Bimota Tesi 3D, a pieni voti…

Bimota Tesi 3D, a pieni voti…

Parliamo della terza generazione della Bimota Tesi 3D che presenta soluzioni inedite, tra cui i forcelloni in tubi e un innovativo ammortizzatore anteriore.

Il progetto Tesi arriva alla sua terza generazione non senza numerose soluzioni inedite, tra cui i forcelloni in tubi e un innovativo ammortizzatore anteriore.

Andrea Acquaviva lavora in Bimota dal 1990. Se si esclude una piccola parentesi, durante la quale si è occupato prima dei telai Ducati da corsa attraverso la Verlicchi e poi della ciclistica delle Benelli di produzione, ha sempre lavorato per il marchio riminese.

Lo incontriamo nella hall dell’azienda, di fronte a quello che è senza dubbio uno dei modelli più rappresentativi dell’intera produzione Bimota: la Tesi 1D. Ci intratteniamo piacevolmente nell’osservare le caratteristiche innovative di un prodotto che, all’epoca, fece letteralmente scalpore e che oggi mantiene inalterato tutto il suo fascino.

Andrea Acquaviva Bimota
Andrea Acquaviva responsabile del progetto Tesi 3D, durante un momento dell’intervista.

Acquaviva è, infatti, il responsabile del progetto Tesi 3D, il modello che, pur con presupposti diversi dalla sua progenitrice, porta avanti lo stesso concetto di base.

Presentata in anteprima all’ultimo Salone di Milano, la 3D è nata sotto forma di semplice studio, o concept bike, ma grazie alla flessibilità che caratterizza il reparto di ricerca e sviluppo Bimota ha già raggiunto lo stato prototipale. All’interno della fabbrica esiste infatti una moto laboratorio, con tanto di sistema di acquisizione dati, sulla quale vengono fatti tutti i controlli del caso. Parallelamente, poi, alcuni componenti della ciclistica, come le omega del telaio, il mozzo della ruota davanti e la sospensione anteriore, sono sottoposti a dei cicli di fatica per verificarne l’affidabilità meccanica.

Bimota Tesi 3D
Dopo la presentazione di una maquette al Salone di Milano 2006, adesso Bimota è quasi pronta con la Tesi 3D.

Siamo dunque a uno stadio decisamente avanzato rispetto alla maquette vista all’Eicma…

E dire che di soluzioni inedite e, conseguentemente, da collaudare, sulla Tesi 3D, ce ne sono molte, prima fra tutte la sospensione anteriore che si estende, anziché comprimersi come le unità tradizionali, quando la moto si carica sull’avantreno.

Cerchiamo di capire insieme il perché di una simile scelta: “Questa moto nasce con l’idea di riportare in casa nostra il progetto Tesi, visto che negli ultimi anni questo è stato sviluppato esternamente, peraltro in modo egregio, da Ascanio Rodorigo con il marchio Vyrus. La Tesi, tuttavia, è nata in Bimota e ci sembra giusto che continui a rappresentare questa fabbrica come uno dei modelli di punta.

A tal proposito, è doveroso un piccolo passo indietro. Il progetto Tesi nasce negli anni Ottanta per mano dell’Ingegner Marconi, che basa la sua tesi di laurea proprio sullo studio ciclistico di un “motociclo non convenzionale”.

Il primissimo esemplare (tuttora esposto in un museo di Rimini) è equipaggiato con il quattro cilindri in linea di una Honda CB Four di 400 cc. Successivamente, viene allestito un secondo prototipo con il propulsore della Honda VFR 750 e due moto da corsa motorizzate Yamaha, con le quali Giancarlo Falappa effettua dei test a Misano, facendo registrare tempi di rilievo.

Poi, però, si intuisce che con quella particolare ciclistica, per motivi legati agli ingombri laterali, niente si sarebbe sposato meglio del bicilindrico a L della Ducati. All’inizio viene installato il desmodue della serie Paso (come testimonia una foto affissa nell’ingresso della fabbrica); ma proprio in quegli anni la Casa di Borgo Panigale sta mettendo a punto il suo rivoluzionario e potentissimo motore a quattro valvole e dunque la scelta definitiva cade su quest’ultimo.

All’epoca – prosegue Acquaviva – l’unico bicilindrico che andava bene per i nostri scopi era quello prodotto da Ducati. Il fatto che questo propulsore vincesse già in Superbike, poi, incise molto sulla decisione della dirigenza, fortemente intenzionata a rilanciare il marchio Bimota nelle corse.

La Tesi da SBK era addirittura superiore a Ducati

A tal proposito, forse non tutti sanno che, per quanto riguarda le prestazioni pure, la Tesi da SBK era addirittura superiore a Ducati in virtù degli interventi operati sul propulsore dal reparto corse Bimota. Il fatto, però, è che mancava una messa a punto di base che permettesse di sfruttare questo grosso potenziale.

Bimota Tesi 3D, motore Ducati
Il ponte di comando si distingue per la presenza di numerosi elementi in alluminio ricavato dal pieno.

