Jessica su una nave e a tornare, insieme a tutti gli altri componenti dell’equipaggio, con l’aereo.


Appena rientrato a Napoli, però, nonostante la febbre alta per lo stress e la fatica accumulati durante il viaggio, Paolo è voluto correre subito a Bologna, per portare a Borgo Panigale un attestato, scritto in italiano, inglese e mongolo antico, recante la firma del presidente della Mongolia, che testimonia il fatto di essere stato il primo a superare il Deserto del Gobi in sella a una Ducati di serie.

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L’arrivo a Pechino, dopo tre mesi in sella alla Multistrada 620, ribattezzata Jessica.


E’ questo, dunque, più ancora dell’arrivo a Pechino, il traguardo del quale Paolo va particolarmente orgoglioso: “L’esperienza in Mongolia mi ha emozionato. Ho vissuto per nove giorni in condizioni estreme, sempre coperto di fango e sabbia, dormendo poche ore per notte. Alcuni membri della carovana, vedendomi guidare in quel modo, mi hanno chiesto se avevo già avuto esperienze simili in precedenza. Scherzando, ho risposto loro che a Napoli le strade sono brutte, ma non fino a questo punto! Sentendo queste parole, i ragazzi mi hanno fatto uno dei complimenti più belli che ho ricevuto in vita mia. Mi hanno detto: bravo Paolo, così ci stai emozionando!”


Dopo le foto di rito sulla Muraglia Cinese e nei posti più caratteristici della Città Proibita, Paolo se n’è dunque tornato nella sua Napoli, a raccogliere l’abbraccio del suo Club, che per ben tre mesi ha lasciato nelle mani del vicepresidente.
L’avventura di Pirozzi però continua: a giugno 2008, infatti, ha già in previsione un altro viaggio importante.
Stavolta, naturalmente, punta al giro del mondo!

Foto Overland e Pirozzi

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