Poi, purtroppo, il progetto fu stoppato e la moto di serie uscì di produzione, lasciando l’amaro in bocca a quelli (e non erano pochi) che avevano creduto in quel concetto rivoluzionario.

Oggi, ad oltre dieci anni di distanza, la Tesi 3D ha in mano la possibilità del riscatto: “Dopo aver visto gli ottimi risultati ottenuti da Ascanio con la Vyrus, prima a due e poi a quattro valvole, abbiamo deciso di tornare con una nostra moto – spiega Acquaviva – Chiaramente, chiamandosi Tesi, il concetto di base è molto simile. Il mozzo ruota anteriore è, ad esempio, praticamente identico. Sono stati però rivisti i giochi e i vari accoppiamenti, in modo da mantenere nel tempo un’affidabilità che la tecnologia dei primi anni Novanta non permetteva. All’epoca non fu facile reperire i cuscinetti per un mozzo ruota così grande e quelli che alla fine furono montati (derivati da componenti normalmente impiegati su macchine utensili, ndr) non erano dotati di schermatura, per cui necessitavano di interventi di manutenzione piuttosto frequenti. Oggi, invece, la tecnologia ha fatto dei bei passi in avanti, per cui siamo riusciti a installare dei cuscinetti a tenuta stagna che garantiscono un’affidabilità nettamente superiore. Lo stesso vale per i braccetti che governano il sistema di sterzata. Gli uniball disponibili all’epoca in cui il progetto Tesi prese forma prevedevano una tolleranza di 3 centesimi di millimetro. Di per sé questo valore non sarebbe male, ma se consideriamo che tra la ruota e i manubri ve ne sono 5 di questi uniball, si capisce come l’effetto non sia trascurabile. Adesso, in commercio sono reperibili uniball con una tolleranza di 1 centesimo di millimetro, cosa che ha migliorato notevolmente la situazione.

Mentre Acquaviva parla, giù nella sala prototipi c’è un macchinario che imprime delle sollecitazioni cicliche al mozzo ruota in questione. Si tratta di una verifica di affidabilità che, a suo tempo, non fu fatta e che serve ad avere ulteriori garanzie e informazioni inerenti la coppia di serraggio dei vari organi sottoposti a stress.

Anche il nuovo avantreno sta sopportando dei cicli di fatica analoghi. In pratica, una volta sostituito l’elemento ammortizzante con un tubo di acciaio, tramite un sistema pneumatico viene applicata una forza di circa 200 Kg direttamente sul perno ruota, spostandolo di circa 2 cm e deformando perciò la struttura.

Questa forza viene applicata con una frequenza di 0,5 Hz (vale a dire un impulso ogni 2 secondi) e viene ripetuta per un totale di 5000 volte, dopo di che vengono ricontrollate le tolleranze di tutti gli elementi in gioco, in modo da poter valutare eventuali anomalie.

A differenza della Tesi 1D, che prevedeva due forcelloni in alluminio a sezione rettangolare, la 3D conta infatti su delle unità realizzate in traliccio di tubi d’acciaio, con la posteriore completata da una coppia di piastre in alluminio ricavato dal pieno, eredità della DB5.

Come dicevamo all’inizio, poi, la 3D impiega un cinematismo della sospensione anteriore completamente diverso rispetto alle precedenti versioni della famiglia Tesi.

frame Bimota Tesi 3D
Il particolarissimo schema della sospensione anteriore.

Quest’ultimo funziona infatti per trazione, anziché per compressione, e utilizza un elemento ammortizzante di tipo pneumatico, privo di molla, prodotto dalla Extremetech, che poi è lo stesso fornitore dell’ammortizzatore posteriore, di tipo tradizionale.

vista frontale Bimota Tesi 3d
La sezione frontale della moto è davvero contenuta.

La parte idraulica di questa particolare unità – spiega Acquaviva – è più simile a un ammortizzatore di sterzo che non a un normale ammortizzatore. Il sistema è di concezione automobilistica, mentre la parte pneumatica consiste semplicemente in un pistone che si muove all’interno di una camera d’aria. I principali vantaggi offerti da questa soluzione sono, innanzitutto, la maggior leggerezza rispetto a un ammortizzatore tradizionale e poi l’azione fortemente progressiva. In pratica, la sospensione risulterà piuttosto morbida nella prima parte della sua corsa e poi sempre più dura con l’aumentare dell’escursione, in modo da garantire il giusto comfort nella fase di galleggiamento, quando si viaggia a velocità costante sulle piccole asperità, e la dovuta tenacia nell’assorbimento delle buche più grosse. Non ho parlato di trasferimento di carico visto che, anche in questo caso, così come su tutte le altre Tesi, la moto non affonda in frenata, o meglio, non come le moto tradizionali. La 3D garantisce, infatti, una prima parte di corsa, circa un 20% del totale, utile alla stabilizzazione dell’assetto durante la fase di rallentamento.

Rispetto alle versioni precedenti, sull’ultima Tesi le omega del telaio sono completamente inedite.

Inoltre, tutto il sistema di sterzata è stato rivisto. Prima, infatti, lo schema originale aveva un traverso che passava dentro il telaio, invertendo così la rotazione del manubrio. Adesso, tutto il sistema è a cascata, sul lato sinistro, e il moto è invertito attraverso una bielletta.

Tutto ciò è stato naturalmente fatto per contenere gli ingombri laterali e, in effetti, la moto risulta più stretta di 30 mm rispetto alle sue progenitrici.

Anche la scelta di alloggiare la sospensione anteriore nella parte bassa del veicolo è in realtà tesa a liberare spazio sui lati della moto, dal momento che prima il pilota andava a interferire con il ginocchio sull’ammortizzatore stesso.

bimota
La struttura ciclistica della tesi 3D è la stessa delle versioni precedenti, ma le quote geometriche sono diverse.

Un altro degli aggiornamenti introdotti sulla 3D consiste in un considerevole aumento dell’angolo di sterzata, passato dai 17° ai 23°, consentendo dunque una guida più confortevole anche in città.

La Tesi di Acquaviva è anche la prima a montare le pinze ad attacco radiale per l’impianto frenante anteriore.

Avevo sentito dire – spiega Acquaviva – che, con un mozzo ruota così grosso, le pinze ad attacco radiale e i relativi supporti avrebbero potuto creare problemi di spazio, invece abbiamo dimensionato tutto senza incontrare difficoltà. Anzi, a livello concettuale credo che se c’è una moto alla quale si addice questo impianto frenante quella è proprio la Tesi.

In base alle caratteristiche del prototipo attuale, la moto definitiva dovrebbe pesare più o meno 170 Kg a secco che, rapportati agli 85 Cv di potenza massima del desmodue Ducati, lasciano presupporre una guida davvero entusiasmante.

Bimota Tesi 3D forcellone anteriore in tubi d'acciaio
La Tesi 3D è caratterizzata dalla presenza di un forcellone anteriore in tubi d’acciaio.
A differenza delle precedenti versioni, questa struttura garantisce un angolo di sterzata decente. La 3D è anche la primo moto di serie senza forcella tradizionale ea impiegare le pinze dei freni ad attacco radiale.

In realtà – prosegue Acquaviva – la potenza a nostra disposizione in questo momento è piuttosto limitata. Il nostro obiettivo è quello di passare, o meglio tornare, al bicilindrico Ducati a quattro valvole, per poter competere, sia sul mercato che nelle competizione, con le vere supersportive. A livello di ingombri sono già state fatte delle prove e la ciclistica della Tesi 3D è perfettamente in grado di ospitare il Testastretta senza modifiche strutturali, anche se è chiaro che alcuni dettagli, come ad esempio la sospensione posteriore, che in questo momento è di tipo Cantilever, anziché provvista di leveraggi, andrebbero rivisti. Naturalmente è ancora presto per parlarne, visto che il marchio intende spingere sul progetto Tesi 3D per i prossimi due anni, dopo di che, se i risultati saranno incoraggianti, si potrà procedere con la versione a quattro valvole.

Tornando al prototipo della 3D, fino ad ora sono stati percorsi circa 10.000 Km di collaudi, durante i quali non è emerso nessun problema particolare.

Al momento, si sta lavorando sulle sospensioni per individuare un assetto che coniughi al meglio comfort e maneggevolezza.

Bimota Tesi 3D terza generazione
La vista di tre quarti posteriore mette in evidenza una certa parentela della Tesi 3D con la Delirio.

Il particolare tipo di sospensione anteriore, infatti, è ancora tutta da sviluppare, visto che, al variare della quantità d’aria contenuta nell’ammortizzatore, il comportamento dell’avantreno cambia radicalmente.

L’esperienza che stiamo maturando con questo tipo di sospensione è senz’altro molto positiva, tanto che stavamo pensando di utilizzare la stessa soluzione anche sul posteriore, sia sulla Tesi che sulle moto, tra virgolette, tradizionali. Il motivo di questa scelta è legato, oltre all’efficacia intrinseca del prodotto, anche agli investimenti fatti. A riprova della bontà di tale sistema, comunque, dai nostri collaudi è emerso che in frenata la moto è così stabile da rendere quasi obbligatorio l’utilizzo della frizione antisaltellamento. In pratica, la ciclistica ha un limite superiore a quello delle moto tradizionali, pertanto la frenata può essere esasperata a tal punto da mettere in crisi il motore, con conseguenti ripercussioni sulla ruota posteriore.

Se tutto va bene, a maggio (2007) la Tesi 3D dovrebbe entrare in produzione e, poche settimane più tardi, raggiungere le concessionarie. Si tratta di un ritorno importante, che palesa da parte di Bimota la volontà di tornare a essere un marchio sinonimo di prestigio tecnico ed eccellenza stilistica. La strada è senz’altro quella giusta, basta continuare in questa direzione…

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